Quasi
ogni sera, attraverso i muri sottili di quella palazzina di recente
costruzione, si sentiva quella coppia litigare, tanto da non provare più, per
quelle urla continue e quegli strepiti, una vera e propria meraviglia. Al
contrario, era stato proprio quel silenzio improvviso, iniziato alla metà del
mese e proseguito per diverse settimane, a proporre a tutto il vicinato una
vera e propria variazione dei comportamenti di quei giovani sposini, una novità
talmente inusuale da destare molta curiosità nelle famiglie di tutto il
condominio.
Qualcuno
dei coinquilini si era spinto poi a valutare con maggiore attenzione, soffermandosi
sul pianerottolo davanti a quel loro portoncino, ogni più piccolo segno che potesse
assumere rilievo in quella vicenda, senza però riuscire a trovare niente di
diverso rispetto al periodo precedente, ed altri avevano lanciato più di uno
sguardo alle finestre di quell’appartamento che si affacciavano proprio sulla
strada, ma tali indagini sommarie non avevano condotto proprio a niente, se non
a constatare che nulla di rilevante doveva essere accaduto, anche se la
curiosità di tutti proseguiva ad imperare. Ogni mattina ambedue gli occupanti
della casa, presa in affitto da non più di sette o otto mesi, uscivano presumibilmente
per andare a lavorare, anche se con orari leggermente differenti, ed ogni sera
rientravano quasi contemporaneamente, tenendo in apparenza un comportamento
così ordinario, adesso che pareva filassero in perfetto accordo, da destare in
chi teneva d’occhio ogni loro movimento, più di un fondato sospetto.
Ormai
dai loro muri, quando i due sposi si trovavano in casa, si sentivano provenire
soltanto deboli rumori e quasi mai una parola o un accenno di discussione, come
se al periodo precedente fosse seguita una tregua forte e duratura che teneva
tutti nel dubbio e nell’attesa di qualche nuovo evento. Solo la televisione,
nella normale consuetudine di tutto il resto del quartiere, regnava
incontrastata in quella casa, sintonizzata generalmente negli orari giusti sui
canali che trasmettevano i notiziari nazionali.
Il
vicinato, naturalmente, per non apparire troppo ansioso, evitava di parlare di
quella materia lungo le scale e nelle zone comuni, ma nel chiuso delle famiglie
quello era velocemente diventato quasi un argomento d’obbligo, tanto da
spingere qualcuno, senza peraltro ricavarne alcuna novità, a chiederne notizia
allo stesso amministratore del loro condominio, un uomo grigio e piccolo che si
vedeva di rado lì nei pressi, però sempre vestito elegantemente, dispensatore
di complimenti e di saluti verso tutti.
L’epilogo
avvenne in un pomeriggio afoso della fine di quell’agosto, quando tutti erano
ormai rientrati dalle loro brevi vacanze, ed erano velocemente ritornati ad
appoggiare il proprio orecchio alle pareti, nella speranza di captare qualche
segno di quei vecchi litigi che avevano riempito di soddisfazione tante
monotone serate. L’ora era quella del tardo pomeriggio, quando i bambini, sotto
al controllo delle mamme, si fermavano a giocare nei giardinetti davanti alla
loro palazzina, e gli uomini, tornando a casa dai rispettivi luoghi di lavoro,
si fermavano volentieri a scambiare qualche parola di fronte al loro
condominio. I due improvvisamente si erano affacciati alla finestra,
appoggiando gli avambracci sopra al davanzale e meravigliando tutti, qualcuno
immaginando fosse una finta, per la serenità di cui riuscivano improvvisamente a
dare mostra. C’era stato un attimo d’attesa, naturalmente, mentre tutti, di tre
quarti, con apparente disinteresse, avevano
continuato, senza perdere una virgola, a tenerli d’occhio; poi quelli avevano
accostato con lentezza le imposte della loro finestra, come per ritirarsi nell’appartamento,
ma in realtà mostrando con soddisfazione, a tutto il vicinato là riunito, un
cartello che campeggiava attaccato sull’esterno di quelle semplici persiane:
affittasi, diceva, quasi come uno schiaffo a tutto il condominio, e forse, a
ben vedere, a quell’intero quartiere.
Bruno
Magnolfi
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