Anna sono qua, ha detto la sua amica
durante il pomeriggio della scorsa domenica, parlando nel citofono per
invitarla a scendere come già d’accordo, restando poi ad aspettare davanti al
suo portone condominiale proprio a quell’ora pattuita, piuttosto che salire in
quell’appartamento dove quando c'è lui in giro riesce sempre a farle provare un
sicuro senso di disagio. Dopo un attimo difatti Anna è scesa, così le due
amiche si sono salutate con qualche parola scherzosa e poi si sono avviate
verso il cinema per assistere al film che da giorni avevano scelto di vedere.
Suo figlio è rimasto in casa nella
sua cameretta come sempre, probabilmente a leggere qualcuno dei suoi amati libri,
e Corrado quasi sdraiato sopra al divano con la televisione sintonizzata su un
canale sportivo. Forse è il peggiore giorno di ogni settimana quello festivo,
quando la mancanza di orari più precisi e di impegni lavorativi e scolastici
porta la famiglia allo strascinamento insulso delle ore.
Francesco ha preso uno dei suoi
fogli e la matita, ed è partito con tratti leggeri a disegnare un volto, senza
sapere chi dovesse essere. Bocca, profilo del naso, gli occhi; poi si è
fermato. L’espressione che subito trapela da quel foglio sembra corrucciata,
ombrosa, quasi triste. Non c’è la sua precisa volontà di dare a quel viso
queste esatte connotazioni, eppure escono fuori in modo quasi automatico, come
se fosse questa la realtà che lui si immagina quando disegna, oppure quella che
semplicemente vede quotidianamente attorno a sé.
Neanche a lui piace la domenica,
anche se avere molto tempo libero è qualcosa che quasi lo intriga,
permettendogli di compiere giri di pensiero che normalmente non riesce proprio
ad affrontare. Poi sente suo padre che lo chiama dall’altra stanza, così
Francesco si alza dalla sedia, si affaccia alla porta, si ferma appena un
attimo per comprendere bene quello che in fondo conosce già dentro di sé: la
proposta è quella di uscire per un giro in macchina, annusare la giornata da
qualche angolazione che Corrado conosce meglio, ed infine ritornare a casa nel
tardo pomeriggio, quasi come due amici che se la siano spassata.
Va bene, dice subito, due minuti e
sono pronto. Non gli piace andare in giro con suo padre, ma non vuole neanche
creare una rottura che farebbe soltanto peggiorare le cose nella sua famiglia.
Si sacrifica, magari soltanto per renderlo contento, o solo per avvallare
un’idea forse anche un po’ sbagliata che Corrado ha di suo figlio: uno senza
amici, ombroso, perso dietro a riflessioni incomprensibili che gli scaturiscono
probabilmente dalla lettura di libri strani e complicati che sua madre tollera
in modo incomprensibile. Niente sport, nessuna passione, né amici né ragazze,
lo sguardo sempre basso oppure perso chissà dove.
Corrado mette in moto la sua
macchina, Francesco si sistema sul sedile senza dire niente. Magari potremo
andarcene a vedere le corse dei cavalli, dice col tono di chi comunque ha già
deciso. Francesco annuisce, in fondo gli piace l’idea: l’ippodromo è un luogo
affascinante, pieno di gente particolare, ed i cavalli da corsa sono animali
stupendi persino se ammirati da lontano. Così entrano ai cancelli e vanno a
sedersi sulla tribuna coperta, e tutto sembra andare bene, anche se dopo un po’
suo padre saluta nervosamente qualcuno che conosce. Poi si alza, dice che torna
fra un momento, e così si perde in mezzo a tutta quella gente in perenne
movimento. Quando torna però sembra peraltro più tranquillo: suo figlio
vorrebbe forse chiedergli qualcosa, ma si trattiene, probabilmente perché non
hanno alcuna importanza le sue presunte considerazioni: la giornata in fondo
scorre bene, le corse dei cavalli vanno avanti, la gente parla e sembra divertirsi,
tutto è a posto insomma: non c’è da preoccuparsi proprio di niente.
Bruno Magnolfi
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