Nessuno di noi può tacere su ciò che sta accadendo,
diceva l’uno. Certo, tacere avrebbe significato soltanto avvallare ciò che
succedeva, e di questo, nei fatti, nessuno di loro, e neppure qualsiasi altra
mente aperta, poteva condividerne la triste realtà sotto gli occhi di tutti.
Eppure c’era chi si limitava ad annuire, e rimaneva lì, fuori dall’alveo della
discussione, preso solamente dalle proprie piccole convinzioni che non arrivavano
neppure ad abbracciare gli argomenti che oggi erano davanti a chiunque.
Il problema di sostanza, diceva qualcun altro, è
l’indifferenza nella quale viene coltivato tutto il processo in atto in questi
ultimi tempi, ed è del tutto inutile appellarsi alla necessità del suo esatto
contrario: ci vogliono i motivi, e se questi non riescono a smuovere l’assopita
coscienza di chi sta solo a guardare, tutto è inutile, non cambierà un bel
niente di questa situazione.
Lentamente Fausto era entrato nella sala, aveva percorso
lo stretto corridoio lungo il muro di fondo, e infine si era seduto in un posto
libero, attirato dall’interessante e colorato manifesto all’esterno che
pubblicizzava la riunione in quel circolo della cultura. Aveva inforcato i suoi
occhiali, ascoltato attentamente le ultime parole, infine si era reso conto di
quanto l’argomento fosse meno interessante di quello che avrebbe creduto in un
primo tempo. Era tardi per andarsene, così svogliatamente si era messo immobile
a seguire quei discorsi. Trascorsero così pochi minuti, infine si alzò, appena
disturbando il suo vicino, e proprio in quel momento dal tavolo dei relatori si
voltarono incuriositi verso di lui.
Ci fu soltanto un attimo di imbarazzato silenzio, come un
dare spazio all’intervento che Fausto pareva voler fare, e di fatto, trovandosi
lui così in piedi, di fronte a tutti, con una concessione di parola che spesso
non era facile ottenere in assemblee di quel genere, si schiarì la voce, e nel
silenzio generale, disse in fretta, quasi sottotono: credo che i tempi siano
ormai maturi. Si tratta di far forza sulla leva della solidarietà, senza
forzare le cose, basta una parola di collegamento, e tutti sapranno cosa fare.
Poi tolse gli occhiali, Fausto, guardò in basso per
vedere se nel momento gli fosse caduto qualcosa, quasi per un gesto istintivo, e
rimase in silenzio per un attimo, quando, nella stessa frazione di secondo,
forse per motivi di incoraggiamento, qualcuno iniziò ad applaudire, trascinando
velocemente tutti gli altri. Fausto non riuscì ad aggiungere altro, si schernì
con un gesto delle mani, ma anche questo fu preso per un’amplificazione delle
sue parole, e in breve tutti si trovarono d’accordo con la sua semplicità e la
sua schiettezza. Tutti si voltarono a guardarlo uscire dalla sala, alcuni, con
grandi sorrisi, cercarono addirittura di fermarlo, ma Fausto era già tornato
sulla strada mentre si spengeva l’eco degli applausi dietro di lui.
Chissà, pensava lui, forse era vero quel che
aveva detto, forse per combinazione aveva colpito proprio nel segno: in ogni
caso non gli dispiaceva affatto aver spiegato così la propria opinione; anzi,
adesso si sentiva bene, sgravato da un peso che forse senza rendersene conto lo
aveva a lungo oppresso. Era bello avere un’idea precisa delle cose, pensava,
per niente al mondo adesso si sarebbe scambiato con coloro che stavano a
guardare, si sentiva all’improvviso migliore di parecchi altri, e questo era
senz’altro un grande risultato.
Bruno Magnolfi
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