Il
mio vicino di casa mi ha fermato mentre scendevo le scale del mio appartamento
al terzo piano del condominio, e con cortesia mi ha ribadito quanto mi aveva
già detto tempo fa, a proposito del gatto della signora Gina, inquilina del
piano terra. <<Lei, che per mestiere si intende di appartamenti e di
condomini, converrà con me che non è più possibile sopportare una situazione
del genere in questo nostro palazzetto>>, mi ha detto subito. <<Siamo
arrivati al punto che la signora, tramite un fermo, lascia uno spiraglio al
portone condominiale anche durante la notte, per permettere al suo gatto di
andare e venire come meglio desidera. Invece questo portone deve rimanere ben
chiuso, almeno nelle ore notturne, sarà d’accordo con me anche lei,
spero>>. Annuisco, non mi interessa niente di questa polemica che si
trascina da tempo immemorabile, però non posso fare a meno di fingermi dalla
parte di questo conoscente che ogni volta mi mette al corrente delle scarse
novità. <<Dobbiamo fare senza dubbio una riunione di condominio su questo
problema>>, dice ancora, <<e mettere ai voti senz’altro una
risoluzione che non lasci alcuna possibilità di tolleranza, che in seguito
naturalmente ci obbligherà a vigilare sull’applicazione di quanto
stabilito>>. Gli dico subito che per me va anche bene, in fondo sono
d’accordo sul fatto che il portone debba rimanere chiuso, altrimenti non vedo
quale utilizzo possa avere, ma con una mano gli lancio il gesto di chi va di
fretta, ed adesso purtroppo ha perso anche troppo del poco tempo disponibile.
Mi
lascia andare confabulando qualcosa tra sé, ma fatti due passi mi richiama, e
dice che c’era una signorina che cercava di me un paio di giorni addietro. Mi
paralizzo, cerco al volo di capire chi mai potesse essere questa benedetta
donna che chiedeva del signor Landi, quindi me la lascio descrivere, anche se
il mio vicino non ha fatto molto caso ai suoi lineamenti. Lo saluto, ma mentre
ancora lo ringrazio mi sento quasi braccato da una situazione che fino a
qualche settimana addietro non avrei mai immaginato. Mi interrogo con
insistenza, ma convengo che potrebbe essere stata chiunque, tra le poche
ragazze che conosco, ad avere necessità di venirmi a cercare. Sicuramente per
parlarmi di persona, mi convinco, visto che al telefono è sempre difficile
affrontare degli argomenti magari un po’ delicati. In ogni caso, pur
applicandomi a fondo nel passare in rassegna le motivazioni che potessero
spingere una delle tre o quattro persone capaci di conoscere il mio indirizzo
di casa, mi trovo poco dopo già arreso nel constatare che c’è qualcosa che non
so, e che quindi non mi permette di comprendere niente. Allungo il passo, sono
in ritardo, rifletto, anche se nessun cliente si fa vivo in agenzia prima della
tarda mattinata. In ogni caso non voglio mostrare ad Elisabetta che mi sto
disinteressando del mio lavoro, anche se le ho preannunciato a breve le mie
dimissioni. Forse è questa la chiave, penso di colpo. Ma subito dopo la
escludo.
Entro
in ufficio sillabando un debole buongiorno verso la mia collega, lei mi
risponde ma senza guardarmi, ed io mi siedo come sempre alla mia scrivania. Lei
senza dubbio mi vede ogni giorno, se avesse qualcosa da dirmi non avrebbe
motivo di venire fino a casa mia, considerato che siamo soltanto in due a
lavorare in questa piccola agenzia immobiliare. Scorro sul terminale l’elenco
degli appuntamenti del giorno, ma sono soltanto due, fissati ad un’ora di
distanza per il primo pomeriggio, quindi posso prendermela comoda. Potrebbe
esser stata Luciana a cercarmi, per una sorpresa, ma anche questo probabilmente
è da escludere, considerata la sua personalità e soprattutto il fatto che mi ha
detto già con molta chiarezza che non desidera affatto, almeno per il momento,
recarsi a casa di un uomo, come me, che abita solo. Non ho spiegazioni, se non
che il mio vicino di casa si sia sbagliato, o che abbia voluto farmi uno
scherzo, oppure che sia un caso di omonimia. Prendo tempo, elaborando con
precisione, come faccio sempre, le informazioni sugli appartamenti da vendere,
evidenziando sul video le caratteristiche maggiormente spendibili con i
presunti clienti, ed infine metto le carte che servono dentro la borsa ed esco
dall’agenzia, giusto per fermarmi a mangiare un panino alla birreria di Lorenzo,
prima di riprendere a lavorare.
Ma ecco,
l’illuminazione che cercavo mi giunge mentre sono in strada: è stata Carla a
cercarmi, e tutti i dubbi che avevo sul suo intercedere nei confronti della
propria amica, vanno infine a segno. Vuole parlarmi, vuole forse darmi il suo
parere su ciò che sta succedendo, vuole farsi spiegare da me quali siano le mie
reali intenzioni, desidera conoscere bene quale sarà il prossimo futuro per la
sua amica Elisabetta. Oppure c’è persino qualcos’altro che agita le acque già
per me in piena tempesta. Devo saperlo, rifletto. Così prendo immediatamente il
telefono, e compongo il suo numero, rimasto in memoria dopo la sua ultima già
strana chiamata.
Bruno Magnolfi
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