Stasera
sono andato a cenare alla tavola calda “da Mauro”. C’era Luciana a servire ai
cinque tavoli che compongono la saletta di questa rosticceria, ed io mi sono
seduto a quello appoggiato alla parete di fondo. Poco dopo, gli scarsi clienti
presenti se ne sono andati, e lei è venuta da me a fare un po’ di
conversazione, come sempre. <<Tra poco lascerò il mio lavoro>>, le
ho detto quasi sottovoce, <<per andare a svolgere mansioni superiori in
un'agenzia immobiliare più grande, dalle prospettive ottime. Ma sono teso,
preoccupato, dovrò cercare di dare il meglio di me stesso, e non sarà una cosa
facile>>. Lei mi ha guardato, e poi ha detto di essere sicura che tutto
sarebbe andato bene, e che in fondo meritavo proprio un miglioramento di questo
tipo. Ho sorriso, però mi ha fatto piacere ascoltare quelle parole; poi le ho
chiesto se ci saremmo visti ancora per i prossimi lunedì, quando lei è libera, oppure
se aveva altri programmi e si era stufata di portarmi al cinema. Ha riflettuto
un po’, quindi ha detto che le andava ancora bene, ma che avrei dovuto
scegliere io il prossimo spettacolo da vedere. Ho annuito, poi mi è venuta
voglia di dire che avremmo anche potuto farci un giro in macchina ascoltando la
musica alla radio, per esempio. Lei allora si è alzata senza replicare, è
andata nei locali sul retro per chiedere se per caso avessero bisogno di lei,
poi è tornata proprio quando un cliente tardivo è arrivato per farsi incartare
qualcosa per asporto. <<Come vuoi tu>>, mi ha detto alla fine.
<<Forse potremmo addirittura festeggiare il tuo nuovo lavoro, se ti va>>.
Poi
le ho pagato il conto, e quindi mi sono avviato per andarmene, ma Luciana mi ha
accompagnato fino sul marciapiede di fronte al locale; in silenzio, mi ha accarezzato
leggermente una mano, ed alla fine mi ha anche stampato un piccolo bacio sulla
bocca, come non aveva mai fatto fino a quel momento. Mi sono sentito felice
come un ragazzino, tanto che le ho sorriso quasi vergognandomi non so neanche
io di cosa, mentre mi allontanavo lungo la strada rischiarata da un lampione.
Ho pensato che se non riesco a comprendere ciò che pensa chi mi sta almeno più
vicino, sono ancora più solo di quello che appaio, e con Luciana devo essere
paziente, e cercare di capire i suoi tempi e le sue difficoltà. Non avevo
voglia di tornare subito a casa mia, ma sentivo la necessità di dire ancora a
qualcuno del mio lavoro, e del momento che stavo vivendo. Così sono entrato in
un caffè dove non vado quasi mai, e mi sono semplicemente appoggiato al
bancone, come se volessi fare una bevuta veloce e poi andarmene per i fatti
miei. La ragazzina che serviva mi ha sorriso, ed io le ho chiesto qualcosa di
alcolico. Quando mi ha servito un intruglio a base di gin, le ho chiesto se
fosse molto tempo che lavorava in quel locale, e lei mi ha risposto di no, e
che non sarebbe neanche rimasta molto, considerato il tipo di clientela burbera
e scortese di quel luogo. <<Anche io sto cambiando posto di
lavoro>>, le ho detto; <<Però adesso sono in tensione, perché tutto
è successo quasi per caso, senza che io abbia fatto nulla per questa
variazione>>.
La
ragazza mi ha sorriso; forse ha pensato che fossi proprio uno scemo per
preoccuparmi di qualcosa che non ho neppure faticato per riuscire ad ottenere,
e così mi sono ritrovato a pensare anche io la stessa cosa. Lei intanto ha
servito altri clienti, e quando è tornata da me le ho subito pagato la bevuta,
alzandomi dallo sgabello per andarmene. <<Auguri, allora>>, mi ha
detto lei in fretta, mentre metteva via qualcosa, ed io l’ho salutata con un
semplice gesto della mano. L’aria fuori pareva rinfrescata, e avviandomi verso
il mio appartamento mi sono stretto nella giacca, sprofondando con le mani
nelle tasche. Impossibile adesso lamentarsi, anche se forse un po’ mi sono abituato
a farlo, certe volte anche per delle cose che non sono del tutto negative. Devo
parlare con Elisabetta, dirle che mi dispiace molto andarmene dalla sua
agenzia, e che non è stata del tutto mia la volontà di farmi compiere questo
passo. Forse provo sempre un po’ paura per ogni novità, ma in ogni caso devo
riuscire a farle presente in qualche modo che vorrei restassimo in contatto io
e lei, e che probabilmente, non lavorando più assieme fra qualche settimana,
potremmo anche riuscire a parlare con maggiore sincerità, e sentirci più vicini
di quanto non siamo stati fino ad ora. No, non è possibile, ho pensato; non
riuscirò mai a dirle cose del genere. Così le consegnerò semplicemente la mia
lettera di dimissioni, aspetterò inutilmente che mi dica qualcosa, poi
lasceremo scorrere nervosamente questo periodo di preavviso; ed infine,
diventeremo estranei, com’era inevitabile accadesse.
Bruno
Magnolfi
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