Come
era già accaduto altre volte, perfino il giorno precedente la festa patronale
del paese, mentre sistemavo accanto al marciapiede la mia motocicletta, avevo
visto un gruppo di persone che bisbigliava indubbiamente qualcosa sul mio
comportamento, guardandomi e commentando i miei gesti, i miei modi, la mia
persona. A me interessavano ben poco i discorsi fatti da certa gente, così fino
ad allora mi ero sempre preoccupato soltanto delle mie faccende, lasciando il
vicinato ai suoi sterili e monotoni discorsi, anche se, a lungo andare,
iniziavo a sentirmi piuttosto infastidito da quei loro modi.
Lo
sapevo benissimo cosa pensassero tutti di me: ero uno strano, forse troppo
magro, sempre vestito di scuro, abitavo da solo e restavo sempre in silenzio,
non mi fermavo mai a parlare con nessuno di loro, e anzi, spesso scansavo tutte
le persone che parevano osservarmi perennemente con la coda dell’occhio, forse
per tenermi maggiormente sotto controllo. Probabilmente qualcuno di loro aveva
addirittura paura di me, che potessi avere dei poteri malefici nei loro
confronti, per esempio, ma nessuno, in quei dieci mesi da quando abitavo in
quella casa, aveva cercato di dirmi qualcosa intorno a quegli argomenti. Avevo
una rendita e non lavoravo, così questo fatto, agli occhi di quegli sciocchi
paesani, era forse ancora più pesante del resto.
Sistemata
la motocicletta ero entrato nella mia casa, un’abitazione grande e ben fatta che
avevo ereditato da uno zio morto diversi anni prima, e qualcuno mi aveva seguito
con lo sguardo fino a quando non avevo richiuso il portone, ma inizialmente non
mi ero preoccupato per nulla: niente di diverso dal solito, avevo pensato;
tutti si aspettano qualcosa da me che non sanno neppure cosa sia, e proprio per
questo forse hanno paura dei miei gesti, del mio modo di guardare le cose, dei
miei comportamenti. Ma una volta salite le scale interne e arrivato nella mia
stanza preferita, avevo osservato attentamente la strada scansando leggermente le
tendine della finestra, e avevo visto che loro erano ancora là, e sembrava
complottassero qualcosa, forse stavano decidendo di affrontarmi una volta per
tutte, e magari avvertirmi che in quel paese non ero assolutamente ben visto e
che forse era meglio se me ne andavo al più presto possibile.
Ma
io non volevo darla vinta a quella gente senza cervello, anche se mi sentivo
ben stufo di tutte quelle faccende, usavo la mia motocicletta per farmi dei
giri in campagna quasi ogni giorno, qualche volta arrivavo in città, e il resto
del tempo lo passavo in casa mia a dipingere, a leggere e a prendere appunti:
non davo proprio fastidio a nessuno. Ma capivo però che un comportamento del
genere non era con facilità tollerato, e adesso che si annunciava la festa
patronale di quel paese, il sospetto che potessi in qualche modo amareggiarla
con la mia presenza o con qualche sistema che solo io potevo conoscere, secondo
loro, si era sicuramente fatto più forte.
Quando
tornai ad uscire di casa vidi che la mia motocicletta era stata gettata per
terra, quasi un avvertimento per quello che sarebbe potuto accadermi, così mi
limitai a rimetterla in piedi e ad assicurarmi che non ci fossero danni; decisi
subito che per dare un dispiacere a qualcuno, nonostante non fossi credente,
avrei partecipato senz’altro alla festa cattolica del giorno seguente, detti
un’occhiata alla strada che adesso appariva deserta, misi in moto e andai a
fare i miei giri. Non era simpatico quello che stava accadendo, ma non sapevo
in nessuna maniera come contrastare quel comportamento di aperto disprezzo
verso di me.
Infine decisi di andare a
parlarne col parroco. Lo trovai in chiesa che stava preparando gli addobbi per
San Lorenzo, e lui non disse niente di nuovo, era a conoscenza di cosa stesse
accadendo, soltanto mi pregò di avere pazienza e di tenermi a distanza per il
giorno seguente, cosa che mi fece imbestialire ancora di più. Il mattino del
giorno di festa mi alzai molto presto, caricai sulla mia motocicletta un
bagaglio leggero e me ne andai: avrei chiesto in seguito a qualcuno di mia
conoscenza di venire con un furgone a prendere il resto della mia roba; la casa
potevo metterla in vendita anche da subito. Nient’altro mi pareva possibile.
Bruno Magnolfi
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