Non sto bene. Mi gira la
testa, per tutto il giorno ho ciabattato per casa senza poter neppure uscire. Stanotte non
riuscirò proprio ad affrontare il mio lavoro di sorvegliante, purtroppo mi
rendo conto poco alla volta che mi è del tutto impossibile. Così mi faccio
coraggio ed invio col cellulare una breve comunicazione per i miei capi, dove
cerco di spiegare al meglio la situazione in cui mi trovo. Dopo pochi minuti, sempre
per messaggio elettronico, loro mi rispondono che non ci sono problemi, e che
hanno un sostituto.
Resto di sasso: non
avevo mai considerato la possibilità che ci fosse qualcun altro che potesse
svolgere il mio stesso mestiere; magari qualcuno normalmente usato, durante i
giorni qualsiasi, per tenere d'occhio alcuni altri parcheggi cittadini forse
meno importanti del mio; oppure anche qualcun altro che si mette a controllare
ulteriori luoghi sensibili: certe piazze, alcuni monumenti, dei palazzi di
prestigio, e che forse svolge il suo impegno per la sicurezza proprio durante
le ore di luce, piuttosto che di notte come al contrario tocca fare a me.
Mi infilo dentro al
letto per lasciarmi passare i brividi che oramai mi scuotono, ma non riesco né
a riposarmi né a dormire. Continuo a ripensare a quanto mi è stato comunicato,
ed ancora non riesco a credere che ci siano in giro dei personaggi che appaiono
come dei replicanti della mia stessa attività. Ovvio che mi piacerebbe conoscerne
qualcuno, parlare con lui, sapere chi è e come se la cava questo tizio
esattamente come me, e magari chiedergli in modo diretto se prova le stesse
sensazioni che avverto io quando controllo la mia porzione di città.
Mi alzo, giro dentro
casa, devo ancora constatare che non sto per niente bene, però adesso sono peraltro
anche nervoso, non riesco ancora a considerare come naturale ciò che mi è stato
spiegato,
e per questo semplice motivo vorrei saperne qualcosa di più, conoscere i
dettagli, anche se è evidente come sia quasi del tutto impossibile. L’unica
possibilità che avrei sarebbe quella di alzarmi con uno sforzo sovrumano da
questo letto, uscire da casa senza neanche riflettere, infilarmi subito dentro
la mia auto, ed andare senza voltarmi fino al parcheggio dello stadio di
calcio, per riuscire a scrutare nel buio chi
ci sia davvero lì, in carne ed ossa, per
sostituirmi. Ci penso con intensità, ma dopo poco scarto questa opzione: sto
troppo male, e poi non è affatto detto che questo mio sosia possa concedere la
possibilità di avvicinarmi a lui.
Perciò posso soltanto
starmene qui nel mio rifugio, ed immaginare tutto quello che è possibile accada in quel luogo dove personalmente ho stazionato ogni notte
per tutti questi mesi, senza che sia successo chissà cosa. Magari però è
proprio la prossima notte quella in cui avverrà qualcosa di estremamente grave,
e forse verranno coinvolte anche persone che non c’entrano proprio nulla con i
fatti: il mio sostituto potrebbe non conoscere sufficientemente gli angoli del
parcheggio dove è meglio ripararsi, e per questo motivo essere soggetto a rimanere
nel mezzo a degli scontri tra bande di malfattori, o cose di questo genere.
Non me ne importa nulla
penso, in fondo non mi riguarda affatto tutta questa storia: tra un paio di
giorni probabilmente starò meglio, invierò un messaggio ai miei capi e loro mi
risponderanno semplicemente di ricominciare come prima. Va bene dirò loro, non
vedo l’ora di farlo: in fondo è quello il mio posto, il posto dove mi sento
meglio in assoluto.
Bruno Magnolfi
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