Qualcosa
dovrà pur succedere penso, le cose non possono certo proseguire per sempre in
questa maniera. Mi sento nervoso quando rientro a casa la sera, non posso certo
fingere di essere in un altro modo. Soprattutto mi disturba ritrovare appena
arrivato tutte le cose nella stessa esatta maniera di come le ho lasciate, come
se i giorni che si susseguono fossero identici, come se per avere salva la vita
si dovesse sempre e solo lasciarla nelle mani di una monotonia spesso del tutto
insopportabile. Saluto i miei familiari, tolgo la giacca, vado in bagno, poi
indosso vestiti e scarpe più comode, e spargo senza impegno qualche domanda
tanto per sapere se ci siano delle piccole novità, anche se infine mi siedo
davanti alle notizie della televisione, per cercare ancora un collegamento con
la realtà che c’è fuori, pur senza neanche provare un vero interesse, e proseguendo
comunque anche in questa maniera ad alleviare la situazione che sto respirando.
Forse
tutti quanti viviamo questa medesima situazione penso, probabilmente dobbiamo
soltanto assuefarci di più a quanto normalmente ci capita, senza mettere in
mezzo un vero contrasto, anche se risulta difficile, anche se è complicato
cercare di essere soddisfatti e tranquilli quando le cose non ci piacciono
affatto. Naturalmente preferisco non pensare mai a queste cose, e così lascio
che il tempo da trascorrere con la mia famiglia sia il più possibile vuoto di
cose comuni, anche se sono contento di dare un senso con la mia presenza alle
stanze di casa.
Mia
moglie è molto pacata, sorride ma senza mai ridere veramente; è gentile, si
vede che ci tiene molto alle persone che la circondano, anche se non riesce ad
avere un vero scatto di entusiasmo per qualcosa che magari facciamo o che ci
proponiamo di fare, così ogni argomento sembra sempre senza spina dorsale, e
tutto ciò di cui ho voglia di parlare quando sono in casa diventa un elemento
quasi banale, privo di un qualche interesse. Corrado, mi dice con la sua voce
tranquilla; tu hai fatto esattamente quello che dovevi fare. Ed anche quando
racconto che spesso al lavoro monto di nervi per le uscite stravaganti del mio
capoufficio, lei non prende mai una vera posizione, lasciando che tutto rientri
in un alveo di normalità.
Mio
figlio si chiama Francesco, e non fa mai altro che guardare verso il basso o da
un’altra parte, come se non fosse per nulla interessato a ciò che lo circonda.
Gli dico certe volte che le cose importanti sono là fuori, che lui dovrebbe
avere più amici, cercare di uscire, inserirsi in qualche compagnia dove fanno davvero
qualcosa, ma lui pare non ascoltarmi, e tutto quello che si limita a fare,
anche da quanto mi dice mia moglie, è starsene nella sua cameretta a leggere
libri, a studiare, o a perdere tempo da solo. Ho anche provato a portarlo con
me, ad assistere a qualche partita o in qualche locale per vedere come se la
sbriga con gli altri, ma mi sono reso conto che non sembra mai interessato da
niente, e che diventa immediatamente come un ingombro che si fa trascinare da
una parte a quell’altra senza dire se gli va bene oppure no.
Per
questo per me la domenica è il giorno più buio della settimana: un vuoto
completo da provare a riempire in qualche modo con qualcosa che normalmente mi
sfugge, uno stupido giorno da far passare il più in fretta possibile, facendo anche
in maniera in qualsiasi caso di dimenticarlo velocemente, proprio come se non fosse
neppure arrivato.
Bruno
Magnolfi
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