Dapprima
sono come fuggiti, salendo sopra al prima treno che andava verso sud, ma quando
si sono visti costretti a scendere dal convoglio, hanno proseguito
immediatamente con un’automobile a noleggio, percorrendo strade minori e poco
frequentate. Peraltro non è facile spostarsi rapidamente con un bambino
piccolo, e lei proprio per questo, tenendo suo figlio costantemente sulle
proprie braccia, continua ogni poco ad insistere con il marito che è meglio per
loro fermarsi, far trascorrere almeno qualche giorno, assumere con maggiore
calma le decisioni più importanti, adesso che hanno abbandonato la città e la
loro casa. In seguito lui, che guida adesso senza staccare mai gli occhi dalla
strada, dice ad un tratto che comunque prova una grande stanchezza, che non ce
la fa più ad andare avanti, così sterza verso una frazione di poche case dove
un cartello di legno verniciato indica la presenza di una piccola pensione di
campagna, e va a fermare la macchina sulla ghiaia di uno spiazzo. Scendono
dall’auto, si fanno immediatamente dare una stanza, poi spossati come sono si
sdraiano sul letto riuscendo subito a dormire per diverse ore filate,
specialmente lui che non riapre gli occhi neppure quando il bambino si mette a
fare un po’ di confusione. “Dobbiamo decidere qualcosa”, gli fa lei alla fine.
Lui l’osserva con attenzione per qualche attimo, poi dice che potrebbero
ripartire il giorno seguente.
“Io non
vengo”, fa lei però a quel punto. “Torno indietro; non credo sia una buona idea
spingersi ancora avanti senza sapere neppure cosa ci possa attendere”. Il
marito consulta una cartina stradale, gira nervosamente dentro la stanza,
guarda qualcosa dall’unica finestra da cui si vedono degli alberi in fila e la
piccola strada che giunge fino lì. “Non essere sciocca”, le fa ad un tratto con
voce bassa. “Quando giungeremo a casa di mia madre saremo a posto e soprattutto
al sicuro”. Poi il bambino inizia a piagnucolare senza apparente motivo, e lui
esce nel corridoio per chiedere al proprietario dell’albergo se fosse possibile
avere qualche cosa da mangiare. Gli viene portato poco dopo un vassoio con dei
salumi già affettati e dei formaggi insieme al pane, della frutta, una
bottiglia di vino, e dei piatti per servirsi. Fuori la giornata appare grigia,
senza sole, ed anche se ancora non piove non ne è esclusa affatto la
possibilità. Lui appoggia tutto sul tavolino tondo della camera, spiluzzica
qualcosa dal vassoio quasi con disinteresse, poi torna a sdraiarsi sopra al
letto.
“E che cosa
intenderesti fare”, chiede lui a sua moglie che adesso sta allattando al seno
il suo bambino. “Torno indietro”, fa lei, “anche se siamo quasi a metà strada, ora
non voglio ritrovarmi bloccata a casa di tua madre o chissà dove per chissà
quanto tempo”. Suo marito accende la piccola radio sopra al comodino, ed anche
con il volume posizionato al minimo le notizie che vengono diramate in questo
momento non sembrano per niente incoraggianti. “Quindi vorresti che tornassi
indietro insieme a te”, fa lui. La moglie prosegue ad occuparsi del bambino,
come per non dare troppa importanza a quella domanda che adesso però appare
cruciale. “Sarebbe meglio”, fa lei alla fine, senza aggiungere neppure una
parola. Lui sembra indifferente a quanto detto, poi esce dalla porta e va verso
la loro macchina parcheggiata sullo spiazzo a prendere qualcosa. Sua moglie
dalla finestra vede che sta telefonando, probabilmente a sua madre, magari per
avvertirla che ci sono delle complicazioni, che le cose non stanno proprio
andando come era stato previsto.
Quando il
marito rientra in camera gli sembra in apparenza non sia cambiato niente
davanti ai propri occhi, neppure la posizione di sua moglie oppure quella di
suo figlio. Lei lo guarda adesso con espressione seria, lui riprende per un
attimo a girare con agitazione dentro la stanza, ma poi si ferma. “Va bene”,
dice con sforzo. “Abbiamo con noi un po' di soldi, torneremo indietro; ma senza
rientrare a casa nostra, almeno per ora”.
Bruno
Magnolfi
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