La luce tagliente rischiara
l’espressione di una ragazza acconciata e abbigliata come una prostituta, con
la faccia sorridente e sicura di sé, il rossetto vistoso sopra la bocca, gli
occhi appesantiti dal trucco. Resta seduta su una poltroncina, le sue gambe, accavallate
sapientemente, emergono dalla gonna forse un po’ troppo corta, e le mani e le
braccia, come anche le spalle, sembrano in posa, come se tutti dovessero
forzatamente guardarla. Un uomo entra lentamente nella scena leggendo qualcosa,
si accorge della ragazza ma non le concede più di un’occhiata, si ferma accanto
ad un tavolo e legge ad alta voce alcune parole apparentemente poco adeguate:
Siamo esseri goffi, dice; cerchiamo di
brillare all’interno di una cornice falsa e ammiccante. Eppure niente ci fa
sentire migliori di altri se non il nostro essere arguti, furbi, capaci di
trucchetti sagaci.
La ragazza si guarda le unghie smaltate,
l’uomo appoggia i suoi fogli sul piano del tavolo e si siede, non c’è niente
sopra quel palco che conceda un motivo di ottimismo, nulla che crei un vero
collegamento tra quelle parole e l’immagine che si offre. La ragazza allora si
alza, si guarda attorno con plastici movimenti studiati, va verso il tavolo,
prende quei fogli appoggiati e con una intonazione profonda e concentrata prosegue
quella lettura:
Ci sono momenti in cui tutto sembra in
relazione con quanto si ha voglia di vedere, immaginare, sentire; eppure la
verità è sempre lì, a portata di mano, anche se noi facciamo di tutto per
neutralizzarla.
L’uomo osserva la ragazza con maggiore
interesse: forse un collegamento è sempre possibile scoprirlo in mezzo alle
cose, pensa, così attende che lei si senta guardata, per poter rendersi
evidente ai suoi occhi. La ragazza aspira l’aria e guarda attorno a sé con un’espressione
dubbiosa, come se qualche cosa si potesse incrinare all’interno delle sue
certezze. Poi torna ad appoggiare quei fogli davanti agli occhi dell’uomo. Lui
abbassa lo sguardo, riprende la frase dal punto, dice:
Niente sta qui senza che sia voluto;
inutile dare ad altri la responsabilità delle cose, siamo colpevoli, nessuno ha
voluto davvero che si dovesse accettare questo degrado.
I due adesso sono in piedi, si
osservano, forse sarebbe meglio dire si studiano. La ragazza pare abbia accantonato
i modi ricercati, e il suo sguardo è meno sicuro di sé. L’uomo forse ha
vergogna nel mostrare di essere attratto da lei, eppure non la perde di vista,
pur proseguendo nel cercare di ignorarla. Si muovono lentamente, sembrano
attratti l’uno dall’altra, ma in qualche maniera ognuno di loro conserva la
propria individualità. Assieme tornano al tavolo, prendono in mano quei fogli
guardandosi per un momento a fondo negli occhi, poi leggono, seppure in
silenzio:
Non siamo diversi, ci assomigliamo, ma
solo aiutandoci potremo diventare migliori, e solo migliorando potremo pensare
un giorno di avere vissuto davvero, oltre questo incubo individualistico.
Bruno Magnolfi
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