giovedì 28 gennaio 2010

Il vincitore.



“Adesso mi hai stufato”, le dice l’uomo con voce decisa sollevandosi dalla posizione che aveva assunto per effettuare quel difficile rinquarto al biliardo. Di fatto la sua palla ha assunto troppo effetto, va a colpire di lato ed il suo tiro risulta sbagliato anche se non disastroso.
La ragazza inizia a piangere, ma con dignità, a piccoli singhiozzi, ed esce dalla porta a vetri andando a sedersi ad un tavolo tondo del caffè, nell’altro ambiente del locale. L’uomo non la guarda neanche, e mentre cerca di capire cosa c’era di sbagliato nel suo tiro, dice ad alta voce, ma come tra sé: “Ho detto un sacco di volte che non deve venire qui a scocciarmi”.
Gli altri tre giocatori e le altre quattro o cinque persone presenti non dicono niente, anche se gettano tra loro delle occhiate più che esaurienti sui loro pensieri, mentre, come se niente fosse successo, la partita prosegue regolare.
La ragazza rimane di là, con le spalle alla sala da biliardo, si fa servire un cappuccino e intanto, distrattamente, sfoglia un giornale. La porta a vetri è piena di impronte di mani, e qualcuno intorno al biliardo si è acceso la sua sigaretta, lasciando che il fumo grigio e svogliato si alzi da dentro a quelle luci basse e vada a perdersi su in alto, dentro le ventole di un aspiratore che produce nell’aria pesa un ronzio leggero.
L’uomo studia meglio i tiri successivi e va a segno con diversi punti. Una leggera smorfia si disegna sul suo viso, il suo gioco sembra disteso e fluido, i birilli e il pallino cedono sotto ai tiri calibrati, e infine vince, come già era successo nelle due partite precedenti. Intasca i soldi che aveva pattuito, ripone la sua stecca, saluta tutti con appena due parole ed esce dalla porta a vetri.
Gli altri lo osservano mentre si allontana, quando passa accanto alla ragazza: le fa una carezza dolcissima sul viso, le sorride quanto basta, e infine l’abbraccia mentre escono insieme dal caffè. 


Bruno Magnolfi

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