Non saprei davvero spiegare quale
sia il motivo. E’ probabile che le cose possano riuscire soltanto in questa
maniera, forse non c'è neanche da chiederselo. Sono piccole storie quasi sempre
incompiute quelle che girano attorno, ecco quanto si delinea poco per volta.
Scampoli di giornate che non trovano mai un vero epilogo. Ci sono persone
magari che si pongono degli obiettivi, mettono a punto i progetti, ed in
seguito fanno di tutto per riuscire a raggiungerli, anche accorgendosi in corso
d’opera che i loro proponimenti erano profondamente sbagliati, o che loro
stessi non nutrono più grande interesse per quei risultati, proprio mentre
stanno giungendo alle conclusioni ampiamente previste. Sono decisi, convinti, e
non hanno quasi mai veri dubbi. Qui al contrario tutto quanto è continuamente
messo in gran discussione, ogni pensiero appare sempre inappropriato, e
l’indeterminatezza è la regola portante.
C’è sempre nell’aria come un
attendere il momento opportuno, il giorno migliore, le condizioni adeguate,
magari mettendo in unica riga le sensazioni più adatte, i più positivi stati
d’animo, un esatto compendio di elementi tutti in fila tra loro, che forse però
non avrà mai veramente un suo esito. Si compie un nuovo giro di giostra, si
osserva qualcosa, si traggono delle conclusioni che vanno ad aggiungersi a
tutte le altre, senza trovare un nesso tra loro, senza un prima né un dopo.
Questa sostanzialmente la realtà delle cose.
Vorrei avere ancora tanto tempo per
osservare queste persone che mi passano quotidianamente davanti, ridendo
talvolta, appoggiandosi al bancone di questo vecchio bar soltanto per il tempo
preciso di sorseggiare il caffè, scambiandosi in due o in tre quanti sono, come
peraltro appare già ovvio, soltanto qualche parola di fretta, qualche
espressione ritagliata da chissà quale contesto, frammenti di frasi che
prevedono comunque già un’intesa precisa, un uso consumato dei gesti, e che
vanno certo a colmare perfettamente tutti gli spazi rimasti tra le poche
sillabe appena pronunciate. Buongiorno, dico a tutti come ho sempre fatto in
tutti questi anni, ma forse non riesco più ad inquadrare davvero le maschere di
questi clienti, e spesso non so neppure individuare, magari anche per mio
disinteresse, i loro veri argomenti che accennano.
Qualcuno è da solo ad entrare nel
bar, ed allora cerco di fargli da spalla mentre gli offro tutti i servizi di
questa casa, trattandolo con deferenza, con consumato mestiere, ma anche con un
filo di complicità. Poi c’è una signora che da qualche tempo passa da qui,
sempre di mattina, sempre da sola, mi ha detto di chiamarsi Anna, ma soltanto
dopo diverse volte che si faceva vedere. La sua storia non dev’essere semplice,
lo vedo da come saluta, come sorride, da come mi chiede il caffè. Qualcosa in
lei rimane sempre nell’aria, come sapesse fin dall’inizio che il suo giro di
giostra non avrà un compimento, non tornerà al punto che si era immaginata
all’inizio. Non le chiedo niente, non posso chiederle niente, ma so che in lei
le cose non vanno di certo verso la direzione prescelta, forse non sono mai
andate in quel senso, e lei però se ne è accorta soltanto da poco tempo,
durante il percorso. Prende il caffè, una sfoglia alla crema, mi guarda appena
un momento, come di sfuggita, poi sembra già altrove, alla ricerca di qualcosa
che non è lì con Anna, e che forse non sa neppure lei dove poterlo trovare.
Bruno Magnolfi
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