Oggi mi ha portato un caffè, uno
degli operai della carrozzeria. Non lo avevo mai neppure troppo notato tra gli
altri ragazzi che lavorano qua dentro, così evidentemente mi sono schernita,
già sorpresa com’ero, e subito l’ho ringraziato, naturalmente, anche se era
solo una bevanda della macchinetta automatica; quindi con calma mi sono rimessa
a svolgere il mio lavoro, oltre i vetri coperti di patina della debole porta
che mi separa dall’officina, ed ogni tanto quasi senza volerlo mi sono
ritrovata a dare ancora qualche sguardo da quelle parti, forse più per
curiosità che per altro. Poi me ne sono andata, a fine mattina, come sempre,
visto che il mio lavoro è a tempo parziale, salutando il titolare come ogni
giorno ma evitando di farmi vedere andare via dagli operai che parevano
totalmente immersi nelle loro occupazioni, come facessi stupidamente qualcosa
di cui vergognarmi.
Andrea si chiama; ho cercato di
nascosto i suoi dati sul registro dei dipendenti, ed ha soltanto qualche anno
meno di me. Mi fa sorridere tutta questa faccenda, forse perché era da tanto
tempo che non mi sentivo così. Anna, mi ha richiamato l’anziano titolare mentre
ero già sulla porta con la borsa pronta ad andarmene via: mi raccomando per
domani, ci sono gli adempimenti del mese. Certo, gli ho detto con un gran
sorriso: arrivo presto; e mentre camminavo lungo la strada verso il mio
appartamento mi sono sentita bene, come soddisfatta, quasi allegra, forse anche
per la bella giornata, ma più probabilmente della leggerezza che
improvvisamente ho come provato nelle mie gambe. Non sono neppure passata
davanti al negozio della mia amica per salutarla, come faccio quasi sempre,
anche se avevo un po’ voglia di raccontarle qualcosa di questo Andrea e delle
sue maniere gentili, perché in fondo mi sono detta che devo imparare a tenere
almeno qualcosa soltanto per me.
Mi pare che tutto giri meglio quando
sono distante da casa, come se le mie cose più vere esistessero soltanto fuori
dalle mura domestiche, lontano dalla mia famiglia, anche se questo è un
pensiero assurdo e segreto che neppure io potrò mai accettare davvero. Però i
piccoli elementi importanti che formano in genere la mia giornata spesso si
svolgono fuori dal mio appartamento, ed anche se quello che faccio è tutto
proteso verso il mio nucleo familiare, comunque sia mi ritrovo certe volte a
desiderare una vita diversa, qualcosa che non sia soffocato soltanto da
comportamenti ordinari e dalle normali abitudini.
Forse Andrea ha compreso
perfettamente almeno qualcuna delle mie difficoltà: magari mi ha guardato in
certe occasioni senza essere visto mentre svolgevo i soliti conteggi sulla
calcolatrice, e forse in quei casi il mio sguardo gli è parso un po’ troppo
triste, piegato su quotidianità senza sbocchi. Vorrei parlare con lui qualche
volta, penso adesso tanto per elencare tutte le possibilità che ancora riesco a
mettere insieme, anche se poi realmente è probabile che non lo farò mai. Sono
qui, vorrei dirgli, mi piacerebbe tanto avere ancora un caffè, ma le mie ali
non riescono più a sostenere il mio corpo per il volo che vorrei tanto
spiccare. Arranco forse, cerco di farmi piacere qualcosa che probabilmente non
è più di mio gusto, magari soltanto perché non so neppure più riconoscere che
cosa sia che mi piaceva davvero fin all’inizio. Poi riprendo gradualmente il
corso delle mie attività; come sempre.
Bruno Magnolfi
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