Questo
ultimo lunedì, Luciana ed io siamo tornati al cinema, scegliendo una sala per
intenditori, dove solitamente si proiettano soltanto vecchie pellicole
d’autore. Dentro me stesso, anche in considerazione del regista di questo film,
notoriamente un autore piuttosto difficile e poco spettacolare nelle sue
realizzazioni, avevo già considerato di prestare il massimo dell’attenzione ad
ogni scena, in maniera da poter degnamente sostenere in seguito l’immancabile
conversazione sui nostri diversi pareri in cui sicuramente mi avrebbe
trascinato Luciana una volta usciti dalla sala, tanto più che lei mi ha
spiegato di provare da molto tempo un forte desiderio di vedere questo lavoro,
del quale ovviamente aveva già letto in precedenza alcune recensioni, al contrario
di me. Così ci siamo seduti in un ambiente piccolo e poco frequentato, almeno
quella sera, e la pellicola ha preso a svolgersi mostrando con chiarezza nella
prima parte un difficile rapporto tra una madre ed una figlia, tutto giocato su
dialoghi concisi e scene piuttosto lente e scarne. Personalmente ho subito
provato un vago senso di disagio per una trama in cui una madre viene disegnata
come una persona che ha sempre vissuto per sé stessa, pretendendo amore dagli
altri e senza mai contraccambiarlo. Così, nel buio del cinema, in
considerazione anche della freddezza reciproca che i due attori principali parevano
emanare nell’interpretare i loro ruoli, così diversi e distanti, mi è presa la
voglia di avvicinarmi un po’ a Luciana, anche solo per sfiorarle una mano, o
magari per appoggiare la mia spalla alla sua, rendendomi immediatamente conto
che sarebbe stata la cosa più ridicola da fare, e che l’avrei solo distratta e
infastidita mentre era totalmente immersa nella visione di questo vecchio
lavoro.
Per questo motivo
mi è venuto a mente, divagando un po’ rispetto all'attenzione completa per il
film che mi ero prefissato di tenere, che lo stato mio e di Luciana, in questo
momento, sembra proprio preda di uno stallo, tra me che non riesco a farmi
avanti, e lei che non appare più, come sembrava agli inizi, una persona così incoraggiante.
Poi, sulla pellicola, la figlia, spronata dai suoi parenti, suona il
pianoforte, quasi a mostrare quali siano i suoi recenti progressi su quello
strumento, e la madre, che è una nota concertista, le dà alla fine dei
suggerimenti che appaiono subito con evidenza come delle critiche severe, tanto
da mettersi al piano lei stessa ed interpretare daccapo la medesima sonata,
naturalmente in una maniera adesso impeccabile. Quando loro due infine prendono
una inevitabile ed accesa discussione sui torti e le mancanze reciproche del
passato, la madre le chiede comunque di perdonarla, ma la figlia le risponde
secca che non può. Non so cosa posso dire a Luciana di tutto questo, lei che ha
perso la mamma, con cui ancora abitava, ormai diversi anni addietro, e che
sicuramente ha una visione di questa storia piuttosto diversa dalla mia. Anche
io ho perso i miei genitori, ma praticamente dopo un lungo periodo durante il
quale avevo già deciso molto della mia vita e del mio lavoro, ed il distacco
graduale che c’era stato all’epoca, mi aveva portato a sentirmi comunque sempre
più distante dal loro modo di vedere le cose, al punto di considerarli, almeno
in certi momenti, quasi un impiccio, con le loro immancabili opinioni sulle mie
scelte.
Nell’ultima scena
poi la figlia scrive una lettera alla madre, che intanto è partita con un
treno, alleggerendo della propria presenza una situazione giunta molto al
limite. Naturalmente le chiede perdono a sua volta per averla fatta soffrire,
anche se con ogni evidenza la madre si è sentita ben felice di riprendere
rapidamente la sua vita mondana di pianista famosa. Ovviamente una pellicola
dove si mette in scena un vero dramma, e che va a scavare nei sentimenti più
profondi dell’amore filiale. Ai titoli di coda poi mi sono voltato verso
Luciana, mentre vedevo che si soffiava il naso; quindi, ci siamo alzati senza
dirci niente, e siamo usciti con calma dalla sala. Lei sembrava perplessa, mi
ha chiesto di portarla a bere qualcosa in un caffè, ma non mi pareva avesse
molta voglia di parlare. <<In fondo era soltanto un film>>, volevo
quasi dirle, ma mi sono trattenuto, immaginando che in lei si fossero
risvegliate delle sensazioni che forse erano rimaste sopite da parecchio tempo.
<<Forse era meglio uno spettacolo più leggero>>, ha detto lei alla
fine sottovoce, ed io le ho sorriso. Mi ha guardato negli occhi, ha come
raccolto le sue forze mentre sembrava tornare al presente da un lungo e
difficile viaggio nel passato; <<mi dispiace>, ha sillabato alla fine;
<<però dobbiamo anche attraversare certe prove se vogliamo veramente
sentirci più vicini>>. Ho annuito, sicuramente ha ragione, sono le cose
maggiormente intense quelle che formano i sodalizi più importanti. Forse vorrei
conoscere già adesso verso dove ci porterà questa strana amicizia che si è
innestata tra me e Luciana. Ma va bene così: abbiamo sicuramente molte cose da
scambiarci.
Bruno
Magnolfi
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