Prendi
la mia mano, aveva detto Anna. E lui, inizialmente titubante, l’aveva infine stretta
tra le sue pur con una certa delicatezza ed attenzione, pensando comunque di
dover trasferire a lei qualcosa della sua forza, della sua determinazione, anche
se subito era stato raggiunto tramite quelle dita tese come da una scarica
elettrica, e si era immediatamente reso conto che in tutta la faccenda era proprio
lui l’anello debole della catena, quello meno tenace, quello più lontano
dall’idea fondamentale, tanto che si era ritrovato in un attimo quasi ancorato
a quella stretta, provando davvero per la prima volta tutta l’importanza del momento.
L’infermiera poi si era affacciata già due volte nella stanza per rendersi
conto del tempo che ancora le occorreva a quella paziente frettolosa, ma
Corrado intanto sudava, si sentiva teso, ed adesso le aveva detto senza mezzi
termini che Anna non ce la faceva più a proseguire con quella respirazione come
le era stato spiegato, e che si avvicinava velocemente quel momento, perché ci
siamo, ci siamo, aveva quasi urlato, e così quasi per dargli retta in due del
personale l’avevano trasferita poco dopo in sala parto con la sedia sulle
ruote. Lei vuole assistere, gli avevano chiesto duro, senza perifrasi, e lui si
era sentito quasi un vigliacco nel dover dare una risposta negativa, per questo
aveva detto di sì, quasi senza una riflessione seria, ma pensando solo a se
stesso e a poco d’altro.
Una
volta dentro invece aveva colto velocemente tutta l’importanza di quella
scelta, e subito aveva cercato lo sguardo della sua Anna accanto a lui, anche
se lei già non riusciva più a sentire e a guardare niente intorno a sé. Urlava
invece, strozzando i suoi gemiti per le doglie, respirando a grandi boccate soltanto
affannose, coi pugni stretti intorno a ciò che per lunga esperienza le avevano
dato da stringere, una volta sistemata sopra al lettino. Continuava a guardarla
Corrado, non sapendo e potendo fare altro, sentendosi però coinvolto, vicino a
qualcosa che non avrebbe mai dimenticato, mentre lei continuava a spingere proprio
come le dicevano di fare, quando tutto poi avveniva in un attimo incredibile, e
non importava già più niente di quelle piccole preoccupazioni che c’erano state
fino a un’ora prima, e la corsa con la macchina, il parcheggio poco consono, le
sue scarpe che avevano pestato qualcosa che proprio non doveva esserci, quasi
un portafortuna però.
Adesso
era lì quel fagotto rosa, quella piccola vita che scalciava già, e che chiedeva
attenzione, protezione, cure, tutto ciò che ci voleva per portarsi avanti da
ora in poi, giorno dopo giorno. Corrado si sentiva provato, stremato,
stanchissimo, e gli pareva impossibile che potesse accadere una cosa così
grande in così poco tempo, senza una vera preparazione emotiva, senza essere
riuscito a immaginarsi davvero quel giorno soltanto il giorno prima, ed adesso
non sapeva più che cosa dire, né cosa pensare, dove rivolgersi, a chi, immedesimandosi
in un nulla di fronte a quella donna che in quel momento diventava meravigliosamente
mamma.
Anna,
aveva detto poi Corrado riprendendole la mano, e la commozione con naturalezza
aveva fatto il resto, che non aveva bisogno di parole, di espressioni, di
gesti, solo di sguardi lacrimosi e sinceri, e di nient’altro.
Bruno
Magnolfi
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