Non ha nessuna importanza, in fondo, questa senso di
incompletezza, di smarrimento, questo sentire di non essere utile a nessuno,
pensava Fabio mentre girava a vuoto lungo le strade del suo quartiere. Era
uscito di casa solo per prendere aria, per perdersi in mezzo alle tante persone
che c’erano in giro solitamente a quell’ora, vagare tra i negozi già illuminati,
osservare il traffico caotico della serata, ma l’angoscia sottile che provava all’inizio
non si era attenuata, e la sua solitudine gli pareva sempre più una vera condanna.
Devo smetterla di pensare in modo così negativo, pensava, in fondo ci vuole ben
poco ad uscire da un momento difficile, è questione di volontà, solo di questo.
Poi si era fermato davanti ad un negozio, attratto da qualcosa che non sapeva
neppure lui cosa fosse, ed era rimasto lì a guardare gli oggetti esposti per
qualche minuto.
Un uomo gli si era accostato, aveva osservato a sua volta
la vetrina di quel negozio, poi, senza neppure voltarsi verso Fabio, quasi come
conoscesse i suoi affanni, con voce pacata aveva detto: certe volte diventa
difficile persino pensare a se stessi. Non c’è niente, mi dico, oltre questa
percezione amara delle cose; niente che possa davvero cambiarci. Forse ci vuole
soltanto coraggio, e imboccare una strada diversa quando riusciamo a scorgerne
una. Poi si volse verso di lui, lo guardò soltanto per un attimo, senza alcuna
espressione, e infine riprese a camminare lungo la strada, come se non ci fosse
da aggiungere altro. Intorno la gente proseguiva con i medesimi comportamenti
di sempre, e le auto ogni tanto suonavano il clacson per schivare i passanti
che attraversavano la strada.
Dopo un attimo di smarrimento, Fabio si mosse, cercò di
raggiungerlo, ma si rese subito conto che era come sparito in mezzo alla calca.
Adesso non era neppure tanto sicuro di ricordarsi la faccia dell’uomo, forse ordinaria,
senz’altro inespressiva, una faccia qualsiasi: probabilmente neppure se lo
avesse incontrato di nuovo avrebbe saputo riconoscerlo, così rimase ancora per
un attimo fermo a pensare, mentre la gente sul marciapiede continuava a
passargli vicino, poi proseguì lentamente con la sua camminata. Che cosa
significava, pensava Fabio ripensando a quelle parole, avere coraggio? Coraggio
per cosa, per avere dei comportamenti diversi da ciò che dettava la sua indole?
O affrontare ogni piccola difficoltà con determinazione, come niente avesse
importanza se non quello che ci si era prefissati di fare? No, non era da lui un
comportamento del genere, coraggio era soltanto una bella parola, dietro non
c’era quasi niente, pensava.
Poi prese per una strada secondaria, proseguì a
passeggiare ancora mezz’ora con la testa sempre più vuota, infine salì sopra un
autobus che lo riportava verso il piccolo appartamento dove abitava. Quando
scese dal mezzo pubblico ritrovandosi lungo la via principale del suo
quartiere, sentì dentro di sé il piccolo morso di angoscia che spesso provava,
così si fermò per accendersi una sigaretta, anche se aveva quasi perso quel
vizio. Pensò di nuovo al coraggio, quella parola magica che pareva l’unica
chiave per aprire le porte serrate, e gli venne da ridere: prese una boccata di
fumo, si avvicinò al portone di ingresso del palazzo dove abitava e lanciò un
grido con quanto fiato aveva nella gola. Qualcuno si affacciò alla finestra, lo
osservarono in diversi nella poca luce di quei lampioni, e lui seppe di star
bene, che forse ci voleva ben poco, meno di quanto pensasse, per riuscire a
superare le sue piccole perplessità.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento