martedì 30 settembre 2025

Piccolo centro abitato.


Le sue gambe adesso si stancano piuttosto rapidamente, però non avere ancora la costrizione dell’ingessatura che blocca l’articolazione è sicuramente un dato positivo, anche se ci vorrà qualche giorno per riprendere la normale e completa funzionalità degli arti inferiori. Però il momento peggiore ormai sembra proprio sia stato lasciato alle spalle, e la sua officina, pur rallentando parecchio nei suoi normali compiti, è riuscita a proseguire in alcune delle sue attività svolgendo almeno alcuni servizi essenziali nei confronti delle automobili degli abitanti di Pian dei Fossi, ed Aldo si sente adesso piuttosto sollevato, ringraziando soprattutto il suo silenzioso apprendista sempre decisamente impegnato con passione nel proprio lavoro. Il fatto poi che Niocke negli ultimi tempi abbia accettato di trasferirsi per abitare le due stanze direttamente sopra l’officina ha portato il ragazzo a sentirsi più vicino ai cittadini del centro abitato, e ad iniziare a frequentare i negozi e le botteghe del borgo negli orari in cui l’officina resta chiusa. Qualcuno ha anche iniziato a chiamarlo per nome e a sorridergli con spontaneità, riconoscendo in lui una persona brava e di valore, capace di mostrarsi socievole ed apprezzabile in tutte le proprie attività. Aldo sa bene di avere un carattere duro, ma con questo ragazzo ritiene di avere trovato la persona giusta per dare seguito al lavoro della sua officina, anche se i clienti, fortunatamente in questo caso, non sono mai eccessivi ed impazienti.

Non c’è più alcun bisogno, da parte sua, di intervenire per comprendere bene quali siano i problemi di una macchina oppure di un’altra: Niocke sa già da sé quali siano le cose da fare ogni volta, e soltanto se si trova spiazzato per qualcosa che non ha mai affrontato prima, allora, ma solo in quel caso, va dal titolare a chiedere sottovoce come comportarsi. Tutto così appare semplice e lineare, e non ci sono mai né discussioni né errori, ed anche se qualcuno tra i clienti inizialmente aveva accettato con una certa riserva la sua pelle nera e la sua presunta incapacità ad operare sugli ingranaggi e sui motori, presto ha dovuto ricredersi e rendersi conto di come l’esperienza acquisita anche in un breve lasso di tempo si sia dimostrata capace di lasciar svolgere bene un lavoro spesso piuttosto sporco, però dove è indispensabile una grande attenzione. <<Niocke>>, gli dice ormai sempre più spesso Aldo con normalità: <<Pensaci tu a comprendere che cosa non va in quello sterzo, o nella ruota, o nella carburazione di quella macchina, oppure a cercare l’origine oscura del rumore che avverte dal motore questo cliente quando percorre alcune strade>>. Niocke per il momento non ha neppure la patente di guida, però nel piazzale antistante l’officina ormai sposta le macchine con grande familiarità, e nessuno trova più nessun motivo per opporsi ai suoi gesti.

Si direbbe quasi che le cose vadano piuttosto bene, almeno per quanto riguarda questa difficile integrazione che forse è risultata addirittura favorita dal gesto insano di chi ha cercato in qualche modo di ostacolarne il corso con la forza, eppure sembra proprio che ancora qualcosa debba accadere, e questa sospensione getta in aria una certa dose di instabilità di cui Niocke non avvertirebbe affatto la necessità, ritrovandosi a subirne l’avanzamento a grandi passi. Lui, potendo scegliere, forse non avrebbe certo desiderato attorno a sé tutta questa celebrità innalzata a simbolo di deteriore razzismo, anche se oramai ne è risucchiato, e non può certo tirarsi adesso da una parte, anche se forse sarebbe proprio questo ciò che vorrebbe fare. Da un lato, questa manifestazione di piazza di cui tutti proseguono a parlare in Pian dei Fossi, e dall’altro l’indagine degli inquirenti nei confronti degli antichi signori di tutta la zona, hanno creato una tenaglia attorno a sé da cui lui facilmente potrebbe risultare schiacciato. Questa la sua inquietudine, questa la seccatura che sente sopraggiungere poco per volta: il fatto di essere stato eletto senza volerlo a simbolo vivente di una certa repressione, e contemporaneamente eroe della presunta sconfitta di questo stesso atteggiamento, laddove a lui interessava soltanto trascorrere delle giornate tranquille e senza grandi problemi.

Questa ragazza poi, questa Sara, che inizialmente gli era sembrata bellissima e dolce, adesso è diventata il capopopolo di qualcosa in cui Nockie non vorrebbe proprio venire trascinato. Lei, con la sua inseparabile amica, si è fatta vedere già un paio di volte davanti all’officina dove lui lavora, non comprendendo appieno come la necessità di stare tranquillo da parte sua sia adesso più forte del bisogno di una vera e propria rivalsa nei confronti dell’aggressione subita. <<Ciao Sara>>, le dice lui con le sue mani sporche di grasso. E Sara sorride, gli dice che è sicura ci saranno molte persone in corteo a sostenere la sua causa, e che il nemico, chiunque esso sia, sarà presto sconfitto. Niocke di fronte a parole del genere non sa proprio cosa rispondere, perché dentro di sé non ritiene di avere dei nemici, e soprattutto non vorrebbe essere un simbolo in questa strana lotta che si è instaurata in quel piccolo centro abitato. Però annuisce, anche perché non potrebbe proprio far altro.

 

Bruno Magnolfi

sabato 27 settembre 2025

Ogni importanza.


            Da soli non si sta mai bene. Inizi a riflettere sulle cose che ti circondano per formarti un’idea più precisa sull’esistenza, e alla fine scopri di non essere affatto d’accordo con quello che ne dicono gli altri. Spesso l’unica soluzione che ti si prospetta è quella di pensare che forse tutti abbiano ragione su questa materia, e che per qualche motivo i tuoi modi di immaginare la realtà siano completamente sbagliati, per cui resta sempre conveniente tenere le proprie opinioni per sé stessi, e quando è possibile evitare di scambiarle con chiunque ti ponga dei quesiti a riguardo. Mi rendo sempre più conto però di aver sbagliato in pieno nel momento in cui ho condiviso le ultime scelte di mio fratello, e forse è accaduto anche soltanto per seguire l’opinione, sempre decisamente favorevole verso di lui, di mia sorella Lucia, che comunque in altre occasioni mi è sempre apparsa come una persona abbastanza ragionevole e piuttosto riflessiva, pur conservando un carattere spesso spigoloso e irritabile. Credo di essermi sentito molte volte soggiogato dalle forti personalità che hanno abitato negli anni dentro al nostro piccolo castello, fin da quando ero piccolo, ad iniziare da mio padre e mia madre, sempre perfettamente convinti di tutto ciò che riuscivano a mettere a punto sulle loro decisioni, sia che riguardassero i propri possedimenti produttivi, sia per il futuro dei tre figli, che a loro parere dovevano crescere con una mentalità assolutamente in linea con i pensieri che avevano in mente, senza alcuna possibilità di deviare il corso di quanto stabilito dalla casata una volta per tutte.

            Ho iniziato fin dall’adolescenza a non ostacolare mai le loro scelte, e spesso e volentieri mi è semplicemente bastato allineare le mie idee a quelle espressioni convinte che assumevano in certi casi i miei due fratelli, al punto che quando i nostri genitori sono venuti purtroppo a mancare, per me è stato sufficiente approvare ogni risoluzione messa a punto dal mio fratello maggiore, senza neppure supporre dentro di me la possibilità di discuterne. Adesso mi rendo conto che Alberto probabilmente ne ha approfittato, ma in fondo devo riconoscere che lui in prima persona si è sempre fatto carico di tutte le scelte da adottare nei confronti delle nostre tenute, e alla fine io non posso che essergli riconoscente per tutto ciò che ha affrontato e risolto anche in nome mio e di mia sorella. In questo momento però sembra proprio che qualcosa sia andato un po’ storto, e che torni difficile, mantenendo un parere distaccato ed obiettivo, stare dalla parte di queste ultime scelte che sono state formalizzate. Negli ultimi giorni non parliamo quasi più fra di noi, forse proprio per evitare di ritornare sullo stesso argomento che riteniamo spinoso, difficile, imbarazzante, e così ci limitiamo a dire qualche sciocchezza, a fare dei semplici gesti, a sorridere per pura concessione, e poi basta. 

Ciò che sogno maggiormente, da qualche tempo a questa parte, è che presto ritorni la calma, che tutto quanto riprenda l’andamento ordinario di sempre, senza che si proseguono ad intravedere lungo i corridoi della nostra dimora qualcuno del personale di servizio che allunga lo sguardo all’interno dello spiraglio di una porta socchiusa, oppure verso un’esile voce che giunge ovattata da qualche zona di questa specie di castello, o anche che noi fratelli ci sentiamo troppo osservati da qualche commerciante che viene da noi a discutere le forniture di frutta o di ortaggi. In questo momento mi sento spiato da tutti, persino da mio fratello Alberto che forse non si fida del tutto di me e dei miei comportamenti. Quando abbiamo parlato dell’inchiesta che ci riguarda, lui non ha fatto altro che dettare a me e a mia sorella delle istruzioni sulle cose da dire, sulle cose da fare, e soprattutto sui comportamenti da tenere nei confronti di qualsiasi individuo ci possa essere dato di incontrare. Certo, mi ha fatto piacere questo suo preoccuparsi di noi, anche se ritengo che lui stia semplicemente cercando di tenere a debita distanza gli inquirenti della magistratura, e neutralizzare ogni colpa da parte della nostra famiglia. Lucia ha annuito a tutto come fa sempre, ma quando abbiamo iniziato a parlare dei comportamenti migliori e adeguati alla situazione, lei ha cominciato a guardarmi più intensamente, come se non si fidasse del tutto di me e di quello che forse potrò lasciarmi sfuggire con qualcuno, confermando senza volerlo qualche atteggiamento a suo parere assolutamente sbagliato.

Adesso mi sento più solo, non riesco quasi più a parlare con Alberto, se non di cose futili e della conferma delle attività di sempre, evitando accuratamente gli argomenti scottanti; e tantomeno riesco a conversare con sincerità con mia sorella, che sta tenendo ultimamente una posizione dura, orgogliosa, quasi inconsapevole della colpa che tutti insieme siamo stati capaci di coltivare, oltre gli ortaggi e la frutta. Non so come finirà tutta questa faccenda, però sono convinto, conservando un certo ottimismo, che tutto tenderà poco per volta a sgonfiarsi, ed ogni accusa che ci viene rivolta in questo momento riuscirà a perdere pur con una certa lentezza di ogni importanza.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 26 settembre 2025

Questi problemi.


