Non voglio sentirmi soddisfatto,
pensa Corrado mentre staziona in ufficio seduto alla sua scrivania, a quel
quarto piano del palazzo delle assicurazioni. Nella tasca interna della giacca
c'è quella busta, ne sente la presenza continuamente mentre prosegue a lavorare
sul suo terminale. Tra poco sarà l’ora di andarsene per gli impiegati come lui,
strisciare nella feritoia della macchina lungo il corridoio la propria scheda
elettronica, salutare tutti quanti nell’ingresso al piano terra davanti alla
portineria con un semplice gesto oppure con un debole sorriso, e poi come ogni
giorno uscire subito dall’edificio, con il suo passo tranquillo, quasi
rilassato, come se tutto fosse già perfettamente concluso e sistemato. Niente
di diverso da sempre, niente da far notare a tutti quei suoi colleghi, a parte
naturalmente il Torrini, già pronto da domani, come aveva minacciato, a passare
il suo debito nelle mani di certi suoi amici, se non fosse stato bloccato proprio
quest’oggi da quel sintetico biglietto scritto di fretta e lasciato sul piano
della sua scrivania: caffè, dopo il
lavoro. Che vuole dire tutto per chi sa, ma assolutamente niente per qualcuno
che lo avesse letto per puro sbaglio, e che per Corrado in questo momento rappresenta
la liberazione, una grande boccata di ossigeno e di fiducia in sé.
I soldi sono nella busta, neanche
uno di meno per quel prestito a strozzo di qualche settimana addietro; adesso
lui avrà più tempo per rimettersi completamente in carreggiata. Gli scappa
quasi da ridere ripensando a quanto è stato facile trovare un accordo col
Baronti: è sufficiente chiedere certe volte, gli diceva sua madre quando era
ancora piccolo; certo, se già si cerca di immaginare ogni risposta prima di
porre qualsiasi pur semplice domanda, non si va mai molto lontano. Cammina
svelto adesso sopra al marciapiede per allontanarsi da lì, ma in seguito
rallenta, quindi si ferma ad osservare distrattamente qualcosa, poi però
riprende anche se con una lentezza maggiorata. Quando entra nel caffè, lo fa
senza guardarsi neppure attorno, come tuffandosi di colpo dalla strada oltre
quella porta che trova ora molto accogliente.
Quando arriva il Torrini, dopo appena
dieci minuti, Corrado sta già seduto al tavolino sul retro del locale, davanti
ad una piccola birra che si è fatto servire; non hanno bisogno di usare molte
parole loro due, lui guarda l’altro per un attimo, quindi tira fuori la busta
bianca e anonima dalla sua giacca. Le banconote vengono contate in fretta,
quasi con indifferenza per non destare curiosità, direttamente tra le ginocchia
sotto al piano di quel tavolino, ed il Torrini poi fa sparire velocemente tutto
il denaro, gli batte piano una mano sopra al braccio, e quindi si alza per
andarsene senza aver avuto proprio un bel niente di cui parlare. Corrado allora
lo guarda mentre va via e poi si guarda intorno: impossibile ritrovarsi nel
futuro in una situazione di quel genere con il suo collega, pensa quasi
imbambolato da quei fatti. Infine si alza, paga la sua birra, se ne va anche
lui da quel locale, col solo desiderio di raggiungere in fretta la propria
abitazione e di non pensare più a niente almeno per tutta quanta la serata.
Ma un piccolo dolore lo prende
quando è già in vista del palazzo dove abita: un’uggia, una noia leggera non
meglio localizzata che lo accompagna in quegli ultimi passi con qualche fitta
leggermente più forte fino al suo appartamento. Entra in casa rispettando un
perfetto silenzio, muovendosi peraltro con grande lentezza, quasi con
titubanza, poi saluta sua moglie con un gesto privo d’enfasi, e un’espressione
seria e di leggera sofferenza, per poi infine dirle soltanto: non sto bene,
proprio mentre sente mancare l’appoggio di una gamba, accostandosi perciò con
una mano alla parete, subito prima di sedersi. Resta lì, fermo, praticamente
immobile mentre Anna continua a chiedergli qualcosa senza ricevere risposta:
lui sa che a breve dovrà rendere i soldi anche al Baronti, non può certo
interrompere in questo momento il suo lento e graduale ritorno alla normalità, non
potendo peraltro rischiare neanche per sogno che arrivi fino ai suoi e a chi lo
conosce la notizia terrificante di quei suoi sordidi e meschini affari che ha
messo in piedi ultimamente. Magari si sente un po’ da solo in questa fase,
forse addirittura oltre come mai si sia sentito fino a questo esatto momento, però
sa perfettamente cosa ci sia da fare per lui da ora in avanti, dovendo almeno affrontare
tutto quanto ciò che lo aspetta con grande coraggio e convinta determinazione.
Bruno Magnolfi