<<Penso che fuggirò al più presto da qui, per
andare da qualche parte che ancora non so proprio, ma dove sicuramente non mi
conosce nessuno>>, dico sottovoce e con molta calma ad un compagno di
classe, in un pomeriggio domenicale qualsiasi in cui ci siamo ritrovati per
caso a gironzolare da soli per le strade del nostro paese, per poi andarci a
sedere piuttosto scomodamente su delle tavole di legno scalcinato, residui di
un cantiere abbandonato e rimasto incompiuto, con dei ferri arrugginiti e dei
mattoni rotti sparsi in giro dappertutto. <<Certo>>, confermo poi scuotendo
la testa; <<la cosa che mi attrae maggiormente è quella di allontanarmi
il più possibile da queste case>>. Il mio compagno mi guarda senza
trovare ancora le parole per dire qualcosa. Mi ha fatto una domanda qualsiasi, rifletto,
magari la prima che gli è passata per la mente, ed adesso non sa decidersi se
contrapporre la sua affezione a questo luogo in cui vive da quando è nato,
oppure restarsene in silenzio e dare per scontato il proprio parere più o meno segreto.
Sicuramente non si aspettava da me una risposta secca di questo genere, però le
mie parole non implicavano che tutti dovessero avere la mia stessa opinione,
tutt’altro; e quindi non ci vedo niente di male se lui conserva nella mente
differenti aspettative per il suo futuro. Infine, dice semplicemente che lui
non ha mai pensato una cosa di questo tipo. <<Ho il padre che fa
l’autotrasportatore>>, riprendo subito io per spiegarmi meglio;
<<ed ogni giorno lui si trova in giro per il mondo, e quando torna a casa
e mi parla di un luogo, di una città, oppure di un’altra, a me le sue descrizioni
fanno sognare, e mettono in moto nella mia mente il desiderio di visitare
ognuno di quei posti dove magari è appena stato>>.
Il mio compagno di classe ascolta, mentre arrotola con
le dita un pezzo di vecchio filo di ferro che ha trovato a terra, e poi dice
che: <<ma forse immaginarsi di viaggiare, è già un po' come viaggiare. Se
si impiega della fantasia e ci si proietta da qualche parte, come dice la maestra,
non c’è proprio alcun bisogno di muoversi, ed anche restando seduti in casa
propria, si riesce ad essere con la mente un po’ dove si vuole>>.
Rifletto. Non ci avevo mai pensato. Però è assolutamente sensato quello che ha
detto questo ragazzo, rifletto adesso; anzi, probabilmente è il forte desiderio
di qualcosa che ci fa innalzare quel qualcosa, tanto che, quando lo si ottiene,
forse si resta addirittura persino un po’ delusi. <<Magari hai
ragione>>, dico svelto. <<In ogni caso non mi sento legato a queste
quattro case, anche se ci sono nato, e credo che prima o dopo me ne andrò via
da qui senza provare proprio alcun rimpianto>>. Lui mi pare che provi già
la distanza che a parole cerco di frapporre fra me e lui, ma proprio per questo
motivo, per assurdo, io mi sento di essergli addirittura più vicino.
<<Chissà quante cose cambieranno nei prossimi anni>>, dice
osservando qualcosa attorno a sé; <<forse verranno terminati questi
cantieri, e le case allora saranno abitate, e ci saranno in giro altri bambini
e altri ragazzi come noi, e magari la scuola di via delle matite verrà
ampliata, e ci saranno nuovi insegnanti e tanta gente in giro, e dei nuovi negozi
che adesso neppure immaginiamo. Chissà>>.
Resto nuovamente stupefatto: non avevo mai pensato al
fatto che questo paese di provincia potesse avere uno sviluppo di questo
genere, ma i piani regolatori dell’edilizia probabilmente lasciano delle ampie
possibilità a certi luoghi, delle espansioni tali che potrebbero oscurare
facilmente quell’immagine che al momento forniscono, quella di semplici dormitori
e contenitori di persone, senza alcuna spina dorsale. Oggi, che ormai sono
trascorse qualche decina d’anni da allora, posso verificare facilmente che quel
posto dove sono nato e da cui in seguito mi sono allontanato proprio come
prevedevo, non è cambiato molto, e addirittura la nostra vecchia scuola non
esiste più, e i bambini del luogo al mattino salgono sugli scuolabus e vengono
rapidamente fatti trasferire in un paese ben più grande, ma poco lontano da lì,
e senza che nessuno trovi da ridire. Dalla provincia, io mi sono poi trasferito
nella città più vicina, insieme alla mia famiglia, e mi sembra che tutto si
filato piuttosto bene, almeno da questo punto di vista, anche se ogni tanto ripenso
volentieri a quei giorni di vita in paese. <<A me pare che tutto qui
prenda la ruggine>>, dico infine al mio compagno di classe più ottimista
di me. <<Forse>>, fa lui; <<però anche questa può essere una
caratteristica da non sottovalutare, quasi qualcosa che prima o dopo magari si
mostrerà come un aspetto interessante. E allora tutti noi saremo forse
orgogliosi di aver abitato da bambini in questi luoghi>>.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento