Qualcuno parla a voce
alta in fondo alla strada. Sono soltanto tre o quattro persone che discutono di
qualcosa, ma in un modo neppure troppo animato, soltanto spiegando con una
certa intensità ognuno il proprio punto di vista. Lui va loro incontro
camminando con calma, mentre si fuma una delle sue sigarette che ha appena
arrotolato tra le dita in maniera sapiente. Poi si ferma, ad una distanza di
pochi metri da loro. Quelli interrompono i loro discorsi e lo guardano, come
aspettandosi forse una domanda, o un’affermazione, insomma qualcosa a cui
sembra si stiano già preparando. Lui invece non dice niente, nemmeno li guarda,
attende appena un altro attimo, e quindi riprende il passo di prima. Li supera
senza espressioni, mentre loro lo fissano aspettando ancora, prima di poter
ricominciare a discutere come prima.
“Bisogno di qualcosa,
forse”, chiede uno in maniera indiretta, proprio per non lasciare andar via
questo estraneo senza aver fatto almeno un tentativo per scoprire chi è, cosa
mai ci faccia da quelle parti. E lui torna a fermarsi, si volta, guarda
attentamente il tizio che ha appena parlato, poi prende ancora una boccata di
fumo, e quindi prosegue. Al gruppo non piace dover sopportare un atteggiamento
persino troppo spavaldo, così un altro tra loro chiede con voce decisa se abbia
per caso sbagliato strada passando da lì, ma lui ancora non dice niente, solo
torna a fermarsi, si gira indietro verso di loro, ed infine fa qualche passo indolente
avvicinandosi al gruppo, come per affrontarlo bonariamente, ma conservando
un'espressione seriosa.
Gli altri a questo
punto fingono subito una certa indifferenza, forse per non avere dei guai, e si
rimettono a parlottare tra loro, ignorandolo completamente, come fosse quest’uomo
un semplice intruso che tra un attimo probabilmente se ne andrà e non darà più
fastidi. “Dobbiamo essere trasparenti”, dice invece lui guardando con curiosità
le dita della sua mano stesa per aria, quasi se d’improvviso scoprisse di avere
quell’arto composto di puro vetro, capace di mostrare i nervi, le vene, i
muscoli e tutti gli altri suoi componenti sotto alla pelle fattasi
improvvisamente inconsistente. Quelli non ribattono niente: se avesse da porre
una domanda, forse sarebbero pronti a rispondergli, ma dover confrontarsi con
uno probabilmente mezzo matto, non è cosa per loro.
Lui spenge la sua sigaretta sotto la suola di una scarpa,
poi bofonchia ancora qualcosa sorridendo tra sé con fare compiaciuto, infine se
ne va, lasciando involontariamente cadere per terra, mentre sta infilandosi le
mani dentro le tasche, una banconota di piccolo taglio. "Amico", dice
subito uno del gruppo raccogliendo i soldi da terra; ma lui si disinteressa di
tutto e riprende a camminare con la stessa cadenza iniziale. Allora il tizio,
con la banconota ancora sulla punta delle sue dita, gli va dietro rapidamente, quasi
lo affianca, gli fa presente quello che gli sta succedendo. "Grazie",
fa lui con un certo distacco, anche se sfila lentamente i suoi soldi dalla mano
dell'altro; "sono giusto i quattrini che mi servono per un buon
caffè".
“Domani tornerò”, dice poi a voce alta, in pratica
parlando con tutti i presenti. “Ho intenzione di trasferirmi da queste parti
prossimamente, ed ho bisogno di avere informazioni sulle persone che risiedono
in questo quartiere. Sono un tipo tranquillo, non cerco guai e non creo neppure
problemi; però ho bisogno che chi mi abita vicino adotti il mio stesso buon
senso, e soprattutto mi venga ad informare se per caso qualcosa non gira in
maniera adeguata. Perché nonostante io sia uno straniero”, dice poi a voce più
bassa; “questo non vuol dire che abbia intenzione di vivere male”.
Bruno Magnolfi
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