            Mia cugina Sara anche oggi attende la corriera come tutti gli altri ragazzi che si recano nel capoluogo per frequentare il liceo, in piedi nella piazza dove il mezzo pubblico fa una larga manovra dopo aver sostato qualche minuto, prima di riprendere la strada che porta fuori dal paese. La trovo cambiata in questi ultimi tempi, molto più seria e sicura di sé, come se tutta questa faccenda attorno a quel ragazzo senegalese le avesse dato una spinta a superare d’un colpo le proprie timidezze, e a mostrarsi più adulta, convinta delle proprie idee, capace di sostenere qualsiasi conversazione con degli argomenti sempre concreti e ragionati. Mi piacciono i modi di fare che è riuscita a trovare da poco, sembra quasi che quella ragazzina senza personalità pronta ad arrossire fino a ieri per ogni sciocchezza, sia rimasta rinchiusa una volta per tutte dentro l’armadio dell’adolescenza, e che adesso persino i suoi gesti, ad esempio nel momento in cui si mette a parlare distrattamente con qualcuno degli altri ragazzi, riescono a mostrare una sicurezza di sé che fino a poco fa non aveva affatto. Proseguo ad osservarla, ma senza insistenza, proprio per non farmi scoprire incuriosito da lei e da quello che dice, ma in effetti vorrei tanto sapere dove possa aver trovato le certezze che snocciola con sicurezza a quei ragazzi e a quelle ragazze che sembra in questo momento abbiano scoperto in lei il loro principale personaggio di riferimento, almeno per quanto riguarda la manifestazione di piazza che è riuscita rapidamente ad organizzare in questo paesetto generalmente ottuso e privo di desideri per tutto ciò che fa capo a qualsiasi novità che si profila all’orizzonte.

            All’improvviso Sara volge uno sguardo fulmineo verso di me, come sapesse da chissà quanto tempo di essere stata osservata, esprimendo al mio indirizzo un leggero sorriso, quasi una maniera per riconoscere che non ci sono problemi, che posso parlarle se voglio, e avvicinarmi di più senza alcuna preoccupazione, perché non ha dei segreti, e non considera nessuno, tra tutti coloro che conosce e che frequenta, un vero estraneo rispetto ai suoi punti di vista. Smorzo una breve risata, mi avvicino a lei senza guardarla, poi le dico per scherzo che oramai in paese non si fa niente senza la sua accettazione preventiva, e lei sorride, solleva le spalle, finge di non essere orgogliosa di sé come invece dev’essere. <<Hai già pensato a che cosa fare il giorno successivo dopo questo benedetto corteo?>>, le chiedo come per mostrarle una preoccupazione che forse potrebbe affacciarsi nella sua mente una volta esaurito l’immediato entusiasmo che le può provocare la buona riuscita di questa manifestazione. Lei ci pensa un momento, mi guarda, poi dice: <<Sono già in contatto con delle associazioni che si occupano di questi temi, però mi piacerebbe creare anche qui un nucleo di ragazzi che desiderano portare avanti delle battaglie contro il razzismo. Potresti addirittura darmi una mano, se magari riesci a trovare del tempo libero>>, mi chiede infine, ma come per sfida.

            Torno a guardarla, adesso siamo davvero vicini, e così riesco a notare delle sottili fossette sulle sue guance a cui precedentemente non avevo mai fatto caso, e devo riconoscere che il suo attivismo mi stuzzica, riesce a farmi sentire più vivo, in grado di porre a tutti il mio parere, anche se non desidero affatto mostrarle che sono il tipo di persona subito disponibile a qualsiasi proposta. <<Sono contento se tu porti avanti le tue convinzioni, e comunque mi piacerebbe che nel corso del tempo mi tenessi informato su tutto quanto, nella speranza che forse qualche minuto per darti un aiuto io riesca davvero a trovarlo>>. Rido, la mia è quasi un’accettazione di qualcosa che al momento addirittura mi sfugge, ma sento di non avere alcun bisogno di chiarire meglio le mie parole, o addirittura riformulare i miei desideri tirandomi un po’ indietro. <<Ci sono dei ragazzi in città che si riuniscono spesso per discutere sui problemi dell’integrazione. Potremo farlo anche qui, e poi fare dei sondaggi per comprendere quale sia l’opinione dei nostri concittadini a riguardo>>, dice lei come se avesse già preparato da tempo tutto questo discorso. <<Ci sono dei migranti che hanno scritto dei diari dettagliati sul loro calvario per espatriare; potremo farceli spedire, e magari leggerli ad altri in certe serate, anche solamente citando i passi più intensi e salienti dei loro racconti>>. <<Va bene>>, le dico, anche perché vedo sopraggiungere ormai la corriera. <<Questa cosa dei diari da leggere mi pare interessante; potremo spulciarne qualche pagina a voce alta e poi discuterne, ad esempio>>.

            Poi saliamo sul mezzo pubblico sbuffante, che si è fermato in una piccola nuvola di gas di scarico, ed io, invece di sedermi come sempre nella parte anteriore, vado a posizionarmi in fondo, due file di sedili più avanti rispetto a dove si sistemano Sara e la sua amica Laura. Ambedue adesso mi guardano sorridendo, e fanno un lieve cenno di assenzo nei miei confronti, come se anch’io finalmente fossi stato davvero accettato tra tutti i ragazzi che si stanno occupando di questi problemi.

 

            Bruno Magnolfi


mercoledì 24 settembre 2025

Almeno qualcosa.


            Qualcuno in paese la riconosce immediatamente mentre lei scende dalla sua decappottabile appena parcheggiata in un modo casuale e poco appropriato, nonostante indossi sul volto un paio di occhiali scuri e sul capo un buffo cappellino, a coronamento di un abito composto da giacca e pantaloni color crema sicuramente di pregio. È la signora Lucia, la sorella minore dei Conti Tornassi, in giro tra quelle case del borgo forse per capire come stanno andando le cose, e che opinione si sia diffusa nel centro abitato per le odiosissime indagini in corso da parte della magistratura sulla propria famiglia. Nell’osteria, alla fine della strada principale, nel giro di poco sembra quasi non si possa parlare d’altro argomento. Qualcuno sostiene subito che i tre fratelli mal sopportano quell’essere tenuti in sospeso tra i pareri discordanti che si sono formati i cittadini di Pian dei Fossi su di loro, e quel sentirsi preda di qualche bocca sguaiata e dedita al vino di scarsa qualità, a loro parere, sembra senz’altro qualcosa di inconcepibile, anche se forse non comprendono adeguatamente come poter riuscire a tirarsi fuori da una situazione così poco piacevole. Lei entra rapidamente nella tabaccheria poco lontana, e quando ne esce si accende con rapidità una sigaretta, si guarda un po’ attorno, e poi, forse cercando di mostrarsi come una persona forte che non prova alcun timore nei confronti di un gruppo di semplici paesani, si incammina decisa verso la piazza, poche decine di metri più avanti, quella stessa dove si apre la storica osteria del paese. Ci sono alcuni uomini all’aperto che parlano tra loro in quel momento, e tutti, senza essere troppo insistenti, tengono d’occhio quel suo passo nervoso, quell’incedere che sembra voler stabilire una volta per tutte da quale parte stia la ragione.

            Alcuni la salutano, ma senza usare alcuna enfasi, mentre altri si voltano di fianco al suo passaggio, e lei sembra non guardare in faccia nessuno, mentre conserva gli occhi protetti dalle sue lenti scure. Infine, quando si trova proprio davanti a quell’osteria, si ferma per un attimo, schiaccia a terra con sprezzo la sua sigaretta, e poi resta immobile per qualche momento, come se il suo fosse un vero gesto di sfida verso tutti coloro che forse in cuor proprio hanno già condannato sia lei che i suoi due fratelli, sfoderando una grinta che forse in pochi precedentemente avevano notato. Infine, quasi per prendere le distanze dagli individui da cui è circondato, esce dal locale uno dei caporali che notoriamente lavorano per i Conti Tornassi, e quindi va diritto verso la Contessa, la saluta con garbo, e subito le chiede se può esserle utile, naturalmente meravigliandosi di vederla da quelle parti. Lei non risponde, sembra quasi osservare qualcosa oltre il punto di vista più generale, come se i suoi occhi si proiettassero verso un giudizio superiore a quello che probabilmente sta cercando lei stessa di verificare, e come se la sua opinione su tutti coloro che restano fermi con i piedi sopra le pietre del marciapiede, fosse soltanto una decisa condanna, contrapposta in maniera più forte nei confronti di coloro che credono forse di aver deciso già tutto sul conto della sua famiglia.

            Quella di Lucia Tornassi appare subito una vera sfida, un gesto di superiorità nei confronti delle voci di popolo che sembrano quasi infrangersi di fronte ad un comportamento così intransigente e deciso come il suo, e forse nelle proprie intenzioni c’è persino il desiderio di mostrare un’intimidazione decisa nei confronti di gente giudicata da sempre soltanto manodopera semplice, da usare al bisogno di ogni stagione nelle proprie tenute. Quindi si volta su un fianco, osserva qualcosa nella propria borsetta, e poi si incammina senza alcuna fretta verso la sua automobile. La raggiunge rapidamente poco dopo il direttore della filiale bancaria che ha la sua sede lungo la strada, le dice qualcosa che nessuno tra chi osserva ogni gesto sa decifrare, Lucia risponde con poche parole, con la faccia tirata, e solo a quel punto toglie gli occhiali da sole, nonostante la giornata sia grigia, con il cielo coperto di nuvole. Probabilmente il direttore le chiede di fermarsi un momento dentro al suo ufficio, di fargli l’onore di sedersi per qualche minuto presso la sua scrivania, magari per sorseggiare un caffè o qualsiasi cosa desideri, ma lei alza leggermente una mano come per un gesto di vago diniego, e quindi prosegue, ormai in sua compagnia, fino a raggiungere la propria macchina. L’apre velocemente, mentre l’altro le tiene la portiera, e poi avvia il motore, mentre al direttore non resta che chiudere lo sportello e salutarla addirittura con un debole e goffo gesto di inchino.

            È guerra aperta, dicono alcuni, e da ora in avanti non avremo certo da attendersi dei segnali amichevoli da parte dei Tornaconti. Qualche superficiale, rientrando con calma dentro l’osteria, si offre di pagare da bere a degli altri, assaporando il piacere di aver visto una scena del genere, ma per qualcuno l’espressione seria e pensierosa assunta in un attimo sulla faccia, dimostra chiaramente che la propria opinione è volta al più forte pessimismo. L’oste non commenta alcunché, anche se tutti, davanti al suo bancone, sembra abbiano voglia di dire a voce alta almeno qualcosa.

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 22 settembre 2025

Parole da digerire.


            Mia sorella gira per casa come se stesse riflettendo su chissà che cosa. Ha sempre in mano qualcosa da riporre in un cassetto o da sistemare da qualche altra parte, ma evita di guardarmi direttamente, nonostante passi più volte davanti alla porta spalancata della mia stanza, ed anche se intanto sembra cercare intorno a sé altre cose di cui occuparsi, quasi non avesse voglia di cedere a qualche incombenza che forse la sta opprimendo. Infine, lei si ferma, resta in piedi davanti al tavolo della cucina, posa lo sguardo sugli oggetti del suo cucito che ancora non ha riposto, ed infine si volta per un attimo verso di me, ma soltanto per dirmi: <<Devo parlarti, se hai appena due minuti di tempo>>. Mi alzo dalla sedia su cui ho trascorso l’ultima mezz’ora sfogliando un libro che mi interessa molto, muovo qualche passo per andarle più vicino e in questa maniera esco dalla mia piccola camera per andarmi a fermare sulla soglia della cucina, dove il tavolo è ancora ingombro di alcune stoffe. Lei adesso sta ripiegando quei tessuti, ancora non mi guarda, però nervosamente dice soltanto: <<Ho parlato con il tuo medico della clinica; gli ho fatto presente la situazione che si sta verificando in questo nostro paese, e dell’agitazione di cui tutti improvvisamente siamo preda, soprattutto motivata da questo corteo che si terrà tra pochi giorni per richiamare l’attenzione di tutti su dei temi, per carità, assolutamente condivisibili>>. Muovo ancora un passo verso di lei, la chiamo per nome con voce bassa, come volessi quasi involontariamente fermarla, ancora prima che pronunci il resto del suo pensiero che comprendo subito verso che cosa intende riferirsi.

            <<Lui ha spiegato in poche parole che tutto questo fervore non è una cosa buona per te e per il tuo equilibrio, ed ha detto a chiare lettere che Antonio se ne dovrebbe disinteressare, e stare assolutamente alla larga da tutti coloro che si mostrano appassionati a manifestazioni del genere, considerato che potrebbero involontariamente creare un danno ad una psiche fragile e ancora necessaria di cure come la tua>>. Poi Teresa fa una pausa, mette via un ritaglio di quella stoffa che ha continuato a rigirare per tutto il tempo tra le sue mani, ed attende con ogni evidenza che io dica qualcosa, che mi opponga ai suggerimenti di quel medico. Invece io scelgo di non dire niente, di restare in silenzio, di riflettere bene su queste parole, anche perché è la prima volta che mi trovo in una situazione del genere, e mia sorella mai prima d’ora aveva sollevato dei rimproveri o dato delle indicazioni dirette sui miei comportamenti. Tantomeno lo aveva fatto in precedenza quel medico, le cui prescrizioni sembrano diventate adesso frutti di una legge indiscutibile, come se tutto quanto fosse stato già programmato per evitarmi qualsiasi coinvolgimento in quella manifestazione di piazza.

            Lei comprende immediatamente quanto io non mi senta per nulla convinto da queste parole a disertare il corteo che si terrà in Pian dei Fossi, e così probabilmente cerca dentro di sé la maniera migliore per convincermi, anche se non riesce a trovare le parole che probabilmente le servirebbero. Io attendo che mia sorella concluda le sue riflessioni, e lei forse soffre della mia determinazione a non sollevare in questo attimo alcun commento, restando in rispettoso silenzio, come se fossi determinato ad andare avanti in ciò che desidero, ed anche se non ci diciamo ancora niente, lasciando una sospensione in aria, tutto appare però chiaro e definito, almeno dal mio punto di vista. <<Anche Carlo ha detto che non devi mescolarti con quei ragazzi che desiderano soltanto fare un po’ di confusione, senza avere in testa degli ideali precisi, soprattutto perché tu hai un’età più matura, e la tua presenza tra di loro rischia di mettere in ridicolo anche gli stessi interessi di chi ha organizzato la manifestazione>>. Poi mia sorella si ferma, comprende subito di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto, e così per la prima volta mi guarda, e cerca di rendersi conto a quale reazione mi stia portando il suo nuovo ragionamento. Io capisco d’improvviso che dietro a tutto quanto c’è l’opinione di mio cognato, il quale, lavorando presso i Conti Tornassi, probabilmente ha paura che l’impegno di una persona della propria famiglia in una manifestazione contro il razzismo, e implicitamente contro gli stessi Conti accusati di un gesto razzista, possa compromettere seriamente la sua occupazione.   

            Non ho alcuna protesta da porre, mi rendo conto sicuramente del punto di vista di Carlo e del suo tentativo di difendere il proprio posto di lavoro, ma quello che forse mi infastidisce di più è il fatto che ha vigliaccamente incaricato sua moglie per cercare di farmi cambiare le intenzioni che avevo espresso negli ultimi tempi. Non dico niente, ci rifletterò a fondo su tutto questo argomento, forse alla fine deciderò addirittura di non uscire neppure di casa il giorno della manifestazione di protesta. Però anche aver messo in bocca a quel mio medico curante delle parole che probabilmente non si è mai sognato neppure di pronunciare, è qualcosa che non riesco facilmente ad accettare.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 21 settembre 2025

Grande sollievo.


            Lui è rientrato in casa propria da pochi minuti, si è tolto subito la giacca e la cravatta, poi è andato nel bagno, si è lavato, si è osservato nello specchio, ed infine è tornato in camera da letto; quindi, ha tolto del tutto la camicia che aveva soltanto sbottonato e si è infilato una maglietta più comoda e fresca. Quando è tornato in soggiorno avrebbe avuto voglia quasi di sbuffare per quel sentirsi sempre impegnato, quasi incapace di avere del tempo per sé stesso e per la sua famiglia, ma ha evitato di mostrarsi con un’espressione negativa, ed alla fine si è seduto a tavola con una faccia persino vagamente sorridente, mentre sua moglie e suo figlio si erano già preoccupati precedentemente di cucinare e di apparecchiare. Sua moglie non è il tipo di persona curiosa o che rivolge delle domande dirette a suo figlio o a suo marito, piuttosto introduce qualche volta degli argomenti, ovviamente aspettandosi che ognuno, se ne ha voglia, esponga su quelli il proprio parere, oppure al contrario se ne resti in un silenzio pensieroso, lasciando così agli altri due alcuni spazi riflessivi. Marco è già seduto, osserva il tavolo e le stoviglie con indifferenza, senza mostrare alcuna intenzione di parlare per primo, o di introdurre un tema, anche se quel silenzio adesso risulta vagamente opprimente. Suo padre prende un piccolo pezzetto di pane da una fetta, lo mastica lentamente, soppesa le espressioni che nota, ed infine, rivolto a suo figlio, dice soltanto: <<Mi chiedo che aria stia tirando in questi giorni sulla corriera che vi porta al liceo ogni mattina>>. Silenzio. Marco prende tempo, si serve qualcosa dal piatto di portata, e dopo, senza rivolgere lo sguardo sui suoi genitori, dice soltanto: <<Fibrillazione; Sara è riuscita a galvanizzare i pensieri di ciascuno, e tutti adesso non parlano d’altro che di quello che dovrà o potrà essere>>.

            La posizione di Ettore Rimonti nei confronti di quanto viene sbandierato dai ragazzi del suo paese è stata chiara fin dagli inizi, anche se adesso, compresa con un certo disappunto la propria divergenza rispetto alle istituzioni che governano la sicurezza del territorio, si è sentito costretto per ragioni di opportunità a fare una certa marcia indietro, negando di voler appoggiare, o addirittura favorire, quella manifestazione che si svolgerà tra pochi giorni in Pian dei Fossi. Difficile adesso far comprendere alla sua famiglia quel percorso, ma anche avendo scambiato più volte la propria opinione con la direzione provinciale del proprio partito, lui si è visto quasi costretto, soprattutto per non isolarsi, ad indietreggiare sulle precedenti posizioni. Generalmente non gli piace obbedire a delle direttive, e tantomeno piegare la testa nel tentativo di evitare problemi più grossi nel futuro, ma questo movimento antirazzista nato dal basso proprio nel paese che amministra, gli era subito parso fin dagli inizi qualcosa di così generoso e naturale da sentirsene subito addirittura orgoglioso. <<Personalmente non credo che aderirò al corteo>>, riprende suo figlio con lo stesso atteggiamento di poco prima, <<anche se non voglio certo essere additato come uno che si mette di traverso per una volta che accade qualcosa di nuovo in questa nostra cittadina>>.

            Sua madre osserva Marco evitando sull’immediato di dare una propria opinione, eppure, lasciando in aria come una pausa di silenzio indefinito, si sente all’improvviso in dovere di sottolineare un punto: <<Non devi comunque sentirti obbligato a prendere una posizione precisa soltanto perché tuo padre è il Sindaco; puoi avere anche un’opinione tiepida su questo argomento, che magari credo non sia data tanto dal fatto di essere in accordo o meno su questo tema di fondo, che voglio sperare resti per te un elemento di grande civiltà, quanto perché motivata dalla scarsa approvazione di una decisa discesa in campo assieme a dei ragazzi che forse ingenuamente credono che possa cambiare qualcosa sfilando lungo la strada del proprio paese con qualche parola d’ordine da urlare>>. Silenzio. La famiglia prosegue a mangiare, ma queste indiscutibili parole mostrano subito, sia a Marco che a suo padre, come in fondo ci sia un problema di differente opportunità per ambedue, il che significa fare i conti con ciò che la gente del paese dove vivono da sempre possa improvvisamente pensare di loro due. Per suo figlio quindi ritrovarsi a condividere una medesima posizione con lui diventa quasi qualcosa di inedito, un essere costretto a spingersi da un lato del problema, come se dovesse sorreggere l’opinione del genitore.

            Indubbiamente, c’è ancora del percorso da intraprendere, almeno per lui, per avere alla fine un parere netto e definito, e soprattutto smarcato da quello che viene abbracciato dal primo cittadino del paese, proprio per sentirsi un individuo pensante, capace di opinioni proprie e personali. La cena si conclude poi con della frutta fresca, e a nessuno di loro tre viene in mente di riprendere quell’argomento spinoso, anche se all’improvviso Marco comprende quanto in questo caso sia stata sua madre a fornirgli l’alibi giusto per sentirsi libero di scegliere che cosa fare, ma anche di questo aspetto, pur essendole grato, non riesce del tutto a provarne un grande sollievo.   

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 19 settembre 2025

Miracolo possibile.


