Luciano
aveva detto qualcosa tra sé, come se i suoi pensieri, ridotto ormai in quello
stato da una malattia incurabile, traboccassero fuori in maniera autonoma dalla
sua mente devastata dal dolore e dalla coscienza della sua situazione,
riversandosi incontrollati su chi si
trovava intorno a quel suo letto di casa e di moribondo. Aveva forse sognato
qualcosa, in un attimo di vaga incoscienza di cui era preda ogni pochi minuti,
ed in quei momenti aveva intravisto qualcuno portarlo via da quel letto, di
corsa verso un ospedale poco lontano, dove non era mai stato durante quel
calvario che ormai andava avanti da mesi, dove si ritenevano certi di poterlo
ancora salvare.
Non
c’era stato bisogno di niente, solo molti sorrisi incoraggianti, una iniezione
risolutiva, e la sua forza, la voglia profonda di reagire a quello stato, come
aveva detto qualcuno. Un’infermiera aveva accarezzato il suo viso, qualcun
altro vicino aveva parlato della grande importanza di ridare fiato e calore alla
sua persona. Lui aveva quasi provato la voglia di ridere, così aveva ripensato
ai giorni salienti della sua vita, ma gli era parso improvvisamente di non
avere neanche qualcosa degno di un vago ricordo. Proprio per questo, aveva
subito pensato, devo reagire. Devo rimettermi per tutte le cose che non ho
ancora fatto, per tutto quello che ho messo da parte per altri momenti, per
tempi migliori.
Ma
la stanza di quell’ospedale velocemente era svanita, Luciano aveva aperto per
un attimo gli occhi ritrovandosi nella sua camera, quella dove aveva passato
tante delle sue notti, il luogo dove forse si era sempre sentito maggiormente a
suo agio rispetto a qualsiasi altro posto, e così si era mosso leggermente
sotto a quelle lenzuola, aveva cercato di apprezzare una volta di più il suo
trovarsi ancora là dentro, quasi incapace adesso di desiderare di meglio. Era
stato allora che i suoi pensieri avevano avuto un sussulto: aveva aperto la
bocca, si era ricordato qualcosa, aveva provato il desiderio di dire una parola
alla quale precedentemente non aveva dato importanza, ma che adesso pareva
fondamentale.
Vuole
parlare, aveva detto qualcuno, tiriamolo su, aiutiamolo. A lui era venuta a
mente una ragazza che aveva perso di vista tanti anni prima, ma che adesso
pareva parlargli dentro a un orecchio, come se fosse lì, con l’espressione di
allora, con la stessa bellissima voce, e lui adesso provava tutta la voglia di
rispondere a quel forte richiamo, dire subito a lei le cose che gli erano parse
superflue in altri momenti, ma che ora parevano tutte rifiorire nella sua
mente, quasi a fargli ancora provare sensazioni lontane.
Velocemente
però tutto parve svanire, se non quell’affanno sempre più forte, quella
concretezza del male che tornava a martellare il suo corpo, a renderlo incapace
di qualsiasi altra cosa che non fosse soffrire senza rimedio. Poi Luciano la
vide di nuovo quella ragazza, era lì, accanto a lui, gli diceva di farsi
coraggio, che tutto ciò che non era stato capace di dire e di fare era soltanto
una parte poco importante. Ciò che sei stato invece non è marginale, diceva; il
tuo percorso si è definito insieme ai tuoi gesti, ai tuoi pensieri, ai tuoi
desideri. Non importa ciò che è rimasto apparentemente incompiuto o non fatto;
era così che le cose dovevano andare, la tua vita è sia ciò che sei stato, che
ciò che avresti desiderato di essere.
Bruno
Magnolfi
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