giovedì 18 agosto 2011

(Profilo n. 13). Incontenibile mare.

            
            Cammino lentamente lungo la strada, mi fermo un momento ad osservare il negozio della signora Maria, poi proseguo fino alla fermata degli autobus. Non c’è nessuno, mi siedo sopra la panca metallica, ogni dieci minuti arriva un mezzo pubblico, scendono due o tre persone e se ne vanno svelte per i fatti propri. Osservo tutto ciò che si muove attorno a me, il tempo sembra proprio corra parallelo a questi semplici elementi ordinari; le auto che transitano, l’autobus che sbuffa  quando apre le porte pneumatiche, le persone che hanno occhi soltanto per le proprie preoccupazioni.
            Il tempo, ecco, tutto questo tempo la cui quantità, in una sola volta, inebria come un mare scuro e profondo, e che qui invece è scandito goccia per goccia nella trasparenza inefficace della quotidianità. Mi alzo, torno indietro fino al negozio della signora Maria, ne guardo la vetrina fermandomi, lei forse mi vede, vorrebbe sorridermi, penso, ma non lo fa, o non lo fa ancora. Ci conosciamo da trent’anni, penso mentre la guardo; io passo ogni giorno da qui, ne osservo il profilo, lei sa di piacermi anche se non ci siamo scambiati mai una sola parola.
            Ma oggi è diverso, penso: lei viene verso la porta vetrata, la apre, esce sul marciapiede, dice buongiorno, poi continua a guardarmi negli occhi. Mi dispiace, dico io sottovoce, di darle tutto questo fastidio; ma non riesco proprio a fare a meno di comportarmi così. Lo so, dice la signora Maria; poco per volta ho continuato ad affezionarmi ai suoi modi, alla maniera di fermarsi davanti al negozio, alle sue rughe profonde, da uomo saggio, con quegli occhietti vivi che osservano sicuramente molto di più di tutto quello che vedono. Non so come ringraziarla, dico io, di queste parole. Mi piacerebbe tenerle la mano, starle vicino, anche soltanto sentirla respirare, sapere che qualcosa brilla ancora dentro di noi, nonostante la nostra età già avanzata. Non siamo ancora diventati sterili come sono ormai tutti, dico io, sappiamo gioire delle piccole cose, un semplice gesto apre ancora per noi tutte le porte. Lei continua a guardarmi, ma non dice niente.
            La signora Maria non risponde a questi pensieri, resta là dietro a quel suo bancone dentro al negozio, impegnata con qualche cliente, però si lascia guardare, mi permette di fare dei sogni su qualsiasi cosa io mi senta di desiderare; forse ride di me certe volte, penso, e delle mie fantasie in cui lei viene fuori, sul marciapiede, mi viene incontro, quasi fermando per un attimo questo stupido tempo che prosegue per sempre a sgocciolare fuori con ritmicità da un contenitore di mare dentro al mio povero cuore; poi lei dice soltanto: lo so, lo sento tutto quello che scorre, non potrebbe essere in altra maniera.   


            Bruno Magnolfi

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