            <<Ciao mamma>>, dice con semplicità lui al telefono. Poi c’è un attimo di silenzio, come una sospensione, immersa in un debole brusio elettrico dato dalle connessioni instabili. <<Niocke>>, dice infine sull’immediato una voce femminile, lontana, quasi con tono incredulo. Poi aggiunge con gioia: <<Sapevo che avresti chiamato, lo sapevo, anche se i soldi che ci hai spedito hanno sempre parlato di te, dei tuoi giorni, del tuo essere riuscito ad inserirti in Europa, proprio come desideravi>>. Quindi vorrebbe lasciarsi andare a piangere per l’emozione, ma riesce a trattenersi, anche se non ha voce per altre parole da pronunciare, e non è capace neppure di formulare delle domande, anche per non riempire il momento di ordinarie banalità. Anche Niocke è emozionato, si fa forte del fatto che adesso può dire a sua mamma che va davvero tutto bene, che lui si sta sistemando, che ha un lavoro, che dove si trova ci sono persone che gli vogliono bene, che addirittura gioca al calcio nella squadra locale del paese dove abita. Ma cosa importa adesso tutto questo, ciò che è stato affrontato fino a questo momento è lì, tra loro due che singhiozzano nel telefono, e la sofferenza di sfidare un distacco così doloroso, così innaturale, così pensato e ripensato mille volte nelle notti insonni prima della partenza, ora si stende piano lungo quella debole connessione di cavi e di segnali elettrici.

            <<Se tu stai bene, io sono contenta, felice>>, dice la mamma con voce debole, appena sussurrata, e lui sa soltanto dire di sì, che è vero, che va tutto bene, che è stata fatta la scelta giusta, che le cose non potevano andare in nessun’altra maniera per lui, perché ci credeva, ci ha sempre creduto, e che era proprio quello il percorso da affrontare, e non ce n’era nessun altro possibile. Poi la mamma, incapace oramai di parlare, chiama le due sorelle di Niocke al telefono, per fargli dire qualcosa, per salutarlo col calore della famiglia, dopo tanto tempo, e loro subito urlano, sono contente, il loro fratello ce l’ha fatta, si è sistemato, sta bene, e i soldi che riesce ad inviare ogni mese per loro sono importanti, fondamentali, anche per il futuro di tutta la famiglia. Lui si rallegra, sono più piccole d’età di lui, e lui si è sempre sentito un po’ il loro tutore, e quindi anche per questo è partito dal Senegal per affrontare un viaggio allucinante e lunghissimo, pieno di insidie e di sofferenza, perché il suo sostegno un giorno diventasse la pietra angolare della casa che ha dovuto lasciare. Impossibile trovare le parole adatte per descrivere tutto quel tempo da quando è partito dalla sua città, ma forse non ha alcuna importanza, perché il passato è alle spalle, ed è soltanto il presente quello che conta.

            Poi cade la linea, ed era prevedibile, tanto che Niocke non prova neppure a ricomporre il numero telefonico, ma oramai quello che c’era da dire è già stato detto, e quello che conta sta semplicemente in quel contatto di pochi minuti. Adesso lui potrà scrivere una lunga lettera in cui descriverà la sua nuova vita, in cui nominerà le persone che lo stanno aiutando, ciò che ha trovato da fare per guadagnare dei soldi, come trascorrono le sue giornate, cosa spera di fare nel prossimo futuro, tutto quello che adesso riempie il suo tempo lontano dal Senegal. Ogni bambino che nasce in quella terra sa che prima o dopo dovrà fare i conti con la migrazione, questa parola orrenda che spiega tutto dei sentimenti nascosti dentro ad ogni persona del posto. Una dannazione, un destino, un’incombenza che grava su ogni famiglia con poche risorse, e che nessuno è capace di scrollarsi di dosso se non affrontandola e pianificandone i possibili risultati. C’è un incubo dietro alle madri che mettono al mondo i loro bambini, ed è quello di perderli quando saranno appena più grandi, di doverli salutare in un giorno qualunque, per rivederli soltanto nel caso in cui loro siano stati molto fortunati, oppure mai più. Niocke forse ce l’ha fatta, è riuscito nel suo intento, ha avuto la perseveranza di andare sempre avanti, anche se la lotta ingaggiata non è certo finita.

            Non dirà mai, in quelle lettere che da adesso in avanti conta di scrivere alla sua famiglia, che è stato addirittura picchiato da qualcuno che non desiderava dargli la possibilità di vivere nel luogo dove è stato catapultato da chissà quale combinazione di cose. Così come non dirà mai che è passato dalle mani di trafficanti senza scrupoli prima di arrivare fin lì. Cosa importano le sofferenze subite, pensa adesso. Ciò che conta è ciò che sei, quello che sei capace di dare agli altri, questo far parte di una vera comunità di persone, le quali lavorano e si adoperano ognuna per il bene dell’altra, mettendo assieme giorno per giorno il proprio pezzetto d’impegno per far funzionare le cose. Poi citerà tutti coloro che lo hanno aiutato e che continuano ad aiutarlo, dandogli fiducia, sostenendo i suoi sforzi per essere integrato tra tutti, perché è solo così che ogni miracolo si mostra possibile.

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 17 settembre 2025

Altri ragazzi.


            Negli ultimi giorni Sara non ha più avuto voglia di scrivere come sempre qualche pagina sul suo diario personale, ma si è limitata soltanto a prendere degli appunti, a mettere per iscritto qualche semplice pensiero scaturito da questo periodo intenso e forse leggermente confuso. Così, si è contenuta nello scrivere in fretta: <<Sono contenta di essere andata questo sabato a vedere Niocke mentre svolge gli allenamenti e gioca al pallone con la squadra del nostro paese; mi è sembrato di sentirlo un po’ più vicino>>. Suo zio, il Sindaco di Pian dei Fossi, anche lui presente a bordo campo, in questo caso si è molto complimentato con Sara della sensibilità che è riuscita a dimostrare circa l’impegno profuso nell’organizzazione del corteo che si terrà a breve. Le ha detto che è molto contento che i ragazzi del borgo siano disposti ad accogliere e a far integrare nel tessuto sociale del paese questi migranti bisognosi di tutto, sicuramente disposti a dare il meglio di sé una volta accettati. Lei ha sorriso, ha detto che le veniva spontaneo comportarsi così, e lui l’ha abbracciata, non perché sia e resti comunque suo zio, ma solo perché gli è sembrata una risposta condivisibile, piena di umanità. Quando poi i ragazzi della squadra hanno smesso di giocare e sono rientrati negli spogliatoi, Sara si è allontanata dal campo sportivo insieme a tutti gli altri scarsi spettatori, soprattutto perché, pur avendo il desiderio di attendere Nockie e di salutarlo in modo affettuoso e amichevole, in quel momento non desiderava metterlo in imbarazzo davanti ai suoi compagni di squadra.

            Poi ha scritto anche: <<Sulla corriera i ragazzi che vanno al liceo sono tutti propensi a farsi vedere alla prossima manifestazione, anche perché è la cosa più viva che sia mai accaduta nel nostro paese>>. Lei si è prodigata per spiegare le ragioni di fondo che sono alla base di questo raduno, e tutti gli altri, che non hanno mai visto Sara così appassionata, si sono mostrati molto entusiasti di poter essere presenti ad un evento che sicuramente non passerà inosservato. Naturalmente poi ci sono le persone che abitano a Pian dei Fossi e non prendono quella corriera, ma la possibilità di spiegare le ragioni di questa protesta di piazza sono tali per cui tutti gli studenti confidano nel valore indiscusso del passaparola. In fondo non c’è niente da perdere nell’evidenziare che è stata commessa una violenza gratuita verso l’individuo forse più debole nella piccola comunità del borgo, ed è quella comunità stessa che deve farsi carico di difendere chiunque si trovi nelle medesime condizioni. Anche chi potrebbe recalcitrare pensando che mostrarsi pubblicamente in un corteo è forse un po’ troppo, deve però riconoscere l’importanza e il valore di quelle parole, e appoggiare in qualche modo i ragazzi promotori di tutta la faccenda sembra quasi qualcosa di doveroso. Lo zio di Sara ha già detto che per ragioni di opportunità non potrà essere presente, però ha manifestato già tutto il suo appoggio.

            Poi lei ha scritto rapidamente alcune parole che appaiono confuse, una frase che sembra voler andare ben oltre il giorno fissato per la sfilata: <<Vorrei collegarmi con qualcuno che ne sappia più di me di questi problemi>>. Indubbiamente interessarsi di certi argomenti porta subito a cercare, dovunque esso sia, colui che difende gli stessi diritti, e forse sa meglio di altri come affrontare questi argomenti. In biblioteca Sara non ha trovato molto che tratta di tutto ciò, però ha scoperto in una rivista l’indirizzo di posta di un’associazione di volontari che organizzano dei piccoli convegni su questi temi, e lei, forte anche della pianificazione di questo corteo di paese, è propensa a scrivere a loro e a chiedere con molta sincerità cosa sia possibile fare di più e ulteriormente. La sua amica Laura sembra dispostissima a seguirla in tutto e per tutto, e Sara naturalmente ritiene che sia quella la strada maestra da perseguire. Già riflette che potrebbe formarsi un piccolo nucleo di ragazzi disposti a spiegare la propria opinione nell’ambito di qualche riunione da tenersi sulle panchine del piccolo parco di Pian dei Fossi, e forse in seguito potrebbe costituirsi una vera associazione per la difesa dei diritti del cittadino, forte del probabile appoggio anche del loro Sindaco.

            Infine, Sara ha buttato giù una frase che sembra più una domanda a sé stessa: <<Potrei forse fidanzarmi con Nockie, un giorno o l’altro, oppure il mio pensiero è solo una sciocchezza data soltanto da questo momento?>>. Lui è un bel ragazzo, e le sue origini e la sua vicenda sono senz’altro affascinanti, ma sicuramente questo non basta per immaginare già un risultato del genere. Lei comprende di vivere un momento confuso, però vuole essere chiara con lui, ed evitare di fargli immaginare qualcosa che di fatto ancora non c’è. Desidera tanto essergli amica, aiutarlo in tutto ciò di cui lui ha urgente bisogno, e stargli vicino, anche per farlo accettare dagli altri ragazzi del loro paese; ma forse ogni altro aspetto è del tutto prematuro, e poi probabilmente non è quello che possa davvero aiutare un ragazzo senegalese ad essere davvero uno come tutti gli altri ragazzi.

 

            Bruno Magnolfi   

martedì 16 settembre 2025

Certe convinzioni.


