venerdì 12 agosto 2011

(Profilo n. 12). Nessuna alternativa.

            

            Come era già accaduto altre volte, perfino il giorno precedente la festa patronale del paese, mentre sistemavo accanto al marciapiede la mia motocicletta, avevo visto un gruppo di persone che bisbigliava indubbiamente qualcosa sul mio comportamento, guardandomi e commentando i miei gesti, i miei modi, la mia persona. A me interessavano ben poco i discorsi fatti da certa gente, così fino ad allora mi ero sempre preoccupato soltanto delle mie faccende, lasciando il vicinato ai suoi sterili e monotoni discorsi, anche se, a lungo andare, iniziavo a sentirmi piuttosto infastidito da quei loro modi.
            Lo sapevo benissimo cosa pensassero tutti di me: ero uno strano, forse troppo magro, sempre vestito di scuro, abitavo da solo e restavo sempre in silenzio, non mi fermavo mai a parlare con nessuno di loro, e anzi, spesso scansavo tutte le persone che parevano osservarmi perennemente con la coda dell’occhio, forse per tenermi maggiormente sotto controllo. Probabilmente qualcuno di loro aveva addirittura paura di me, che potessi avere dei poteri malefici nei loro confronti, per esempio, ma nessuno, in quei dieci mesi da quando abitavo in quella casa, aveva cercato di dirmi qualcosa intorno a quegli argomenti. Avevo una rendita e non lavoravo, così questo fatto, agli occhi di quegli sciocchi paesani, era forse ancora più pesante del resto.
            Sistemata la motocicletta ero entrato nella mia casa, un’abitazione grande e ben fatta che avevo ereditato da uno zio morto diversi anni prima, e qualcuno mi aveva seguito con lo sguardo fino a quando non avevo richiuso il portone, ma inizialmente non mi ero preoccupato per nulla: niente di diverso dal solito, avevo pensato; tutti si aspettano qualcosa da me che non sanno neppure cosa sia, e proprio per questo forse hanno paura dei miei gesti, del mio modo di guardare le cose, dei miei comportamenti. Ma una volta salite le scale interne e arrivato nella mia stanza preferita, avevo osservato attentamente la strada scansando leggermente le tendine della finestra, e avevo visto che loro erano ancora là, e sembrava complottassero qualcosa, forse stavano decidendo di affrontarmi una volta per tutte, e magari avvertirmi che in quel paese non ero assolutamente ben visto e che forse era meglio se me ne andavo al più presto possibile. 
            Ma io non volevo darla vinta a quella gente senza cervello, anche se mi sentivo ben stufo di tutte quelle faccende, usavo la mia motocicletta per farmi dei giri in campagna quasi ogni giorno, qualche volta arrivavo in città, e il resto del tempo lo passavo in casa mia a dipingere, a leggere e a prendere appunti: non davo proprio fastidio a nessuno. Ma capivo però che un comportamento del genere non era con facilità tollerato, e adesso che si annunciava la festa patronale di quel paese, il sospetto che potessi in qualche modo amareggiarla con la mia presenza o con qualche sistema che solo io potevo conoscere, secondo loro, si era sicuramente fatto più forte.
            Quando tornai ad uscire di casa vidi che la mia motocicletta era stata gettata per terra, quasi un avvertimento per quello che sarebbe potuto accadermi, così mi limitai a rimetterla in piedi e ad assicurarmi che non ci fossero danni; decisi subito che per dare un dispiacere a qualcuno, nonostante non fossi credente, avrei partecipato senz’altro alla festa cattolica del giorno seguente, detti un’occhiata alla strada che adesso appariva deserta, misi in moto e andai a fare i miei giri. Non era simpatico quello che stava accadendo, ma non sapevo in nessuna maniera come contrastare quel comportamento di aperto disprezzo verso di me.
Infine decisi di andare a parlarne col parroco. Lo trovai in chiesa che stava preparando gli addobbi per San Lorenzo, e lui non disse niente di nuovo, era a conoscenza di cosa stesse accadendo, soltanto mi pregò di avere pazienza e di tenermi a distanza per il giorno seguente, cosa che mi fece imbestialire ancora di più. Il mattino del giorno di festa mi alzai molto presto, caricai sulla mia motocicletta un bagaglio leggero e me ne andai: avrei chiesto in seguito a qualcuno di mia conoscenza di venire con un furgone a prendere il resto della mia roba; la casa potevo metterla in vendita anche da subito. Nient’altro mi pareva possibile.


Bruno Magnolfi 

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