Mi
manca Luciana. Purtroppo, le è presa un’infezione, mi ha detto suo padre, e
così è stata ricoverata in clinica per una serie di accertamenti, e considerate
le sue condizioni, fino a quando non si scoprirà esattamente da cosa deriva
questo suo stato, non è neppure possibile farle una visita. Ho provato a
telefonarle, ma non sempre può rispondere all’apparecchio, e così mi ha
spiegato che sarà lei a chiamarmi, appena le sarà concesso. Vorrei essere più
indifferente a certe cose, ma al contrario mi ritrovo continuamente a pensare a
Luciana ed al suo dover stare ferma e distesa in un letto di ospedale, proprio
lei che è abituata a muoversi e ad occuparsi di tante cose. Passerà, rifletto,
questo momento negativo. Torneremo presto a vedersi e a parlare con piena
sincerità tra noi due, proprio come avevamo fatto in questo ultimo periodo,
anche se non abbiamo mai scambiato alcuna particolare intimità. In questi
giorni ho smesso anche di andare alla tavola calda dove lei lavora, quando sta
bene, proprio per non mettere suo padre in imbarazzo, e costringerlo in qualche
modo a spiegarmi ancora una volta qualcosa sulle sue condizioni di salute.
Preferisco starmene alla larga, non perché sia disinteressato alle notizie che
la riguardano, quanto per la mia evidente abilità nel sentirmi immediatamente
un ficcanaso, andando a curiosare tra i problemi degli altri, e nel dover
ascoltare delle opinioni risapute che preferirei comunque sentire da lei stessa
e dalla voce sua.
Poi,
mentre sono in ufficio con tutto il daffare che fortunatamente tiene impegnata
la mia testa, telefona Elisabetta. La scusa è quella di avere delle notizie che
le mancano su un vecchio cliente che si era rivolto a noi qualche tempo fa, ed
ora sembra si sia rifatto vivo con lei; ma dopo le immediate precisazioni, e
qualche scarsa informazione oltre quelle che lei già conosce, e che comunque le
fornisco, giunge alla fine la domanda attorno a cui ruota tutto il sacrificio
che probabilmente le costa, ad una donna con il suo carattere, alzare
l’apparecchio e comporre il mio numero. <<Come va?>>, mi chiede
addolcendo impercettibilmente il tono della voce, con tutte le implicazioni che
stanno dietro a questa sua richiesta. Resto sul vago, le spiego che in questo
momento stiamo accumulando una serie di informazioni raccolte dai ragazzi che
lavorano in esterno, e la vera difficoltà è soltanto quella di elencare, e poi
svilupparle in ordine di importanza, tutte le notizie che siamo capaci di
mettere insieme, per cercare di dare un seguito positivo a tutto quanto, fino a
presentare naturalmente delle offerte ai possibili clienti. Mi pare di aver
risposto degnamente, senza dare un’impronta troppo personalistica al lavoro, e
restando anche abbastanza sul vago, proprio per non portare a confliggere la
mia agenzia immobiliare con la sua, ma lei affonda subito su ciò che le
interessa: <<E tu come stai?>>, mi chiede d’improvviso, facendomi
intimidire per un modo di comportarsi che non le conoscevo, nonostante i tanti
anni di attività svolti insieme a lei.
Mi
riesce di divincolarmi, inventando che c’è qualcuno in ufficio che sta
chiedendo in questo momento proprio di me, e così appendiamo momentaneamente la
telefonata, rinviando ogni eventuale chiacchiera ad un diverso giorno,
dicendoci: <<Ci risentiamo>>, quasi come due vecchi amici,
piuttosto che degli attuali avversari che hanno smesso da pochissimo di giocare
per la stessa squadra. Quello che le ho detto comunque è assolutamente vero: i
ragazzi stanno lavorando bene, anche se in mezzo a tutto quello che riescono a
mettere insieme ci sono tante cose da scartare. Ed è questo ciò che sono
chiamato a fare in questa fase, anche se sopra al tavolo ho già delle richieste
di acquisto per alcuni appartamenti. Il mio socio fino ad oggi si è tenuto
distante dall’agenzia, sicuramente per non intromettersi nella mia attività di
direttore, ma sono sicuro che da un momento all’altro, visto che è lui ad aver
messo il capitale per aprire questa azienda, farà una visita a sorpresa per
vedere se cominciano ad arrivare i primi risultati. In tutto ciò mi sento
sempre più da solo, e persino queste vetrine luminose che si affacciano alla
strada mi sembrano troppo trasparenti per non farmi apparire quasi una
marionetta nelle mani di un sistema che mi sta trascinando dove vuole. Comunque
abbiamo messo in opera delle pareti mobili e opache dove più servivano, e già
una serie di grandi offerte immobiliari ben illustrate richiamano dal vetro
l’attenzione di chi passa sopra al marciapiede. Gli affari fioccheranno tra non
molto, ne sono già più che sicuro; si tratta di non avere troppa fretta e di
stringere sufficientemente i denti nella speranza che il momento attuale sia
soltanto quello più difficile da dover attraversare, fino a quando tutto
prenderà un suo corso, tranquillo, accettabile, senza troppe difficoltà, forse
proprio così come poteva essere stato il mio lavoro per Elisabetta fino a ieri,
se lei non avesse sempre mostrato il suo carattere scontroso ed individualista.
Bruno
Magnolfi