            Certe volte cammino da solo lungo le strade che portano fuori da questo centro abitato, e penso che vorrei tanto essere altrove, lontano da questo luogo in cui tutto con il trascorrere del tempo risulta poco per volta stratificato, dove la memoria dei cittadini e della gente comune come me non riesce a trattenere neppure quei minuscoli fatti che avvengono giorno dopo giorno e che qualche volta si rivelano importanti, anche soltanto per un semplice attimo, ma finendo nel giro di poco tempo tra le cose più ordinarie, più normali, del tutto prive di quel significato giudicato dai più soltanto apparente. Il caso sotto agli occhi di tutti potrebbe essere tranquillamente una scintilla per accompagnare questo luogo verso quel cambiamento che almeno a parole parecchie persone forse vorrebbero, e che nei fatti risulta sempre rinviabile, incapaci come si dimostrano gli stessi di dare un seguito significativo ai pensieri di oggi, e di trovare la via maestra per migliorare i propri comportamenti, i propri pensieri, la stessa condotta di vita. Succederà anche stavolta, ne sono sicuro, e la situazione che si è creata attorno ai veri signori e padroni del luogo, si mostrerà soltanto un fuoco di paglia, capace di fare una larga fiammata, per poi spegnersi inevitabilmente appena in un attimo.

            Non sono mai stato un gran pessimista, però ritengo che nessuno in questi giorni abbia davvero il desiderio in cuor suo di voler cambiare le cose: si parla, si discute, si affronta il tema più caldo che appare sotto lo sguardo di ognuno, ma ognuno poi prosegue nel compiere gli stessi gesti di sempre, sicuro di trovare davanti a sé ciò che conosce, ciò di cui non può fare a meno, e qualsiasi variazione anche minima dei propri pensieri viene filtrata dalla necessità di ritrovare poi tutto com’era, com’è sempre stato, fino a ridurre qualsiasi impulso un argomento soltanto inutile e persino dannoso. Non c’è alcuna spinta verso il cambiamento in questo paesetto, e di fronte alla novità evidente si ritiene di dover chiudersi a riccio, e di conservare ciò che si è mostrato negli anni capace di resistere di fronte a qualsiasi novità, di qualsiasi tipo. Ci sarà una piccola manifestazione, si dice da ogni parte, e già le persone più avanti con gli anni ne prendono immediatamente le distanze, dicendo che è soltanto un gruppo di ragazzi che crede si possa riuscire a cambiare le cose soltanto facendosi vedere esaltati, e che vorrebbero muovere le idee di molte persone semplicemente mostrando loro una scritta, uno striscione, un’idea, non rendendosi conto che se le cose sono in questa maniera è perché nessuno tra i loro padri si è mai piegato ad accettare delle variazioni verso qualcosa di così incognito.  

            Si è già visto girare nei giorni scorsi lungo le strade di Pian dei Fossi delle automobili persino troppo lucide, di colore scuro, con i vetri ugualmente oscurati, e tutti quanti hanno pensato una medesima cosa: giungeranno dei giorni peggiori di questi, qualcosa probabilmente verrà ordinato dall’alto, e tutti coloro che hanno creduto di poter mettere mano con grande facilità all’andamento dei fatti tra queste vie, dovranno rapidamente ripiegare sui propri comportamenti, perché non è questo il desiderio di chi sa come vanno le cose, e probabilmente le gestisce per il bene di tutti, senza che tutti siano capaci davvero di comprenderne il senso. Per questo qualche volta passeggio da solo fino ad allontanarmi da queste case, perché mi sembra che in mezzo a queste abitazioni ci siano soltanto persone prive di spina dorsale, incapaci di avere delle idee importanti, disposte ad accettare ciò che viene sempre calato dall’alto, senza mai fare in modo di determinare la loro stessa esistenza. Poi c’è quella strada intitolata ai Conti Tornassi, che porta direttamente da qui fino alla loro dimora, e che a detta di molti rimane una spina nel fianco per questo paese, dominato come nel Medio Evo da questi signori privi di scrupoli, ma che nessuno alla fine ha mai pensato di titolare in modo diverso.

            Gli eventi migratori delle persone che giungono fin qua dai paesi più sfortunati saranno sempre più intensi per tutta la nazione, questo ormai risulta evidente, ed anche nei piccoli centri come il nostro dovremo prima o dopo fare i conti con questa semplice realtà. Le cose a volte cambiano anche senza che qualcuno le voglia, ma in ogni caso risulta sempre doveroso riflettere che stare dalla parte della gente è sempre auspicabile, specialmente in piccoli centri abitati come Pian dei Fossi. Così proseguo a camminare e sono sicuro che se parlassi con qualcuno dei miei compaesani troverei subito la maniera per far risaltare il disaccordo profondo che ci divide. Ma non intendo piegarmi a ciò che deciderà o che rifiuterà la gente di questa zona, ed è per questo motivo che per molto tempo a venire, mi immagino fin d’ora, sarò costretto a lunghe camminate al bordo di queste strade che non mi porteranno mai da alcuna parte, ma mi terranno lontano per un po’ da certe convinzioni.

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 15 settembre 2025

Ulteriori preoccupazioni.


            All’aperto, nel vasto giardino che circonda la villa dei Conti Tornassi, le fitte siepi scolpite nella loro forma da mani esperte, sembrano accarezzare i tanti vialetti col fondo di ghiaia rosata, tanto da rendere qualsiasi punto tra tutto quel verde, ma specialmente gli slarghi ornati da qualcuna delle tante panchine di cui è disseminato quel parco, un ambito dove ad esempio leggere un libro in completa solitudine, oppure scambiare con calma qualche opinione con qualcuno naturalmente ben disposto al dialogo. Di fatto quel giardino non viene quasi mai usato, se non durante quelle rare occasioni in cui resta a pranzo qualche ospite tra coloro che gestiscono il mercato all’ingrosso degli ortaggi coltivati attorno a tutta la collina, oppure i commercianti della tanta frutta di varie specialità. Un caso a parte, però, resta per coloro che gestiscono la compravendita dei tanti ettolitri di vino prodotti dai vigneti dei Conti, peraltro negli ultimi anni piuttosto in ascesa nell’apprezzamento, tanto da richiamare l’interesse dei rappresentanti di alcune case vinicole disposte a mettere in vendita quel prodotto locale anche con etichette riportanti origini diverse da quelle effettive, in maniera da ottenere per tutti un maggiore introito finale. In quei casi e con quelle persone, la passeggiata in quel grande giardino è una tappa quasi obbligata, quasi una maniera per mostrare che oltre all’interesse economico nella famiglia è coltivato anche un certo gusto per le cose belle e anche per l’ambiente.

            Lucia e Renato, in assenza momentanea del loro fratello maggiore, si sono allontanati dalla villa con un passo non esattamente da passeggiata, ed alla fine, lontani da qualsiasi orecchio indiscreto, si sono ritrovati a scambiare le loro sincere opinioni che nutrono da un po’ di tempo per tutto ciò che sta succedendo alla loro famiglia. <<Non capisco proprio come abbia fatto Alberto a cadere in una stupidaggine di questo genere>>, dice nervosamente la sorella, mentre resta seduta sulla panchina fumando una delle sue sigarette. Roberto annuisce, anche lui non è troppo disposto a perdonare con facilità quello di cui si è reso responsabile diretto il loro fratello maggiore, pur riconoscendo che il piano da mettere in opera, a suo tempo, era stato spiegato anche a loro due con una certa chiarezza, tanto da lasciare, sugli intenti e sui risultati eventuali, ben pochi dubbi. <<Alla base di tutto comunque c’è questa ossessione di Alberto nel tenere lontana la manodopera immigrata dalle nostre terre>>, dice Lucia; <<Di fatto io non ho mai creduto fino in fondo a questa apocalisse ostentata da lui nel caso in cui i braccianti di colore inizino a sostituire i paesani di Pian dei Fossi nelle lavorazioni dei nostri prodotti. Peraltro, il lato positivo potrebbe stare addirittura nel fatto di riuscire a pagare di meno e in modo significativo questa manodopera, solo marginalmente a discapito di un abbassamento della qualità del lavoro e delle condizioni per il prodotto raccolto>>.

            Poi ambedue si alzano dalla panchina, forse tanto per non farsi notare troppo a lungo nello stesso luogo dalla servitù, avviandosi, ora però con passo più lento che agli inizi, verso la porta di mezzogiorno che si apre sul muro di cinta proseguendo con la strada verso il paese. <<Adesso comunque è il momento di riflettere bene sulle decisioni eventualmente da prendere>>, dice Roberto, <<considerando che la tattica di Alberto è sicuramente quella dell’immobilità, e cioè evitare qualsiasi variazione in azienda, e lasciare che le cose si sgonfino da sole non concedendo loro alcuna importanza. Ed io invece credo che per assurdo si potrebbe andare dal Sindaco di Pian dei Fossi, e tentare una trattativa sul piano della valorizzazione della manodopera locale, dimostrando facilmente che le nostre attività sono sempre state e rimangono ancora una preziosa risorsa economica per tutta la zona>>. Lucia si ferma un momento, osserva il fratello con una seria espressione del viso, poi dice: <<Ma senza mostrare alcuna debolezza, però; e soprattutto negando in ogni maniera qualsiasi responsabilità nei fatti recentemente accaduti>>. Roberto sorride, come per alleggerire l’argomento. <<Ma certo, ed anche se Alberto non accetterà mai una cosa del genere, forse dovremmo imporgliela, una volta tanto, facendoci forza soprattutto sulle nostre quote aziendali. In fondo abbiamo sempre subito le sue scelte, senza provocargli mai alcuna preoccupazione>>.  

            Il pesante cancello di ferro, osservandolo dal giardino, sembra quasi la griglia di una prigione sopra i terreni che scendono dolcemente verso la pianura, oltre le mura della recinzione, e i due fratelli dal carattere piuttosto diverso, sembrano comunque essere ispirati ambedue dallo stesso principio, quello di proseguire il più a lungo possibile con le idee dei loro padri, dei nonni e degli avi che hanno dominato da sempre con la loro politica agraria tutte le proprietà della famiglia composte di vasti terreni coltivabili. Poi dal basso giunge il ronzio ancora lontano del fuoristrada di Alberto, ed anche se ancora non si vede la macchina, Lucia e Roberto senza neppure scambiarsi una sola parola, vanno a nascondersi svelti dietro una siepe, come se soltanto essere lì dimostrasse la loro debole volontà di variare almeno qualcosa nelle decisioni già prese dal loro fratello maggiore. <<Meglio non procurargli ulteriori preoccupazioni>>, dice infine Roberto, con voce soffusa.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 13 settembre 2025

Scansati da tutti.


