Cammino per strada, svogliatamente, incrocio una donna,
forse svogliata esattamente come me, così l'osservo, e lei mi getta uno sguardo.
Faccio una passeggiata senza voglia e senza alcun impegno,
vedo un uomo piuttosto interessante, non c'è niente di male se lo guardo per un
attimo, penso; poi lo supero e tiro diritto, senza voltarmi.
Mi volto, forse non è molto corretto, ma che fa, non ho
niente da perdere, e poi quella donna mi piace, secondo me ne vale proprio la
pena.
Sono sicura, quell’uomo mi sta osservando da dietro, e
questo mi piace, così, tanto per dargli una possibilità, fingo di provare un
piccolo dolore ad un piede, perciò mi fermo, sollevo leggermente una gamba, e con
la mano mi sfioro la caviglia.
Non posso fingere che non stia accadendo niente, ho
soltanto un'occasione per conoscere questa donna, devo per forza approfittarne,
non sarei più lo stesso se non lo facessi.
Mi sembra che quest’uomo dubiti di sé un po' troppo a
lungo là dietro, a mio parere dovrebbe chiedermi adesso se ho bisogno di aiuto,
ed io forse potrei dire semplicemente: si, grazie; e lui accompagnarmi almeno fino
alla più vicina panchina.
So che questa donna sta sicuramente aspettando che io
intervenga, per questo la faccio attendere, non vorrei apparirle scontato, non
sono il tipo che va dietro alla prima che passa.
Appoggio la scarpa sul marciapiede: stai perdendo la tua
occasione, bello, non so se te ne stai rendendo conto, penso con un certo
cinismo.
Mi muovo lentamente verso di lei, dico: bisogno d'aiuto?
Mi volto, lo guardo con serietà; non è niente, rispondo,
e lui: se vuole l'accompagno fino ad una panchina.
Grazie, dico; fingo di zoppicare leggermente, lui mi
accompagna fino al caffè a pochi passi di distanza, poi entriamo.
L’accompagno sorreggendola per un braccio fino ad un bar,
con fare cortese la lascio sedere ad un tavolo libero, l’aiuto in quella
manovra, poi le sorrido.
Ringrazio; un caffè macchiato, dico quasi sottovoce al
cameriere; poi osservo di nuovo quest’uomo, ma soltanto per un momento.
Anche per me, faccio io, e intanto mi siedo con calma di
fronte a lei.
Non è niente, spiega la donna, mi è quasi passato questo
piccolo dolore alla caviglia.
Bene, fa l’uomo, comunque sono contento di esserle risultato
utile.
Non c’è affatto bisogno che io dica il mio nome, pensa
lei, così come non ho affatto intenzione di chiedere a lui come si chiami. Ci
stiamo conoscendo, in qualche maniera, nei modi, nei comportamenti, nel modo di
parlare, e questo mi pare sufficiente.
Non le chiederò come si chiama, pensa lui, a meno che non
lo dica lei spontaneamente; in ogni caso non starò a presentarmi per primo,
sono cose superate, senza alcun significato.
Arrivano i caffè, loro due avvicinano contemporaneamente
le tazzine alla bocca, si guardano senza insistenza, sembra quasi non abbiano
molto da dirsi.
Bene, faccio io, adesso mi sento molto meglio, la
ringrazio di nuovo, ma adesso devo proprio scappare.
D’accordo, rispondo con noncuranza, anche per me gli
impegni stanno quasi bussando alla porta.
Usciamo dal locale senza alcuna fretta, e appena fuori
passiamo ai saluti.
Arrivederci, si dicono; poi pensano: forse domani ognuno
di noi due si ritroverà a passare ancora da qui; si, sarà molto probabile. Però
anche se questo forse capiterà veramente, riflettono ancora, senz’altro sarà qualcosa
che accade per combinazione, in maniera assolutamente casuale.
Bruno Magnolfi
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