Io abito da
solo, in due stanzette poco distanti dall’albergo dove presto servizio come
portiere di notte. La sera mi preparo una cena leggera, la consumo con calma
davanti alla televisione, commentando tra me ogni tanto qualche notizia che non
mi piace, o che vorrei differente. Poi riassetto tutto quanto, pulisco la
cucina, mi vesto con la divisa scura, elegante e piuttosto anonima, che mi
fornisce il mio datore di lavoro, ed infine esco a piedi, fermandomi, alla fine
della passeggiata, presso un locale proprio vicino all’albergo, un posto che
conosco da tempo, dove mi faccio servire un buon caffè chiacchierando con il
cameriere che ormai è quasi un amico, nell’attesa paziente dell’orario esatto
per entrare in servizio, nel preciso momento in cui, da dietro al banco della
ricezione, prenderò le consegne della giornata dall’ultimo portiere rimasto. Ho
avuto per qualche anno una ragazza, che era anche venuta ad abitare da me per
un certo periodo, ma le cose tra noi non andavano troppo bene, e così abbiamo
deciso di non dare seguito alla storia. Se penso adesso ai miei propositi
durante gli anni in cui ero uno scolaretto, mi viene quasi da ridere. Non ho
mai avuto grandi prospettive per la testa, e quando qualcuno a quell’epoca mi
chiedeva cosa avessi voluto fare una volta grande, rispondevo che mi sarei
adattato alle condizioni del momento, accettando ciò che mi sarebbe stato
offerto. Era una risposta strana per un bambino, e difatti non erano parole
mie, le avevo lette in un giornaletto, e mi sembravano comunque adatte a me.
<<Paolo>>, insisteva
qualcuno persino in presenza dei miei genitori; <<ma tu saresti proprio
pronto ad accettare qualsiasi cosa capiti, senza scegliere una strada solamente
tua?>>, ed io annuivo, anche perché non ci trovavo niente di strano in
tutto questo, e poi mi pareva che qualsiasi cosa mi fossi messo in mente
sarebbe sicuramente stata destinata più tardi all’accantonamento, tanto
difficile nella mia testa si delineavano i contorni del futuro. Ma non passa
molto tempo, ed inizio a pensare che tutto dipende dalla quantità di soldi che
riesco a guadagnare, per cui inizio a pensare sempre più spesso che il mio
futuro dovrà essere dedicato a qualcosa magari anche di pericoloso, ma che
riesca a farmi guadagnare molto in poco tempo. A quasi vent’anni, dopo che mio
padre mi ha regalato una busta piena di soldi frutto dei suoi risparmi, io non
ci penso due volte, così mi lascio consigliare da un dipendente di banca che
conosce bene i titoli di borsa, ed investo tutto quanto su una società per
azioni, che, stando alle voci che si rincorrono, promette davvero bene per le
settimane a venire. Nel tempo di un mese il valore delle azioni difatti
raddoppia, così io vendo tutto e intasco i dividendi più il capitale iniziale.
Sono sicuro che il mio è stato soltanto un colpo di fortuna, per cui giuro a me
stesso di non rischiare più dei soldi in questo modo.
In seguito, scopro però un locale
dove si possono fare delle scommesse sulle corse dei cavalli. In poco tempo
perdo tutto ciò che avevo messo da parte, ma siccome continuo a ripetermi che è
soltanto un momento sfortunato, proseguo imperterrito, indebitandomi
rapidamente grazie a dei loschi personaggi che forse non aspettavano altro per
mettermi il guinzaglio. Con l’acqua alla gola sto quasi per decidermi a farmi
aiutare da un’associazione che sembra riesca ad intervenire in queste
situazioni, ma qualcuno mi propone una rapina, una cosa semplice, mi dice, un
gioco da ragazzi, qualcosa di rapido che ci farà sistemare in fretta, ed io
accetto. Il furto riesce, ma ci arrestano tutti in capo a pochi giorni, ed al
processo vengo condannato a tre anni di galera. Ed è là dentro che ho ripreso a
studiare le lingue straniere, che già mi interessavano dai tempi di via delle
matite, ma che adesso sembrano la maniera giusta per riprendere una vita
normale, una volta libero, e forse per trovarmi anche un lavoro. Quando esco,
qualcuno dei servizi sociali mi aiuta davvero a reintegrarmi, ed anche se sono
sorvegliato dalle forze dell'ordine riescono a trovarmi da svolgere il ruolo di
portiere di notte in un albergo, dapprima per un lungo periodo di prova, e in
seguito in modo più stabile. Il mio passato mi ha reso ancora più taciturno di
quanto non fossi allora, e la ricerca della solitudine fin dal periodo
trascorso tra le mura del carcere è diventata in seguito il mio tratto
distintivo.
Il raggiungimento di una vita più
normale però non mi ha evitato di proseguire a rinchiudermi, ed anche se
qualche occasione mi è capitata per farmi una famiglia, non mi sono mai
impegnato troppo per questo scopo. In fondo, l’esistenza che spingo ogni giorno
in avanti mi basta; sono affezionato ai miei ricordi di bambino, soprattutto,
quando non ero ancora stato macchiato dalla sicurezza che in seguito ero riuscito
stupidamente a maturare, quella di poter mettere facilmente le mani su qualcosa
di importante, che mi lasciasse libero dal lavoro, e con la possibilità
concreta di fare quello che desideravo. Adesso, mi accontento anche solo di
queste poche cose.
Bruno Magnolfi
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