            <<Buongiorno, Toni Boi>>, dice il ragazzetto che abita nel condominio mentre rimane seduto sul gradino davanti al portone, con l’espressione di chi esprime un pensiero qualsiasi; <<La vita è proprio bella>>, conclude quindi senza preoccuparsi neppure di guardarlo. Antonio prosegue a camminare per qualche passo mentre lo saluta a sua volta con un semplice cenno, ma appena lo oltrepassa si ferma, riflette qualcosa per un attimo, e poi torna indietro. Forse quella frase l’ha ascoltata alla televisione, si immagina; forse l’ha letta da qualche parte, oppure qualcuno in casa sua l’ha riferita magari in un altro contesto, ma in ogni caso lui ne rimane colpito, tanto da chiedersi se la vita sia davvero così per tutti quanti, oppure se appaia in questo modo soltanto a qualcuno che sa valorizzarne alcuni aspetti essenziali e importanti. Toni Boi sorride al ragazzo, lo guarda per un tempo piuttosto lungo, poi riprende la marcia di prima. Non aveva mai riflettuto a fondo su un argomento del genere, però gli sembra improvvisamente che l’esistenza possa essere del tutto piacevole solo nei casi in cui non si verificano dei contrasti anche piccoli tra le persone, e quindi solo al momento in cui tutto sembra scorrere liscio, e lo scambio delle opinioni avviene tra individui che riescono persino ad apprezzare le idee diverse dalle proprie, senza trovare degli argomenti di divisione che generano inevitabilmente dei conflitti capaci di scatenare soltanto delle amarezze personali.

            Inconsapevolmente, forse è anche per questo che lui non si è mai preso la briga di parlare e rispondere a tutti coloro che incontra ogni giorno in paese, quelli che gli chiedono sempre immancabilmente qualcosa, a volte con insistenza e persino ridendo, e con il loro comportamento lasciano così sottintendere che ogni risposta avuta eventualmente da Toni possa essere comunque soltanto una spudorata sciocchezza. Lui finge di non essere neanche capace di parlare e di rispondere, proprio per non ritrovarsi a dover discutere su qualcosa che non è neppure di suo vero interesse, e magari questa forma di elementare saggezza gli ha permesso in tanti anni di convivenza con i suoi compaesani di aggirare qualche frequente dissidio e quindi anche qualche piccola infelicità. In casa di sua sorella, ad esempio, lui non dice mai niente, specialmente se è presente Carlo, suo cognato, in maniera da evitare qualsiasi possibile discussione. Già varie volte lo ha sentito di nascosto che diceva cose spiacevoli su di lui riferendosi a sua sorella, come ad esempio il fatto che a suo parere dovrebbe mostrarsi disponibile a svolgere un piccolo mestiere, adatto alle proprie capacità, invece di proseguire a vivere alle spalle della famiglia fidando dei soldi lasciati in eredità da sua mamma; oppure mettere quegli stessi soldi, che da anni tiene fermi e inutilizzati, a disposizione di tutti, invece di lasciarli bloccati nel conto bancario intestato a lui da sua sorella, rispettando la volontà di sua madre.

            Già soltanto nel pensare a delle cose del genere Antonio si sente addirittura in dissidio con tutti, come se comprendesse benissimo il giudizio di fondo che tutti in paese, compreso suo cognato, si sono formati su di lui e sulla sua maniera di vivere le proprie giornate. Ma è proprio questo il pensiero che si sente sicuro di dover rigettare, proprio ad evitare che possa nascere dentro di lui quell’afflizione generale e scoordinata, che semplicemente è sicuro sia il primo sintomo di una depressione nascente, e quindi di una ripresa della sua malattia. Per questo si trova bene in questo periodo soltanto quando sta insieme a Nockie, perché in quei momenti gli può spiegare con frasi e parole, le più semplici possibili, quello che c’è da sapere per accettare al meglio la vita in un piccolo paese come Pian dei Fossi, dove nessuno si mostra disposto ad essere appena accondiscendente verso gli altri, e per bene che vada spinge tutti coloro che non accettano certi comportamenti diffusi, ad isolarsi e a collocarsi del tutto al di fuori della socialità. Sa perfettamente che anche quando si abbasserà l’interesse momentaneo del paese su questo semplice ragazzo africano, nessuno si sentirà disposto a trattarlo come un qualsiasi lavoratore che svolge il suo ruolo di meccanico nell’officina di Aldo, e si dovrà sempre dire, magari a mezza bocca, che è comunque uno diverso, che è solo un migrante, che ha una maniera di pensare le cose diversa da tutti, e quindi che non è una persona qualunque, e come tale andrà sempre trattato, anche a distanza di anni.

            Toni Boi lo conosce bene quel percorso, che poi è in parte quello che ha subito anche lui stesso, ritrovandosi sempre a margine della comunità dei suoi compaesani, senza alcuna possibilità di integrarsi in mezzo agli altri come una persona qualsiasi. Forse c’era dell’ironia nella frase di quel ragazzo del condominio, pensa improvvisamente Toni Boi: probabilmente qualcuno ha cercato di spiegargli con voce alta che le cose non sono mai semplici come appaiono ad un primo sguardo, e che qualsiasi situazione è capace di generare qualche piccola infelicità, fino al punto, talvolta, di evidenziare che la vita non è poi tanto bella, specialmente se non si viene accettati da tutti.

 

            Bruno Magnolfi  

giovedì 11 settembre 2025

Cambio vero.


            Se il proprietario della vecchia osteria del paese aveva bisogno di qualche nuovo cliente, negli ultimi giorni può essere più che soddisfatto, perché sembra che tutti i suoi concittadini siano pronti a passare da quelle parti, ed in molti poi ad entrare là dentro per apprendere delle notizie fresche che là dentro vengono scambiate facilmente, e per comprendere quale sia il sentimento prevalente tra tutti gli abitanti di Pian dei Fossi. Così, anche nella piazzetta antistante, si radunano ad ogni ora dei gruppetti di persone che soprattutto scambiano opinioni sparse sui vari aspetti delle vicende del paese, anche se in alcuni pare che il desiderio prevalente stia iniziando poco per volta ad essere quello di un progressivo ritorno alla normalità. Poi, durante una mattina qualsiasi, si fa vedere d’improvviso il fuoristrada di colore chiaro noto a tutti per essere utilizzato frequentemente dalla famiglia dei Tornassi, che svolta lungo la strada principale del centro abitato, e poi accosta su un lato, arrestando la marcia ed il motore. Scende il Conte Alberto, in persona, senza fretta, con una cartellina tra le mani, e subito va ad infilarsi negli uffici del ragioniere Rimonti, fratello del Sindaco, da sempre il commercialista di tutti coloro che hanno la necessità di curare degli aspetti contabili e amministrativi. Tutti sanno che i Conti si sono sempre rivolti ad uno studio della vicina città per tenere la gestione delle loro attività commerciali, e questa sorpresa appare insolita se non viene affiancata alla probabile volontà della famiglia di annusare direttamente che cosa si stia pensando su di loro nel paese.

            Non si trattiene molto il signor Alberto, e già dopo una mezz’oretta è pronto a risalire sul suo fuoristrada e ad avviarne subito il motore, non prima però di aver dato, mettendo a posto le sue carte su di un sedile della vettura, una larga occhiata in giro, come se bastasse soltanto quella per comprendere su quanta parte dell’opinione pubblica possano ancora far forza i Conti Tornassi, e quanti del paese abbiano invece ormai deciso che quei signori di una stirpe d’altri tempi siano soltanto e semplicemente da condannare. <<Se almeno lui si fosse sposato>>, dice sorridendo qualcuno nella piazza, <<forse quei fratelli neppure si sarebbero ritrovati in queste condizioni>>. Altri ridono, come se quelle figure tanto temute fino a poco tempo fa fossero diventate di colpo delle macchiette alle cui spalle divertirsi e basta, dimenticando che quei signori proseguono comunque ad essere i più grossi proprietari terrieri di tutta la loro zona. In diversi gli gettano un’occhiata fulminante come fosse una lama di coltello, e qualcun altro sostiene che quell’Alberto è ormai diventato una persona ostile a tutti, impossibile persino da salutare incontrandolo per strada.

            Nell’osteria addirittura si brinda ai grandi Conti decaduti, ma qualcuno fa notare agli altri che non è cambiato niente, e se l’opinione pubblica ha preso qualche decisione nei loro confronti, questa non conterà un bel niente se, come sarà probabile, nessuno di loro sarà incriminato per i fatti relativi al ragazzo senegalese. Ma ad altri misfatti in fondo pensa la maggior parte dei paesani: a quel tenere la manodopera per le loro coltivazioni come fosse soltanto composta da semplici schiavi, assalariati al minimo sindacale possibile e costretti a turni di lavoro sempre infiniti, senza mai corrispondere un solo soldo per gli straordinari, di fatto resi in queto modo obbligatori. Qualcuno scuote la mano abbassando gli occhi, altri tra i più anziani si tengono la testa come a mostrare l’impazzimento di un lavoro tanto grave e faticoso quanto mai riconosciuto, e quasi tutti sembrano contenti, come se tutto questo fosse ormai alle loro spalle, non considerando che invece non ci sono state variazioni, e che il lavoro declinato in quella semplice e dura maniera dai Tornassi sulle loro proprietà va ancora avanti, come sempre, senza aver mai ricevuto nessuna correzione.

            Il signor Alberto chiude lo sportello della propria macchina, poi avvia il motore, e quindi esce rombando dalla scena, come se farsi vedere nel paese fosse stato un dimostrare che niente effettivamente sta cambiando in quel centro abitato e dalle loro parti, e che se la manodopera assunta tra i cittadini del paese desidera ancora avere quei pochi soldi derivanti dal sudore della fronte, i proprietari delle terre ci sono, disposti come sempre ad ingaggiarli ancora, naturalmente alle proprie condizioni di lavoro. Per qualche realista presente sulla piazza sembra difficile pensare che qualcosa possa davvero cambiare di segno, anche se si riconosce che da parte dei tre fratelli è stato fatto un grave passo falso: i mercati di tutta la regione che i Tornassi sono riusciti a raggiungere con il loro marchio e con la frutta e la verdura che riescono a produrre nelle loro terre, potrebbero scordarseli se soltanto i braccianti che lavorano per loro fossero messi completamente in regola e non risultassero oltre che sfruttati al massimo come sono sempre stati anche ridotti al silenzio nei confronti dei rappresentanti sindacali, pena non venire mai più chiamati per partecipare alle stagioni di raccolta. Quindi niente cambierà nella sostanza, dice poi qualcuno esprimendo il proprio pensiero, e forse a nessuno converrà che qualche cosa, anche di poco conto, possa cambiare veramente.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 9 settembre 2025

Piccola lezione.


            I ragazzi sanno perfettamente quello che sta avvenendo nel paese dove abitano. Avvertono anche di essere cresciuti grazie alle vicende recenti da cui in qualche maniera sono stati investiti, e se non ci stanno ad essere semplici spettatori dei fatti, almeno alcuni di loro ritengono che sia giunto il momento di schierarsi e di prendere posizione. Per questo, quando Niocke giunge nello spogliatoio del campo sportivo, in diversi lo abbracciano, mentre altri, forse soltanto meno estroversi, si complimentano con lui dando magari delle pacche sulle spalle al loro compagno di gioco, in mezzo a larghi sorrisi e felicitazioni per il suo rientro in squadra. Anche il loro allenatore appare molto contento, anche se conserva come gli è consueto una certa imparzialità, almeno per quanto riguarda ciò che non è strettamente sportivo. Poi tutti vanno in campo per il solito riscaldamento muscolare e lo scioglimento di braccia e di gambe, mentre Nockie appare agli altri il medesimo di sempre, grande corridore molto svelto e soprattutto agile nei suoi movimenti. Lui non ha detto troppe cose ai suoi compagni, il suo atteggiamento timido si è confermato tale anche in questa occasione, ed anche se adesso si rende conto perfettamente di come tutti quanti siano a conoscenza della sua vicenda e delle umiliazioni a cui è stato costretto, ugualmente conosce bene la volubilità dell’opinione generale nei confronti dei problemi delle persone immigrate, e di come l’opinione pubblica favorevole manifestata oggi, possa regredire facilmente e risultare cambiata appena domani.    

            Non ritiene in questi frangenti di essere un vero amico per nessuno dei suoi compagni di gioco, ed anche se tutto ciò in fondo non riesce a fargli molto piacere, preferisce però conservare con tutti un atteggiamento sfuggente e riservato, piuttosto che mostrarsi così superficiale da non rendersi conto che la strada per persone come lui è sempre più lunga e difficile di quello che potrebbe apparire in un primo momento. Poi si sente chiamare da qualcuno fuori dalla recinzione del campo sportivo: è Sara, che avendo saputo del suo rientro in squadra non ha proprio resistito alla voglia di vederlo giocare al pallone insieme ai suoi compaesani. C’è anche il Sindaco vicino a lei, e naturalmente tutto questo mette in forte soggezione ogni suo comportamento. Le attività comunque vanno avanti, e Niocke si concentra come tutti in ogni esercizio che l’allenatore pone loro di fronte, e quando tutti i ragazzi vengono divisi in due squadre per dare vita ad una piccola partita di calcio, in molti provano dentro sé stessi il desiderio di far parte della compagine dove gioca anche lui. Forse l’unico a tenersi in disparte e a sentirsi quasi contento di giocare come avversario nei suoi confronti, è proprio Marco, che avendo visto suo padre e sua cugina a bordo campo, non può fare a meno di gonfiare il petto nel tentativo di dimostrare con impegno il proprio valore.

            L’allenatore poi fischia l’inizio della partita, e Nockie corre subito sul campo come solo lui riesce a fare, anche se Marco intende tenergli dietro almeno per quanto gli torna possibile, sfoggiando tutte le capacità che ritiene di avere a propria disposizione. È soltanto una partita di prova, e si tratta di farla svolgere per un tempo molto limitato, ma proprio per questo i ragazzi sono chiamati a dare il meglio di sé stessi in quei pochi minuti che hanno a disposizione. Un avversario non dev’essere mai un nemico sul campo di calcio, e l’allenatore che conosce bene questa regola osserva attentamente il diverso modo di giocare e trattenere il pallone tra i piedi di Niocke e di Marco, e quando si verifica uno scontro diretto fra i due, comprende perfettamente che se lui riuscisse a far scatenare da quei giocatori il medesimo impegno che adesso fanno scaturire dalle proprie scarpette, magari impegnandosi dallo stesso lato del campo e collaborando nel gioco l’uno con l’altro, forse la squadra ne avrebbe un grande giovamento. Loro insistono, vanno avanti, rasentano un gioco anche più duro, ma alla fine sono costretti ambedue a fidarsi anche dei propri compagni di squadra, e perciò ad abbandonare l’idea che quella semplice partita sia uno scontro tra due soli giocatori.   

            Non c’è alcun vincente, l’allenatore ferma la partita, prova dei ruoli diversi, e alcuni ragazzi vengono invitati a cambiare il colore della propria maglietta ed andare a giocare nella squadra avversaria, proprio per trovare l’impulso migliore da imprimere in qualcuno di quei ragazzi. Ma Niocke e Marco vengono lasciati al momento nei loro ruoli, proprio per dimostrare che sarebbe sciocco tentare a questo punto una loro cooperazione voluta dall’alto: devono comprendere da soli, sembra riflettere l’allenatore, che un avversario è soltanto una figura di comodo, un semplice spauracchio contro cui scatenare le proprie risorse, ma la vera partita che si deve giocare è quella contro sé stessi, nel momento in cui non si comprende che non ci possono né devono esserci delle rivalità prive di senso. La partita va avanti per alcuni minuti, poi ne viene fischiato il termine, quando Nockie e Marco, estremamente affaticati del loro impegno ai massimi livelli, si stringono la mano, mostrando di aver forse compreso quella piccola lezione.

 

            Bruno Magnolfi   

lunedì 8 settembre 2025

Chissà quanto tempo.


            <<Si è fatto un grave errore nella valutazione delle possibili conseguenze, tutto qua>>, dice il signor Alberto Tornassi ai suoi fratelli, mentre si ritrovano nell’orario serale in un salottino appartato al piano superiore della villa padronale. <<Comunque, quello che adesso dà più fastidio è l’opinione pubblica del paese, che ci ha già condannato senza alcuna possibilità di difesa, anche se noi naturalmente proseguiremo a svolgere il nostro lavoro con la schiena dritta, come abbiamo sempre fatto, mentre invece tutti dovranno inchinarsi se desiderano proseguire a svolgere per noi un mestiere ben retribuito e ad avere degli introiti diretti o indiretti da parte nostra. Molti hanno tutto da perdere proseguendo con il loro comportamento, ed io sono sicuro che sarà sufficiente far trascorrere appena un po’ di tempo ed ogni cosa tornerà ad essere esattamente com’era prima di questo scombussolamento>>. Gli altri due della famiglia annuiscono in silenzio, d’altronde si sono sempre fidati del loro fratello maggiore, ed anche se non erano del tutto d’accordo nel dare corso al tentativo maldestro di impaurire quell’immigrato per allontanare sul nascere la manodopera di colore dalle loro terre, ugualmente, adesso che la minaccia di un vero scandalo è oramai nell’aria, si stringono tra loro senza alcun indugio nel tentativo di lasciarsi presto alle spalle tutta quella vicenda. <<Sono sicuro che gli inquirenti non riusciranno a scoprire l’identità di quei due che sono venuti fin qua per dare una lezione a quel senegalese, e quindi qualsiasi collegamento con la nostra famiglia si renderà impossibile da dimostrare, ed anche se si venisse a scoprire chi sono realmente quei due piccoli malfattori, e venissero arrestati e quindi interrogati, non avendo gli stessi alcun motivo per fare il nostro nome, ed al contrario parecchie ragioni per non farlo, sono sicuro che alla fine non diranno mai nulla di compromettente nei nostri confronti>>.

            La pesante porta della stanza è ben chiusa, il colloquio che avviene là dentro è qualcosa di cui i tre fratelli sono convinti di non dover affrontarne il tema mai più nel futuro, a meno che non ci siano degli sviluppi nelle indagini al momento comunque del tutto improbabili. <<Nessuno deve infangare il nostro buon nome, innalzato da generazioni ai più alti livelli di rispettabilità>>, afferma risoluta Lucia, la sorella più piccola dei tre, quella che appare più indispettita degli altri da tutto quello che sta accadendo attorno alla loro famiglia. <<Chiunque cerchi con delle affermazioni gratuite di mescolare i Conti Tornassi con questa squallida vicenda, peraltro nei fatti di una rilevanza ridicola, si guadagnerà un’immediata querela che mostrerà facilmente quali siano le capacità di difesa della nostra famiglia>>. Poi la donna si alza dalla poltrona su cui è rimasta seduta per tutto il tempo, osserva per un attimo nella notte qualcosa di poco importante dalla finestra che dà sul vasto giardino, ed infine tona a muoversi nervosamente dentro la stanza, torcendosi le mani ed evidenziando la sua profonda suscettibilità di fronte a cose del genere. Roberto, l’altro fratello, se ne rimane invece in disparte, senza prendere una posizione precisa, anche se non può certo fare a meno di schierarsi dalla parte della propria famiglia. Non interviene, non dice nulla, ma lascia come sempre che siano gli altri due a prendere le decisioni che contano, senza mettersi in mezzo.

            Infine, Alberto fa segno di sciogliere quel breve conciliabolo informale, ed ognuno dei tre, riaprendo la porta, va direttamente a raggiungere le proprie stanze, o comunque ad interessarsi di cose estremamente più semplici e pratiche. Lui avrebbe voluto parlare anche della linea difensiva messa a punto dal loro avvocato, ma in fondo sarebbe stato inutile adesso addossare almeno una parte di responsabilità della procedura prevista nei confronti del magistrato, ad una persona al di fuori della loro famiglia, e poi essendo accordi presi tra lui stesso e lo studio di quel professionista, gli era sembrato necessario a questo punto mantenere il più stretto riserbo su quelle carte che eventualmente verranno giocate soltanto al momento opportuno. Roberto peraltro ha subito sospettato che ci possono essere degli aspetti che non sono stati toccati dalle parole di suo fratello, ma la sua proverbiale riservatezza, in tutto ciò che normalmente fa e che dice, è tale da non lasciarlo mai in condizione di porre delle domande dirette, tantomeno a suo fratello maggiore. Già soltanto abitare ancora in quella casa storica dei Conti Tornassi gli pare qualcosa che non ha mai potuto decidere in piena libertà, ed anche proseguire ad occuparsi delle terre e delle coltivazioni che circondano la loro proprietà gli sembra ogni giorno di più una strozzatura. Il suo amore per l’arte, per i libri, per la cultura, sono tutti aspetti che fin da quando era piccolo ha dovuto mettere sempre da parte, e in questo momento però vorrebbe tanto aver lasciato a suo tempo la villa ed essere andato ad abitare in un’altra città, libero di occuparsi di ben altre cose. 

            Poi, la villa cade in un silenzio profondo: la servitù a quell’ora serale si è già ritirata, ed ognuno che ancora circola lungo i vasti corridoi, lo fa evitando di provocare qualsiasi rumore, come se le parole scambiate poc’anzi fossero rimaste nell’aria, sospese, e per chissà quanto tempo.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 6 settembre 2025

Sarà così.


