Qualche volta vorrei proprio
starmene lontano da tutto, trovare da qualche parte una qualsiasi cuccia dove
rintanarmi come un animale, e poi starmene lì, senza avere più niente a che
fare con questa insopportabile normalità che costringe ognuno a rivestirsi con
dei panni che spesso non sono affatto i propri, ed a parlare agli altri con una
voce quasi sempre stridula e antipatica, utilizzando dei vocaboli
insignificanti che purtroppo proprio per questo vengono compresi perfettamente
da chiunque, e per il medesimo motivo rapidamente sdoganati e catalogati come
sostanziale chiacchiera ordinaria. Questo soprattutto vorrei evitare: parlare
come tutti, essere riconosciuto come un altro che dice ciò di cui blatera
chiunque, ma non per voler essere una persona così diversa da coloro che stanno
qua da queste parti, ma solo per non cadere anch’io nei luoghi comuni da cui
tutti siamo circondati.
Generalmente prendo solo un
aperitivo al pomeriggio quando mi fermo in questo locale che frequento ormai da
qualche tempo, poi mi piazzo seduto per i fatti miei ed osservo generalmente
senza molta insistenza chi mi sta più vicino. Dai soliti che stazionano qua
dentro forse potrei anche essere riconosciuto come un tipo solitario, un soggetto
taciturno, uno che non si relaziona facilmente con gli altri, ed invece tutti
quanti si limitano semplicemente ad ignorarmi, a fingere che neppure io ci sia,
anche se in fondo ognuno di loro sa benissimo chi sono e che cosa rappresento.
Non me ne importa, io non ci vorrei neppure venire qua dentro, però non saprei
neppure dove altro andare, e poi mi interessano proprio i modi con cui tutti qui si scambiano tra loro le
cose che hanno da dire e raccontarsi.
Parlano di donne, di attività
sportive, di macchine, anche di bassa politica, tutta roba del genere di cui a
me di normale non fregherebbe assolutamente niente; ma è la maniera come loro
sanno trattare questi argomenti che continua a piacermi fuori da ogni dubbio.
Generalmente sanno tutto di qualsiasi cosa, o almeno fingono di saperla, e poi
controbattono sempre qualcun altro qui presente tirando fuori degli argomenti
spesso anche poco credibili e surreali, plasmando a piacimento dei dettagli
decisamente superficiali di cui forse hanno sentito parlare in giro da altre
persone ancora. Non c’è quasi niente di serio in questi discorsi, a parte i
loro modi, così sembrano riderne loro stessi ogni tanto; ma qualche altra volta
invece si accapigliano davvero ed alzano la voce per quanto dice l’uno o l’altro,
anche se in genere fanno questo soltanto per riempire di senso qualche argomento
su cui si sentono più deboli.
Esco dal locale quasi sempre
nauseato, però so che qualcuno nota il mio silenzio, questo mio starmene da
parte; forse viene soppesato in qualche modo il mio giudizio, questo mio
statico stare ad ascoltarli senza mai l’idea di intervenire. Cammino per strada
adesso, ripenso tutte le parole che ho sentito fino ad ora, e non ne trovo
neppure una da salvare, come se niente di tutti quei discorsi avesse un peso.
Chissà se qualcuno riesce a giudicare se stesso tramite la testa di uno come
me; magari è stato anche formulato un pensiero così fatto, e sulla base di ciò
forse qualcuno avrà l’ardire prima o dopo di chiedermi un’opinione su quanto mi
trovo spesso ad ascoltare. Devo prepararmi, ecco, devo arrivare pronto a quel
momento, devo trovare fin da adesso la parola giusta da dire a chi potrà farmi
quella domanda, offrendo una risposta che chiuda di colpo un periodo e
contemporaneamente ne faccia anche un
compendio; una parola che da sola nella sua semplicità mostri un risultato
tangibile e concreto, qualcosa di definitivo, un segno che lasci dietro di sé
un’eco importante, alla fine quasi un giudizio.
Bruno Magnolfi
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