giovedì 14 gennaio 2010

Solo così.

        

            L’uomo stava seduto nel buio del cinema in una delle ultime file, da solo, cercando di svagare la mente con le immagini che scorrevano autonomamente sopra lo schermo. Prima di entrare aveva comprato una bustina di semi di zucca, si era tolto il cappello e si era immerso in quel paio d’ore senza pensieri. Invece quel film noioso pareva andarsene avanti per proprio conto, e tutti i suoi pensieri rifluivano come sempre dentro la testa. Le sue riflessioni erano legate come al solito alla sua perenne incapacità di stare con gli altri, di avere dei rapporti sociali, di avere un amico, di legarsi a una donna: una solitudine spesso cercata e tante volte subita, un equilibrio assolutamente instabile da cui era difficile uscire.
Infine si alzò, era inutile rimanere ancora là dentro, scivolò lentamente fuori dalla fila di sedie e raggiunse una delle grandi tende purpuree in fondo alla sala. Un leggero rumore attrasse la sua involontaria attenzione; con la pochissima luce che c’era volse lo sguardo verso l’angolo da cui arrivava quella specie di singhiozzo, e vide il profilo di una persona, una donna, appoggiata alla parete di fondo mentre stava piangendo. Normalmente non si sarebbe mai interessato dei fatti degli altri, ma per uno strana combinazione di cose gli venne spontaneo di avvicinarsi a quella persona per non dover alzare la voce, e in sottotono disse soltanto: “Posso fare qualcosa?”. La donna si volse, e lui intravide il suo viso soltanto un momento; lei infine rispose: “si, per favore, mi porti via da qua dentro”.
L’uomo le mise delicatamente una mano sotto ad un braccio, attese che lei con uno dei suoi fazzoletti si asciugasse le ultime lacrime, infine scostò la tenda pesante, e assieme a lei attraversò il corridoio e la saletta deserta della biglietteria, raggiungendo l’uscita dal cinema. “Mi scusi”, disse lei appena furono fuori nell’aria nebbiosa della serata, “ma a volte ci sono momenti in cui è impossibile resistere a una delusione profonda”. “Si, credo di capirla”, disse lui. “Non c’è cosa peggiore che sentirsi improvvisamente da soli, è una sensazione che non ho mai provato, prima di oggi…”. Lui annuiva, quegli argomenti erano i suoi, addirittura alcune cose gli parevano persino scontate. “Vede”, disse lei, “il senso di vuoto che ho provato in quel cinema non mi era mai accaduto, ma è un sentimento terribile, come essere coscienti di colpo che il mondo ti è ostile, che tutti hanno altri problemi, che i tuoi malesseri sono solo tuoi, puoi piangerne fino alla nausea nel buio di un cinema…; per fortuna non è del tutto così, non so come esserle grata del suo aiuto…”.
Così passeggiarono lungo il viale parlando ancora di quell’argomento. Infine, raggiunta la fermata dell’autobus lei disse che tutto adesso era a posto, non aveva più bisogno di niente, le bastava tornarsene a casa. Arrivò un mezzo pubblico, lei vi salì sopra con un grande sorriso che era un ringraziamento e un saluto, e l’uomo rimase da solo, lungo quel marciapiede. Per qualche momento restò ancora lì fermo a guardare le luci posteriori dell’autobus che si allontanava, si accese con calma una delle sue sigarette, attese ancora un momento, come a respirare il senso delle cose che la donna aveva detto. Poi se ne andò, chiuso di nuovo nei suoi pensieri ordinari, cosciente che solo con uno sforzo di volontà sarebbero cambiate le cose per lui.

            Bruno Magnolfi


             

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