L’impressione iniziale è quella di
un vago profilo di ragazza dallo sguardo quasi severo, disincantato, di chi sa
piuttosto bene cosa fa e cosa si prepara ad affrontare, senza per questo
minimamente abbattersi, senza grandi paure, lasciandosi catturare nell’attimo
preciso in cui solleva il suo interesse dai libri sui quali ha appena finito di
studiare, ed osserva qualcosa avanti a sé lungo una direzione prospettica
lontana, verso il futuro insomma, non quello suo del tutto personale, non verso
ciò che magari le potrà succedere direttamente a lei negli anni a venire, ma
verso il futuro pur nebuloso e incerto
di tutta la sua generazione.
Un progetto anche troppo ambizioso
per un semplice disegno, però sicuramente anche il tema più importante e
significativo che si può respirare tra i muri di un edificio scolastico. Cinzia
ne ha parlato un pomeriggio con Francesco, e lui sfumando sulla carta qualche
tratto incerto con una matita morbida ha cercato di dare un senso abbastanza preciso
a quella idea di fondo. Lei non ne è convinta però, e forse neanche lui: troppo
semplicistica, le dice mentre sorseggia un’aranciata davanti al tavolo del
solito localino nei dintorni del liceo.
Mi pare stupido disegnare una figura
che rappresenti tutti, dice lui, però non saprei come superare questo scoglio.
Potrebbe essere una persona precisa, una di noi scelta tra le classi e le
sezioni, con tanto di nome e cognome, fa lei, così potrebbe rappresentare
maggiormente se stessa pur rimanendo una come tutti. E magari trovarne una con
evidenti difetti, in modo da non lasciare proprio alcun dubbio, dice lui con
ironia. No, non funziona, aggiunge poi; dobbiamo riflettere meglio, travate il
dettaglio giusto che riesce ad interpretare il nostro pensiero di fondo, sempre
che si voglia intraprendere davvero questo lavoro.
Così, quasi per scherzo, loro due
hanno deciso di andare a parlarne con il loro preside, e la mattina seguente mentre
come sempre sono a scuola, chiesto naturalmente il permesso agli insegnanti, si
sono ritrovati di fronte a quella porta un po’ imperiosa, a cui hanno bussato con
una certa titubanza, finendo per essere veramente ricevuti. Il preside del
liceo è una persona apparentemente buona, un uomo che ascolta sempre gli altri
e difficilmente assume un’espressione contrariata, anche se il suo ruolo
sicuramente non è facile. Ha detto che l’idea è senz’altro ottima, sicuramente
da sostenere, anche se, ha spiegato: non sono queste le cose che mi aspetto da
voi studenti. Ci vorrebbe qualcosa di inclusivo, ha detto alzandosi da dietro
la sua scrivania; un gioco, una festa, un concorso di idee, insomma un progetto
che coinvolgesse proprio tutti, che facesse sentire ognuno come un importante piccolo
ingranaggio nel motore principale della nostra scuola, piuttosto che qualcosa
finito e realizzato da due come voi, senz’altro preparati, ma che purtroppo non
sono tutti gli altri.
Cinzia e Francesco sono rimasti un
attimo in silenzio, quasi perplessi; poi si sono alzati, hanno ringraziato, salutato,
ed alla fine sono usciti dall’ufficio. Nel corridoio lei ha detto subito che il
loro disegno e soprattutto la loro idea va comunque portata avanti, e lui senza
guardarla si è sentito di annuire senza aggiungere nient’altro. Poi sono
rientrati ognuno nella propria classe.
Bruno Magnolfi
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