All’uscita dalla scuola torno verso
casa passando quasi sempre dalla medesima strada. Generalmente non trovo motivo
di alcuna fretta, così mi guardo attorno con calma, osservo gli altri nei loro
affari e mi immedesimo praticamente in un qualsiasi viaggiatore con indosso lo
zaino, mentre a volte mi perdo a contare i miei passi lungo il marciapiede. Non
accade niente di particolare dentro di me o intorno a me, niente che comunque
rivesta una qualche importanza: le macchine che transitano scivolano lungo la strada,
i passanti camminano tutti verso le loro destinazioni. Eppure io mi sento bene
ad osservare le piccole cose che incontro, e mi pare in questo modo di imparare
sempre qualcosa, forse anche più di quello che mi hanno appena insegnato dentro
la scuola. Ma è soltanto quando arrivo in prossimità della palazzina dove abito
con i miei genitori che sento un senso di vuoto che mi prende.
Sono più grande di quello che
dimostro, mi sento diverso dai miei compagni che continuano fuori e dentro la
scuola a giocare come dei bambini, e poi ridono, scherzano, parlano delle cose
più stupide, cosa che a me al contrario non capita quasi mai: respiro la mia
giornata come cercando di comprenderne il senso, osservo i gesti di tutti
cercandone i motivi scatenanti, mi ritrovo a fissare dei particolari per
scoprirne le funzioni, tutto perché in fondo nient’altro mi interessa davvero.
Ho soltanto sedici anni, lo so bene, ma le mie letture di questi ultimi tempi
mi hanno portato già molto lontano, perché fin da subito ho compreso che dentro
ai libri migliori ci stava già tanto, quasi tutto ciò che volevo davvero
sapere.
Mi fermo prima di giungere al
portone che immette al mio condominio, e soffermandomi a cercare qualcosa
dentro lo zaino rifletto su quanto anche oggi sono riuscito a mettere a punto.
Penso che ognuno debba tentare di essere così come si sente, e non accettare
mai alcuna finzione. Incontro un vicino di casa, una persona che vedo da
sempre, un uomo anziano che trascorre le giornate nei dintorni della sua
abitazione, salutando tutti con gli occhi piccoli e ridenti infossati dentro le
rughe, nel mezzo a una faccia piena di storia, mostrando sempre uno spirito che
nonostante l’età più che avanzata ancora lo illumina. Mi piace questo vecchio,
lo trovo sincero, l’ho già disegnato chissà quante volte senza mai troppo
cercarne con il disegno soltanto una banale somiglianza apprezzabile. Mi piace
la figura che esprime, la sua presenza, le tante cose di cui forse se avesse
più voglia e più fiato potrebbe parlare. Mi piace che sia qui, come a guardia
di tutto se stesso, dei suoi anni trascorsi ad accumulare esperienze e ricordi.
Sarò come lui, prima o dopo, un saggio che osserva, e che forse proprio per
questo comprende davvero le cose.
Infine entro in casa: c’è la mia
mamma che aspetta, e forse nel pomeriggio quello che ho visto attraverso il mio
punto di vista sarà guida della fedele matita su un foglio di carta: non è
importante in se stesso questo mio disegnare, forse non avranno mai troppo
valore questi fogli pieni di segni che accumulo: è la mia ricerca il fatto
essenziale, il mio tentativo di dare una veste a tutto quello che sento.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento