“Non mi interessa niente di tutto questo”, dice la
ragazza al telefono mentre si raggomitola in una poltrona del salotto. “Ci sono
momenti in cui è bene rinchiudersi in se stessi, e riflettere a fondo su ciò
che sia meglio per tirare avanti”. Poi chiude la comunicazione, si alza
rinfilando ai piedi le sue pantofole, ed alla fine va verso la cucina, dove sua
madre sta sistemando qualcosa dentro al frigorifero. “Niente”, fa lei; “le
solite chiamate da scemi per dire che sta andando tutto male, e che le cose
potrebbero facilmente andare meglio, basterebbe volerlo”. La mamma l’osserva
per un attimo, appoggia sul piano del tavolo un sacchetto di verdure congelate,
poi le dice che forse non è poi così sbagliato impegnarsi per cercare qualche
miglioramento. Lei la guarda, si affetta un piccolo pezzetto di pane, poi dice
soltanto che non le pare proprio così facile. Torna nell'altra stanza, apre un
libro e scorre qualche riga dal punto in cui lo aveva lasciato. "Non
significa niente volere una cosa se quel desiderio non è sostenuto da
altri", dice a voce alta. Poi richiude il libro.
Dopo qualche minuto la mamma
si affaccia alla porta: "si tratta di capire se comunque è meglio avere
un'opinione comune, o se sarà un'opinione comune a peggiorare prima o poi le
cose", le fa. La ragazza non risponde niente, certamente questo è un
momento in cui è difficile avere le idee chiare, pensa, e se poi tutte le idee
sono diverse tra di loro non sarà proprio possibile combinare niente di buono.
Certo è che se ciascuno desidera qualcosa di differente dagli altri, ogni
sforzo si neutralizza rapidamente e non risulta proponibile mandare avanti le
cose. Ma è davvero inutile lambiccarsi troppo il cervello, immaginare di poter
variare qualcosa: tutto quanto è nelle mani di un vasto gruppo di persone ben
fornito di strumenti, che prima di pensare a ciò che è meglio per tutti, mette
in pratica quasi sempre ciò che risulta meglio per se stesso.
Suona il telefono, è l’amico
di poco prima che adesso non vuole più parlare delle faccende di cui hanno
discusso precedentemente, ma soltanto chiedere alla ragazza come si immagina il
futuro al momento in cui tutte le cose dovranno tornare alla normalità. “Non lo
so”, fa lei, “però adesso mi sembra che nulla sarà davvero come prima, anche se
non riesco a comprendere se dovrà essere peggio oppure meglio”. Poi parlano di
argomenti più semplici, si scambiano le solite superficialità sulla noia e
sulla monotonia, ed infine riattaccano perché sentono di non avere più degli argomenti
per mandare avanti la conversazione. “Una grande nebulosa”, dice la mamma
quando lei riappare sull’uscio di cucina. “Però potresti aiutarmi a compilare
un programma che preveda i pranzi e le cene almeno per i prossimi tre o quattro
giorni, naturalmente tenendo conto di ciò che abbiamo in casa”. Così fanno un
breve sommario della roba da mangiare mettendo da una parte tutto quello che va
consumato più rapidamente perché non conservabile troppo a lungo.
“Forse dovremmo fidarci
maggiormente di chi ci rappresenta”, dice la mamma, “anche se appare evidente
che è difficile credere sempre a ciò che ci dicono”. La ragazza ha uno scatto
improvviso, poi si blocca in un’espressione ambigua. “C’è qualcosa di
inadeguato a questi tempi, secondo me”, dice con intensità. Poi fa qualche
passo ed apre il frigorifero. “Mi pare addirittura che sia sufficiente qualche
variazione negativa, per mettere in crisi tutto quanto il sistema. E questo
significa fragilità”. Infine mette il naso dentro al congelatore, tira fuori
degli avanzi di qualche serata precedente, li valuta nella loro vaschetta dove
sono stati conservati, poi si volta verso la sua mamma che annuisce con un
lieve sorriso: “nella memoria collettiva forse c’è ancora qualcosa con cui
possiamo modificare questa attualità; perché magari adesso si tratta soltanto
di tirare fuori e riproporre con piena dignità le migliori idee di sempre, per
riconsiderarle davvero; e dopo magari mettere da parte una buona volta tutte le
opinioni più superficiali”.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento