Il custode
della scuola di via delle matite si chiama Aldo, ed abita proprio sul retro
dell’edificio, in un appartamento che è stato ricavato al piano rialzato, lo
stesso delle aule delle elementari, dall’interno del quale lui ha l’accesso a
tutto il resto dell’edificio. È una vera istituzione, considerato che risulta
sempre presente, nonostante possa fare affidamento su diversi aiutanti che
svolgono più o meno i suoi stessi compiti. Lui si piazza al mattino sulla
soglia di uno dei due portoni in legno massiccio che si aprono sulla facciata,
ed immancabilmente saluta tutti gli insegnanti che giungono in fretta per salire
la piccola rampa delle scale esterne, prima di imboccare il largo corridoio
dell’entrata. <<Buongiorno>>, dice sempre Aldo a ciascuno indossando
il suo immancabile camice azzurro, allargando un semplice sorriso a tutti e
distribuendo in giro tanta pazienza. In seguito, pochi minuti più tardi, esattamente
all’orario previsto dal direttore, va quindi a premere il pulsante della
campanella generale, dando il segnale per l’entrata di tutti i ragazzi, i
piccoli dall’ingresso di sinistra, e quelli delle medie, che vanno al piano
superiore della scuola, da quello di destra. A me certe volte strizza un
occhio, perché trascorro molto tempo nel corridoio durante le lezioni, e lui
mentre spazza il pavimento o svolge altri compiti durante la mattinata, si
ferma volentieri a parlare un attimo con me, informandosi sempre sulle mie
preoccupazioni del momento o sulle novità della giornata.
<<Devi
essere più furbo, Paolo>>, mi dice spesso; <<e non farti accorgere
dalla maestra che in classe non ci stai troppo volentieri>>. Io sorrido,
Aldo è un amico, anche se è più anziano di mio padre. Conosce bene i modi di
fare dei ragazzi, e spesso riesce ad infondere in ognuno di noi quel filo di
coraggio che a volte manca per affrontare le lunghe ore di lezione. <<E
come posso fare?>>, gli chiedo sottovoce. <<È semplice>>, fa
lui; <<basta che ti dimostri sempre attento e pronto quando lei parla a
te e ai tuoi compagni. Se in seguito vieni a passare un po’ di tempo lungo il
corridoio, com’è tua abitudine, lei a quel punto ci farà sicuramente meno
caso>>. Riconosco che è una buona soluzione: in fondo ci vuole poco per
mostrarsi interessato a ciò che viene detto in classe, e tutto sommato credo di
poter persino intervenire qualche volta per porre qualche domanda o chiedere
una certa spiegazione. <<Ma certo>>, fa lui; <<è proprio
questo il tuo compito, il motivo esatto per cui vieni a scuola tutti i giorni.
Se non adoperi questi strumenti e ti fai vedere sempre svogliato si comprenderà
immediatamente che andrai poco lontano con gli studi>>. Sorrido,
riconosco che Aldo ha piena ragione, anche se mi torna difficile comportarmi
come dice lui. Però è vero che le ore che trascorro in aula sono tante, ed è
giusto che sfrutti tutto questo tempo a mio favore, come altre volte mi ha anche
suggerito, invece che gettarle via nel completo disimpegno.
Il mio
principio fondante, in ogni caso, rimane sempre quello di distinguermi dai miei
compagni, non tanto perché voglio essere migliore o dimostrare a qualcuno di
avere delle qualità che gli altri non possiedono, quanto perché mi sento
esattamente differente da loro, come se, ad esempio, tutta la socialità e la
generosità che alcuni dimostrano verso gli altri ragazzi, mi risultasse perlopiù
fasulla, quasi sempre messa su ad arte per evidenziare il proprio comportarsi come
pieno di bontà d’animo e di ottime intenzioni; oppure il continuo assentire
quando parla un compagno giudicato bravo da tutti e soprattutto dalla nostra
maestra, indipendentemente dall’argomento che viene portato avanti, è un altro
aspetto che tollero malvolentieri, e che proprio non vorrei ripetere. Insomma,
ci sono diverse distinzioni da fare nei comportamenti che registro in giro, ed
io non vorrei mai ritrovarmi a scimmiottare certi personaggi che vanno per la
maggiore in classe mia soltanto perché riescono a mettersi in mostra nel
momento più opportuno. In tutto questo perciò mi sento incerto, incapace nel
prendere delle decisioni definite del mio comportamento, ed anche se riconosco
quanto Aldo abbia ragione nel portarmi davanti certi ragionamenti, quando alla
fine rientro in classe tutto ciò che ho appena ascoltato fino ad ora, si smonta
quasi subito nei miei reali atteggiamenti.
Sorrido
adesso, nel ripensare a quelle briciole di saggezza del mio passato che già a
quell’epoca cercavo di mettere a punto, ed ora che sono trascorsi così tanti
anni da quei giorni, mi pare che i miei sforzi avrebbero dovuto essere meglio
impiegati, nonostante riconosca a me stesso una grande coerenza di carattere.
Osservo il piano lucido sul banco del ricevimento di questo albergo, e mi sembra
chiaro che, se quando andavo alle elementari avessi potuto indirizzare meglio i
miei atteggiamenti, forse avrei dovuto anche sforzarmi di essere meno
distaccato dagli interessi di tutti i miei compagni di quell’epoca, e forse
tentare di farmi già da allora qualche amico vero.
Bruno
Magnolfi
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