Oggi non ho voglia di
niente, dico a me stesso mentre mi trattengo sulla soglia dell’ingresso di
questo Circolino dove ogni pomeriggio degli ultimi anni sono venuto a giocare alle
carte con tanti altri pensionati come me; tutta gente, quella che si ritrova
qua dentro, che non sa proprio come passare il tempo, se non sfidandosi
perennemente a briscola e a tresette. Non voglio pensare che in me si sia rotto
qualcosa di questo stupido incantesimo che mi costringe ogni giorno ad arrivare
fin qui, domani magari tutto riprenderà il suo andamento normale, ma intanto
oggi resto fermo davanti alla porta di questo locale, solo per rendermi conto
che improvvisamente non ho voglia neppure di entrare, ed anzi continuo a
pensare di andarmene, togliermi da qui prima che qualcuno degli altri mi
chiami, mi chieda cosa mai stia facendo, o altre cose del genere. Sto pensando
ad una diversa destinazione, tutto qua, anche se per adesso non ne trovo nessuna,
e mi sembra anche di non avere alcun posto dove trascorrere il resto del
pomeriggio, niente di niente dove possa sentirmi una persona migliore, piuttosto
di apparire uno che riesce soltanto a passare qualche ora dentro a un qualsiasi
Circolo delle carte.
Alla fine muovo
qualche passo allontanandomi da lì, ma mi limito a camminare lungo le strade di
questo quartiere, guardandomi attorno e riflettendo con piacere su questo tempo
libero rubato al gioco di carte: mi pare di stare bene, perfettamente, come
forse non mi sentivo da tanto. Non mi sento così anziano da non essere capace
di scegliere altro da fare, però fino ad oggi non ci avevo mai ragionato su
questo argomento, perché è difficile togliersi di dosso certe abitudini,
qualche volta sembra proprio che quasi non esistano nient’altro che quelle,
come se solo riconoscendosi in certe pratiche si potesse sentirsi persona, come
dentro ad un’uniforme, che ti fa sembrare appartenente ad un gruppo, ad una
collettività definita.
Osservo la gente che
gira per questi marciapiedi, e immagino i loro problemi, le loro destinazioni,
penso che magari qualcuno di loro è semplicemente alla ricerca di qualcosa da
fare, proprio come sto facendo anche io. Infine mi siedo su una panchina della
fermata del bus, accanto a me c’è una signora, dico buonasera, tanto per
attaccare, lei mi risponde ma con una certa distanza. Vorrei soltanto imparare
ad essere cortese, dico alla signora facendole un sorriso; non sono molto
pratico di buone maniere, proseguo, ma credo che questo potrebbe essere il modo
migliore per farmi diventare un buon cittadino. Salutarsi, essere cortesi,
scambiare delle opinioni sulle piccole cose di ogni giorno, dico ancora, e poi
magari riconoscersi in un modo di fare o di essere, e trovare delle affinità,
qualcosa che non ci lasci così distanti come potrebbe sembrare.
La signora mi guarda,
dice soltanto che parlo bene esponendo queste mie idee, ma la realtà ci ha
fatto diventare tutti un po’ ostili, chiusi ognuno nella propria corazza, e la
diffidenza che continuamente mostriamo è solo un prodotto del mondo
contemporaneo. Non era quello che volevo sentirmi dire, penso, in ogni caso il
punto di vista della signora è giustificato. Arriva il bus e lei sale, non
prima di avermi lanciato un debole saluto. Mi guardo attorno, poi mi alzo da
questa panchina: non so proprio cosa vorrei, non riesco a comprenderla questa
strana giornata, eppure so che da qualche parte deve portarmi. Riprendo a
camminare, ma mi sento un po’ solo, adesso che la signora mi ha fatto presente
quanto ognuno vada avanti soltanto per se stesso, standosene staccato dagli
altri. Forse è così, penso, però non avrei mai condiviso con qualcuno una cosa
del genere se fossi rimasto al Circolino a giocare alle carte. Mi piace questa
realtà che non conosco, su cui non ho mai riflettuto: in fondo forse è soltanto
questa la buona ragione che andavo cercando.
Bruno Magnolfi
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