martedì 23 ottobre 2012

Dialogo n.6. Conoscenza superficiale.


           

            Il mondo, fuori dal finestrino del vagone ferroviario di seconda classe, appare a quell’ora quasi sempre il medesimo, con quel paesaggio monotono che scorre là fuori, composto dallo stesso susseguirsi di campi coltivati, di case e di qualche boschetto, ai piedi di alcune colline basse. La signorina Ester, anche quel giorno, seduta come sempre accanto al vetro, prosegue nella lettura svogliata di qualche riga di un libro che porta sempre con sé, attività a cui in genere si dedica per tutto il viaggio, come se per lei non ci fosse nient’altro di meglio da fare per riempire quel tempo noioso. Poi però, quel giorno qualsiasi, richiude il suo piccolo volume, ed osserva qualcosa correre via in un punto non precisato, fuori dal finestrino ben chiuso.
            Lei, quando è possibile, si siede sempre in uno scompartimento vuoto di gente, in modo da fare quel breve quotidiano viaggio da sola, senza nessuno con cui dover scambiare qualche parola forzata, perché gli argomenti sono sempre i medesimi, il tempo, il paesaggio, il rispetto degli orari da parte del treno, e lei dopo tutti quegli anni trascorsi come uno dei tanti pendolari, è ormai stufa di quel tipo di conversazione.
            Il ragazzo che si è seduto di fronte a lei, però, le ha sorriso semplicemente, senza dire alcuna parola; ha sistemato il suo voluminoso zainetto sopra al sedile, ha come riflettuto qualcosa, immerso per un attimo nei suoi pensieri, poi si è preoccupato soltanto di alcuni fogli che ha tirato fuori da una cartella. Ed infine ha segnato qualcosa con una matita sulle sue carte, come fosse un appunto a margine di tante altre cose, forse di altri appunti, di altre riflessioni ulteriori.
            Poi, dopo un attimo in cui casualmente si sono guardati, lui ha chiesto con una certa dolcezza, rivolgendosi alla signorina Ester, se lei fosse sposata, ma lo ha fatto in un modo tale che la signorina Ester non si è sentita di rispondergli, usando un modo secco come forse meritava una domanda del genere, che quelli non erano fatti che lo riguardassero. Così lo ha osservato, e si è limitata a sorridergli, come colta da una sorpresa qualsiasi, forse poco importante, per poi subito dire, ma abbassando la testa, quasi con una certa vergogna: no, non lo sono. Naturalmente ha subito aggiunto: perché me lo chiede?; ma il ragazzo ha fatto un piccolo gesto con una mano, ed ha lasciato cadere quella domanda, come fosse poco influente in ciò che aveva dentro la testa, anche se dopo un attimo è tornato a guardarla, come volesse chiederle ancora qualcosa.
            Mi piacerebbe sapere tutto di lei, ha detto come parlasse a se stesso; ma soltanto perché sono curioso, mi piacciono le persone, mi sembra sempre che ogni espressione di una faccia, o di un modo di dire, nasconda tutto un mondo particolare, ricco di elementi importanti, da cui è doveroso imparare tutto ciò che è possibile. E’ quel mondo che a me piace oltremodo, da cui sono attratto, fino a spingermi certe volte a fare domande a sproposito, verso persone che non ho neppure mai visto prima, proprio come adesso. Mi scusi, perciò.
            La signorina Ester lo ha guardato con divertita attenzione, ci ha pensato su un attimo: tra loro due ci saranno vent’anni di differenza, ne è consapevole, e così alla fine si è sentita di dirgli: allora mi chieda tutto quello che desidera sapere, non ci sarà mai un’occasione migliore di questa. Probabilmente non ci vedremo mai più, e lei non può proprio lasciarsi sfuggire questa ghiotta opportunità, un momento in cui una persona ordinaria come mi sento io in questo momento, prova la voglia impellente di rivelare tutto di sé, qualsiasi cosa che ad un qualsiasi estraneo possa minimamente incuriosire. Avanti, conclude, che cosa vuole sapere?, da dove vuol cominciare?
            Il ragazzo appare spiazzato, non si aspettava quella reazione, così balbetta qualcosa, poi infine chiede soltanto se lei prende spesso quel treno. La signorina Ester sorride, poi inizia a ridere sempre più forte, e alla fine gli dice: quello che lei vorrebbe sapere davvero non è cosa che si può chiedere; si può soltanto dedurre, immaginare, farne delle supposizioni, tutto ciò soltanto sulla base di alcuni sciocchi elementi che possiamo notare o scambiarci inconsapevolmente. E’ su quello che lei deve far forza, è questa la sua vera materia, questo ciò da cui deve sentirsi interessato davvero, perché sarà soltanto in questa maniera che la sua curiosità riuscirà davvero ad appagarsi.

            Bruno Magnolfi

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