Vado avanti praticamente
per inerzia. Ed oramai mi capita anche piuttosto spesso, mentre ogni notte
staziono con la mia auto in mezzo a questo enorme parcheggio intorno allo
stadio del calcio, di addormentarmi come uno sciocco per qualche decina di
minuti o anche di più. Vorrei impegnarmi maggiormente nel mio lavoro, essere
costantemente vigile, attento, pronto ad ogni evenienza. Mi piacerebbe anche
avere più coraggio, e almeno una volta provare a non venire affatto in questo
luogo disperato. Probabilmente i miei capi non si accorgerebbero nemmeno della
mia assenza sul posto, ma siccome ho l’impressione che in qualche modo siano
capaci di controllare con costanza molti dei miei spostamenti quotidiani,
dovrei prima scoprire la maniera con cui riescono a verificare quello che
faccio davvero, avanti di metterli alla prova con dei sotterfugi.
In ogni caso qui non
succede quasi niente, se proprio non si fa vedere ogni tanto qualche macchina
di balordi che viene da queste parti a farsi un giro. Naturalmente con il mio
binocolo io prendo subito nota del numero di targa e degli altri indizi più
visibili, e poi li invio immediatamente per messaggio al solito numero
telefonico che i miei capi mi hanno comunicato fin dall’inizio. Mi piacerebbe
inventarmi di sana pianta una segnalazione falsa da inviare a questo recapito,
per vedere cosa mai succederebbe; ma considerato che non conosco quale apparato
ci sia dietro di me che fa i controlli, non è neppure il caso che mi faccia
venire in mente idee del genere.
Il problema sostanziale è che io svolgo qualcosa di
cui non conosco assolutamente niente, ad iniziare dai motivi che ci possono
essere per pagare uno come me per mandare avanti un'attività proprio come
questa. Certo, per me adesso gira assai meglio di quando ero disoccupato e
dovevo andare per i pasti alla mensa popolare. I soldi ora mi vengono versati in
banca regolarmente ogni mese, e sto piuttosto bene nelle mie due stanze
d'affitto, anche se devo cercare continuamente di convincermi che non sono più
un ladruncolo di poco conto, e che in fondo sto davvero lavorando per la
sicurezza generale di tutti quanti. Ma alla fine ugualmente non sono contento,
mi pare ci siano troppe cose di cui non sono riuscito a comprendere
assolutamente la matrice.
Perciò mi sento giù di corda, ed inizio a svolgere
il lavoro delle segnalazioni senza alcun impegno, senza più un briciolo di
entusiasmo, come qualcosa per cui devo quasi sforzarmi per riuscire a mandare
avanti le cose. Il momento peggiore poi si verifica ogni sera, quando devo tornare
nel parcheggio, dopo aver trascorso quasi tutto il pomeriggio, tanto per
riempire il tempo, tra il solito bar e la sala corse, a chiacchierare con
qualche estraneo che normalmente non ha neppure tanta voglia di ascoltarmi, ma che
in qualche modo riesce a farmi tenere la testa lontana dai problemi. Poi torno
qua e mi sento subito frustrato, da solo come devo stare, con la stupida radio
accesa in sottofondo, e la mia pistola carica dentro al cruscotto della
macchina. Forse i miei capi sono riusciti già a sapere che mi sono procurato
questo ferro, o forse semplicemente se lo immaginano, anche se non mi hanno
ancora fatto sapere niente al riguardo. In fondo però, se questo mio mestiere
deve essere così segreto, ed i miei comportamenti, come dicono loro, non devono
essere mai rivelati ad anima viva, probabilmente va bene anche ai miei capi se mi
va di tenere nascosto qualcosa tutto per me.
Poi arrivano dei tizi a notte fonda, e scendono
dalle macchine per dirsi qualcosa a voce alta. Io sono distante ed invisibile,
però con il binocolo riesco ad annotare quello che mi serve. Ma ad un tratto alzano ancora di più la voce, si
muovono sopra al piazzale, gesticolano, e tirano fuori dei coltelli, quindi si
affrontano. Potrei intervenire, sparare dei colpi in aria, dire che sono della
polizia o dei carabinieri magari, che devono subito smetterla, perché questo
deve rimanere un posto tranquillo, senza tanti schiamazzi, senza alcuno scontro
di malavitosi. Sto per scendere, ho già preso la pistola, sono pronto, resterò
a distanza penso, in modo da non mettere a repentaglio la mia incolumità. Poi tentenno
ancora, non sono sicuro di cosa debba fare, e osservo la scena che rapidamente
sembra si stia tranquillizzando; alla fine metto in moto la mia macchina, invio
il solito messaggio dal mio cellulare, e con i fari ancora spenti, con
lentezza, mi allontano.
Bruno Magnolfi
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