            Lui si osserva le mani, guarda le cose che ha cercato di mettere in ordine nella nuova sistemazione, poi si siede, in silenzio, da solo come si trova. Ha inviato recentemente dei soldi alla mamma, alla sua famiglia, quei pochi che è riuscito a mettere insieme, ed ogni tanto comunque pensa a loro, alla casa-baracca dove abitavano in Senegal, e poi alle sue sorelle, e qualche volta anche ai suoi amici. Di telefonare ancora non se la sente, ma a suo parere va bene così: i soldi che ha inviato dicono già che lui sta bene, che lavora, che si sta sistemando, e per il momento è più che sufficiente. Si devono fare delle scelte, e se lui ha deciso di venire via da là non può ritornare con la mente sempre a quel luogo, a come viveva prima di adesso, ai suoi affetti, alla sua infanzia. Deve staccarsi, per quanto è possibile, guardare avanti e cercare di lasciare tutto il passato alle proprie spalle. Poi indossa le sue vecchie scarpe da ginnastica. È tardi, lo sa, ma questo non ha alcuna importanza: esce di casa camminando svelto ma non troppo frettolosamente, e quando raggiunge il campo sportivo, sempre deserto a quell’ora, inizia a correre attorno alla recinzione, due volte, tre volte, fino a perdere il conto di tutti i giri che riesce a compiere. Gli piace tenersi in forma, correre secondo lui è la cosa più bella di tutte, perché permette di avere tutto vicino, senza bisogno di nient’altro se non le proprie gambe. Riprenderà gli allenamenti con la squadra di calcio questo fine settimana, gli pare proprio che i tempi siano ormai maturi e che i ragazzi lo stiano aspettando con una certa impazienza.

Poi torna a casa, nella sua nuova piccola casa, le due stanze sopra l’officina dove lavora. La prima sera ha avuto paura a dormire qui, si svegliava ogni poco per qualsiasi rumore, ma adesso va meglio, e Aldo gli ha detto che da ora in avanti lui non avrà più alcun problema, ne è sicuro. È molto meglio stare lì piuttosto che viaggiare con la corriera per andare avanti e indietro fino al centro immigrati dove tutti gli altri si lamentano e poi basta, senza avere mai alcuna idea dentro la testa. Certo, fino a poco fa parlare la sua lingua con qualcuno era rassicurante, ma poco per volta Nockie si sta rendendo conto che la sua scelta è fatta, ed adesso deve abbracciare tutti quanti i nuovi aspetti della sua vita attuale. Ha preso in prestito un libro di facile lettura dalla biblioteca, e riesce ad andare avanti pagina su pagina, anche se avrebbe necessità di un piccolo dizionario per le parole che ancora non conosce. Per arrivare a scrivere in italiano invece la strada sembra molto più lunga: però lui conta di riuscirci tra qualche mese, o almeno di iniziare a definire qualche frase, e poi proseguire via via che le parole iniziano ad essergli più familiari. Si ritiene fortunato ad aver trovato persone proprio brave che lo aiutano, e lui vorrebbe ringraziarli in qualche modo, anche se non sa come farlo.

Che adesso ci sia questa piccola manifestazione di piazza contro il razzismo lo spaventa un po’, e non vorrebbe essere spedito così al centro della scena. Ha provato anche a parlarne al centro immigrati prima di prendere le sue cose e venire via, ma gli altri si sono mostrati scettici e indifferenti a queste faccende. Non interessa a nessuno mettersi in mostra, questa è la verità; ognuno pensa ad una sistemazione personale, non certo a scuotere le coscienze della gente coi propri problemi. In ogni caso lui andrà a questo ritrovo, lo ha promesso a Sara, che sembra entusiasta di poter fare qualcosa per aiutarlo, anche se lui ha provato a dirle che troppa pubblicità attorno al suo caso non gli pare sia la cosa migliore per risolvere i problemi. In ogni modo lui è contento di stare con Sara, di sentirla parlare, di guardarla, e quindi qualsiasi proposta lei gli faccia lui è disposto ad accettarla.

In officina le cose vanno avanti, anche se naturalmente lui sta risolvendo solo piccoli problemi alle macchine dei clienti di vecchia data che conoscono Aldo da una vita. È Aldo stesso, mentre se ne sta seduto con la sua gamba ancora ingessata e inamovibile, che spiega a tutti coloro che passano da lì con la propria auto, di non poter prendere in carico dei lavori impegnativi, e che ci vorrà un po’ di pazienza, e magari per adesso recarsi nel paese più vicino, dove c’è un’altra officina adatta per le riparazioni e i tagliandi più completi, e che almeno per un altro intero mese lui e Nockie non potranno essere efficienti come vorrebbero. Tutti annuiscono, qualcuno butta là anche un’occhiata verso Nockie, e forse si accorgono che lui, comunque, poco per volta sta diventando proprio un bravo meccanico. Aldo ultimamente lo tratta come un figlio, quello che non ha, forse perché si rende conto che avrà sempre più bisogno di un supporto vero nella sua officina, e poi sa che qualcuno prima o dopo dovrà pur mandare avanti quell’attività, e lui sembra proprio contento se sarà il suo Nockie.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 5 settembre 2025

Impreparati.


            <<Pronto, parlo con il Sindaco Ettore Rimonti?>>, dice con voce rauca il Questore del capoluogo della Provincia al telefono con il Comune di Pian dei Fossi. <<Buongiorno, Dottor Franceschi>>, risponde il Sindaco, che conosce ovviamente già da un certo tempo il Capo della Sicurezza locale. <<Desidero sinceramente farle perdere poco tempo, ma mi risulta che la richiesta di una manifestazione che si dovrà tenere a giorni nelle strade della sua cittadina, sia appoggiata da diversi partiti politici anche nell’arco dell’amministrazione che lei presiede. Ora, non ho niente in contrario naturalmente nell’autorizzare questo corteo, soprattutto perché immagino sarà costituito da ben poche persone, però volevo sapere da lei se a suo parere una sola camionetta di agenti organizzati possa essere sufficiente per controllare adeguatamente l’ordine pubblico, oppure se per caso ritenga che qualche malintenzionato possa approfittare della situazione per creare dei disordini>>. Rimonti riflette per un attimo, comprende immediatamente che il suo appoggio personale alla dimostrazione che dovrà tenersi prossimamente in paese non è visto affatto di buon occhio dalle autorità della Provincia, però cerca dentro di sé le parole giuste per dare una risposta che non appaia troppo di parte. <<Ma certo>>, dice senza dare alla sua espressione troppa leggerezza; <<Immagino che alla fine si rivelerà solo una sfilata di poche decine di studenti, non starei a preoccuparmi troppo di conseguenze imprevedibili. Nel nostro paese non mi risulta proprio ci siano in giro delle teste calde capaci di infiltrarsi tra i ragazzi del luogo e creare qualche scompiglio inappropriato. In fondo la motivazione di questo piccolo corteo è sacrosanta, qualcosa che sta scritto a chiare lettere addirittura nella Costituzione, e quindi non vedo come dovremmo preoccuparci più del dovuto>>.

            <<D’accordo, Sindaco>>, riprende il Questore con un certo distacco; <<Comunque, nel caso le arrivassero alle orecchie delle notizie anche solo vagamente allarmanti, non si periti a darmene immediatamente informazione diretta>>. Poi si salutano in maniera formale, ed il Rimonti resta per un attimo perplesso nel cercare di comprendere la motivazione vera che ha causato la telefonata appena giunta. <<Forse il Questore sa qualcosa che a me in questo momento sfugge>>, pensa mentre resta immobile alla scrivania del suo ufficio Comunale. <<Oppure vuole semplicemente scaricare una parte della propria responsabilità da ciò che potrebbe avvenire veramente, coinvolgendo così in qualche maniera l’amministrazione e la giunta in carica di questo paese, in modo da indicare in seguito almeno qualche colpa sulla mia diretta mancanza di sensibilità e forse di miopia, e quindi di incapacità di prevenzione nei confronti della cittadinanza più agitata>>. Poi il Rimonti si alza dalla propria sedia e raggiunge la stanza della segreteria di fianco, dove due impiegate stanno lavorando alle proprie scrivanie. <<Forse sarà meglio evitare che appaiano le insegne Comunali in questa benedetta manifestazione>>, dice come pensando ad alta voce. <<In fondo, oltre le sacrosante prese di posizione ideologiche, questa amministrazione però ha molto da perdere nel mettersi in contrasto con i Conti Tornassi, che se lo desiderano possono facilmente metterci i bastoni tra le ruote>>. Le due donne annuiscono senza intervenire, quindi il Sindaco torna momentaneamente nel suo ufficio.

               Quando poi il Rimonti, dopo una manciata di minuti, prende la giacca e scende sulla piazza dove è collocato il piccolo palazzo comunale, si rende conto che in paese sta spirando un’aria strana, e che tutti forse si aspettano da un attimo all’altro che accada persino qualcosa di irreversibile. Cammina lungo la strada principale ed arriva fino davanti alla solita osteria, dove tutti sanno benissimo che vengono discusse ogni giorno le opinioni più diffuse, e dove spesso la verità delle cose viene sciorinata insieme alla saggezza popolare. In diversi lo salutano mentre si avvicina, e qualcuno giunge persino a togliersi il cappello per una forma antica di rispetto. <<Che si dice di nuovo?>>, fa il Sindaco, rivolgendosi ad un gruppetto di persone là davanti, mentre guarda tutti con un’aria sorridente e per quanto può anche tranquillizzante. E dopo un primo momento silenzioso, uno di loro dice in fretta che in paese c’è preoccupazione, e che i fatti sembrano mostrare un disegno piuttosto complicato, forse fatto apposta per destabilizzare l’opinione generale su ciò che da decenni è stato sempre ritenuto inamovibile. Il Rimonti torna a sorridere, comprende il punto di vista dei cittadini che temono di perdere il lavoro, o di ritrovarsi comunque senza quelle certezze su cui hanno sempre contato, ma non riesce in questo momento a pronunciare delle parole rassicuranti.

            Quindi saluta ed entra nel locale, dove in diversi lasciano lo spazio al bancone per il loro Sindaco. Lui resta in silenzio, osserva le persone che si ritrova accanto; quindi, fa un cenno al proprietario che conosce oramai da lunga data, appartandosi con lui in un angolo della vasta sala, in questo momento ancora sgombra degli incalliti giocatori di carte. <<Se ci sono delle novità importanti, e tu mi hai capito a cosa io mi riferisco, fammi subito una telefonata. Qua stiamo tutti rischiando grosso, e non possiamo permetterci di farci trovare impreparati>>.

 

            Bruno Magnolfi