Negli
ultimi tempi, mi capita di sentirmi strano certe volte, magari proprio quando
sto qui, tranquillo, nelle mie due stanze ricavate nell’ampia soffitta
dell’abitazione di Bientina dei miei genitori. In alcuni casi giungono fin qui
gli echi incomprensibili delle loro discussioni dal piano inferiore, ma questo
ormai non fa più notizia, e poi in quei casi sono subito pronto a mettere su
della musica ad alto volume per coprire ogni disturbo. Spesso parlano di me, ne
sono sicuro, e prendono immediatamente differenti posizioni. Mia madre mi
difende, nel momento in cui mio padre invece urla ancora qualcosa contro di me,
con i suoi modi sempre aggressivi e pesanti che ha sempre usato nei miei
confronti. Le cose per qualche mese parevano essersi attenuate da quando ho
iniziato a lavorare alle Poste di Calci, ma rapidamente poi hanno invece
ripreso il loro normale andamento, tanto da farmi desiderare spesso di prendere
la porta e uscire di casa, anche se spesso non ne sentirei neppure troppa
voglia. In quei casi, comunque, arrivo a piedi fino alla birreria di Luca, dove
generalmente staziona qualcuno dei miei amici, e lì tiro tardi per tutta la
serata, lasciandomi alle spalle qualsiasi preoccupazione. Adesso che mi sono
fatto procurare la tessera sindacale però, mi sento diverso. Non ne ho parlato ancora
con nessuno, e sinceramente spero che a nessuno venga mai in mente di
spifferarlo ai miei genitori: sarebbe sicuramente guerra aperta tra me e la mia
famiglia, che è sempre stata compatta nelle proprie idee politiche di
destra.
Non
so neppure perché ho compiuto questo passo: in fondo, se anche dalla Direzione
Provinciale, come si vocifera nelle ultime settimane, decidessero di chiudere
l’ufficio di Calci e di spostarmi nella sede più vicina, a me non cambierebbe
molto. Però ad un certo punto mi sono come sentito nelle condizioni di prendere
una posizione più precisa, forse anche nei confronti dei miei colleghi di
lavoro, e poi mi è parso finalmente di compiere un gesto tutto mio, qualcosa di
personale, da non dover mescolare praticamente con nient’altro. Persino i miei
amici sarebbero pronti a ridere di me, della mia scelta, ne sono più che
sicuro, se soltanto sapessero quello che mi sta passando per la mente. Sono
tutti degli scansafatiche loro, esattamente com’ero io fino a poco fa, anche se
adesso mi sento più inserito, almeno in questo mondo dei servizi. Bargiacchi,
che mi ha fatto avere la tessera del suo sindacato di sinistra, non mi ha
chiesto nulla, anche se mi ha guardato in una maniera piuttosto strana. Io gli
ho soltanto detto che qualsiasi comunicazione o invio postale della rivista o
di altre cose del genere, deve essere spedita all’indirizzo dove lavoro, e in
nessun caso a domicilio, e lui ha sorriso, essendo indubbiamente a conoscenza della
mia situazione.
Ho
chiesto a Laura, la mia collega, di vederci di nuovo, se le va, e per adesso
lei non mi ha risposto, anche se sono convinto che sia curiosa di sapere quali
motivi mi hanno spinto a prendere una posizione di questo genere nei confronti
del lavoro. Ho sentito dire che i tesserati passano da osservati speciali da
parte della Direzione delle Poste, ma a me non interessa nulla: se le cose
devono andare avanti, penso, è bene per me che io le spinga ancora oltre,
magari fino agli estremi. In me non avverto alcuna contraddizione, sento al
contrario di diventare sempre di più una persona, un tizio che finalmente
prende per sé qualche decisione. Vorrei perfino spiegarlo a Laura, se me lo
permette, questo pensiero di fondo che sta prendendo campo dentro la mia testa:
<<mi sento in equilibrio>>, vorrei dirle; <<e poi ero
talmente vuoto di pensieri, da tendere adesso sempre di più a lasciare da parte
le mie cose personali, e preoccuparmi d’altro, forse anche degli altri, e
persino di cose che probabilmente non mi toccano neppure>>. Forse lei non
capirà il mio punto di vista, però io vorrei provare comunque a dirglielo, a
spiegarmi, perché mi pare che tutto questo, mentre sta accadendo, non so perché
o in quale maniera, ma sta addirittura cambiando persino il mio modo di
guardare tutto il resto. Sto male a casa dei miei, questo è chiaro; ma non sto
più tanto bene neppure quando sono insieme ai miei amici, che scherzano su
tutto e di tutto trovano da ridere.
Forse
non ho neppure un vero amico; probabilmente non ne ho avvertito mai una reale
necessità. Eppure, in questo momento, avverto la voglia di parlare, di
spiegarmi, di dire tutto quello che ho trattenuto dentro me stesso per tutto
questo tempo. Forse sarebbe addirittura salutare per me cambiare sede di lavoro,
e conoscere così persone nuove, colleghi differenti, diversi punti di vista. Se
anche non accadesse nulla a breve da parte delle Poste, potrei sempre fare
domanda per essere trasferito in un altro ufficio, magari anche più grande, a
Pisa stessa forse; e così venire a contatto con nuovi e differenti personaggi,
in questa specie di grande scenografia.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento