mercoledì 17 settembre 2025

Altri ragazzi.


            Negli ultimi giorni Sara non ha più avuto voglia di scrivere come sempre qualche pagina sul suo diario personale, ma si è limitata soltanto a prendere degli appunti, a mettere per iscritto qualche semplice pensiero scaturito da questo periodo intenso e forse leggermente confuso. Così, si è contenuta nello scrivere in fretta: <<Sono contenta di essere andata questo sabato a vedere Niocke mentre svolge gli allenamenti e gioca al pallone con la squadra del nostro paese; mi è sembrato di sentirlo un po’ più vicino>>. Suo zio, il Sindaco di Pian dei Fossi, anche lui presente a bordo campo, in questo caso si è molto complimentato con Sara della sensibilità che è riuscita a dimostrare circa l’impegno profuso nell’organizzazione del corteo che si terrà a breve. Le ha detto che è molto contento che i ragazzi del borgo siano disposti ad accogliere e a far integrare nel tessuto sociale del paese questi migranti bisognosi di tutto, sicuramente disposti a dare il meglio di sé una volta accettati. Lei ha sorriso, ha detto che le veniva spontaneo comportarsi così, e lui l’ha abbracciata, non perché sia e resti comunque suo zio, ma solo perché gli è sembrata una risposta condivisibile, piena di umanità. Quando poi i ragazzi della squadra hanno smesso di giocare e sono rientrati negli spogliatoi, Sara si è allontanata dal campo sportivo insieme a tutti gli altri scarsi spettatori, soprattutto perché, pur avendo il desiderio di attendere Nockie e di salutarlo in modo affettuoso e amichevole, in quel momento non desiderava metterlo in imbarazzo davanti ai suoi compagni di squadra.

            Poi ha scritto anche: <<Sulla corriera i ragazzi che vanno al liceo sono tutti propensi a farsi vedere alla prossima manifestazione, anche perché è la cosa più viva che sia mai accaduta nel nostro paese>>. Lei si è prodigata per spiegare le ragioni di fondo che sono alla base di questo raduno, e tutti gli altri, che non hanno mai visto Sara così appassionata, si sono mostrati molto entusiasti di poter essere presenti ad un evento che sicuramente non passerà inosservato. Naturalmente poi ci sono le persone che abitano a Pian dei Fossi e non prendono quella corriera, ma la possibilità di spiegare le ragioni di questa protesta di piazza sono tali per cui tutti gli studenti confidano nel valore indiscusso del passaparola. In fondo non c’è niente da perdere nell’evidenziare che è stata commessa una violenza gratuita verso l’individuo forse più debole nella piccola comunità del borgo, ed è quella comunità stessa che deve farsi carico di difendere chiunque si trovi nelle medesime condizioni. Anche chi potrebbe recalcitrare pensando che mostrarsi pubblicamente in un corteo è forse un po’ troppo, deve però riconoscere l’importanza e il valore di quelle parole, e appoggiare in qualche modo i ragazzi promotori di tutta la faccenda sembra quasi qualcosa di doveroso. Lo zio di Sara ha già detto che per ragioni di opportunità non potrà essere presente, però ha manifestato già tutto il suo appoggio.

            Poi lei ha scritto rapidamente alcune parole che appaiono confuse, una frase che sembra voler andare ben oltre il giorno fissato per la sfilata: <<Vorrei collegarmi con qualcuno che ne sappia più di me di questi problemi>>. Indubbiamente interessarsi di certi argomenti porta subito a cercare, dovunque esso sia, colui che difende gli stessi diritti, e forse sa meglio di altri come affrontare questi argomenti. In biblioteca Sara non ha trovato molto che tratta di tutto ciò, però ha scoperto in una rivista l’indirizzo di posta di un’associazione di volontari che organizzano dei piccoli convegni su questi temi, e lei, forte anche della pianificazione di questo corteo di paese, è propensa a scrivere a loro e a chiedere con molta sincerità cosa sia possibile fare di più e ulteriormente. La sua amica Laura sembra dispostissima a seguirla in tutto e per tutto, e Sara naturalmente ritiene che sia quella la strada maestra da perseguire. Già riflette che potrebbe formarsi un piccolo nucleo di ragazzi disposti a spiegare la propria opinione nell’ambito di qualche riunione da tenersi sulle panchine del piccolo parco di Pian dei Fossi, e forse in seguito potrebbe costituirsi una vera associazione per la difesa dei diritti del cittadino, forte del probabile appoggio anche del loro Sindaco.

            Infine, Sara ha buttato giù una frase che sembra più una domanda a sé stessa: <<Potrei forse fidanzarmi con Nockie, un giorno o l’altro, oppure il mio pensiero è solo una sciocchezza data soltanto da questo momento?>>. Lui è un bel ragazzo, e le sue origini e la sua vicenda sono senz’altro affascinanti, ma sicuramente questo non basta per immaginare già un risultato del genere. Lei comprende di vivere un momento confuso, però vuole essere chiara con lui, ed evitare di fargli immaginare qualcosa che di fatto ancora non c’è. Desidera tanto essergli amica, aiutarlo in tutto ciò di cui lui ha urgente bisogno, e stargli vicino, anche per farlo accettare dagli altri ragazzi del loro paese; ma forse ogni altro aspetto è del tutto prematuro, e poi probabilmente non è quello che possa davvero aiutare un ragazzo senegalese ad essere davvero uno come tutti gli altri ragazzi.

 

            Bruno Magnolfi   

martedì 16 settembre 2025

Certe convinzioni.


            Certe volte cammino da solo lungo le strade che portano fuori da questo centro abitato, e penso che vorrei tanto essere altrove, lontano da questo luogo in cui tutto con il trascorrere del tempo risulta poco per volta stratificato, dove la memoria dei cittadini e della gente comune come me non riesce a trattenere neppure quei minuscoli fatti che avvengono giorno dopo giorno e che qualche volta si rivelano importanti, anche soltanto per un semplice attimo, ma finendo nel giro di poco tempo tra le cose più ordinarie, più normali, del tutto prive di quel significato giudicato dai più soltanto apparente. Il caso sotto agli occhi di tutti potrebbe essere tranquillamente una scintilla per accompagnare questo luogo verso quel cambiamento che almeno a parole parecchie persone forse vorrebbero, e che nei fatti risulta sempre rinviabile, incapaci come si dimostrano gli stessi di dare un seguito significativo ai pensieri di oggi, e di trovare la via maestra per migliorare i propri comportamenti, i propri pensieri, la stessa condotta di vita. Succederà anche stavolta, ne sono sicuro, e la situazione che si è creata attorno ai veri signori e padroni del luogo, si mostrerà soltanto un fuoco di paglia, capace di fare una larga fiammata, per poi spegnersi inevitabilmente appena in un attimo.

            Non sono mai stato un gran pessimista, però ritengo che nessuno in questi giorni abbia davvero il desiderio in cuor suo di voler cambiare le cose: si parla, si discute, si affronta il tema più caldo che appare sotto lo sguardo di ognuno, ma ognuno poi prosegue nel compiere gli stessi gesti di sempre, sicuro di trovare davanti a sé ciò che conosce, ciò di cui non può fare a meno, e qualsiasi variazione anche minima dei propri pensieri viene filtrata dalla necessità di ritrovare poi tutto com’era, com’è sempre stato, fino a ridurre qualsiasi impulso un argomento soltanto inutile e persino dannoso. Non c’è alcuna spinta verso il cambiamento in questo paesetto, e di fronte alla novità evidente si ritiene di dover chiudersi a riccio, e di conservare ciò che si è mostrato negli anni capace di resistere di fronte a qualsiasi novità, di qualsiasi tipo. Ci sarà una piccola manifestazione, si dice da ogni parte, e già le persone più avanti con gli anni ne prendono immediatamente le distanze, dicendo che è soltanto un gruppo di ragazzi che crede si possa riuscire a cambiare le cose soltanto facendosi vedere esaltati, e che vorrebbero muovere le idee di molte persone semplicemente mostrando loro una scritta, uno striscione, un’idea, non rendendosi conto che se le cose sono in questa maniera è perché nessuno tra i loro padri si è mai piegato ad accettare delle variazioni verso qualcosa di così incognito.  

            Si è già visto girare nei giorni scorsi lungo le strade di Pian dei Fossi delle automobili persino troppo lucide, di colore scuro, con i vetri ugualmente oscurati, e tutti quanti hanno pensato una medesima cosa: giungeranno dei giorni peggiori di questi, qualcosa probabilmente verrà ordinato dall’alto, e tutti coloro che hanno creduto di poter mettere mano con grande facilità all’andamento dei fatti tra queste vie, dovranno rapidamente ripiegare sui propri comportamenti, perché non è questo il desiderio di chi sa come vanno le cose, e probabilmente le gestisce per il bene di tutti, senza che tutti siano capaci davvero di comprenderne il senso. Per questo qualche volta passeggio da solo fino ad allontanarmi da queste case, perché mi sembra che in mezzo a queste abitazioni ci siano soltanto persone prive di spina dorsale, incapaci di avere delle idee importanti, disposte ad accettare ciò che viene sempre calato dall’alto, senza mai fare in modo di determinare la loro stessa esistenza. Poi c’è quella strada intitolata ai Conti Tornassi, che porta direttamente da qui fino alla loro dimora, e che a detta di molti rimane una spina nel fianco per questo paese, dominato come nel Medio Evo da questi signori privi di scrupoli, ma che nessuno alla fine ha mai pensato di titolare in modo diverso.

            Gli eventi migratori delle persone che giungono fin qua dai paesi più sfortunati saranno sempre più intensi per tutta la nazione, questo ormai risulta evidente, ed anche nei piccoli centri come il nostro dovremo prima o dopo fare i conti con questa semplice realtà. Le cose a volte cambiano anche senza che qualcuno le voglia, ma in ogni caso risulta sempre doveroso riflettere che stare dalla parte della gente è sempre auspicabile, specialmente in piccoli centri abitati come Pian dei Fossi. Così proseguo a camminare e sono sicuro che se parlassi con qualcuno dei miei compaesani troverei subito la maniera per far risaltare il disaccordo profondo che ci divide. Ma non intendo piegarmi a ciò che deciderà o che rifiuterà la gente di questa zona, ed è per questo motivo che per molto tempo a venire, mi immagino fin d’ora, sarò costretto a lunghe camminate al bordo di queste strade che non mi porteranno mai da alcuna parte, ma mi terranno lontano per un po’ da certe convinzioni.

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 15 settembre 2025

Ulteriori preoccupazioni.


            All’aperto, nel vasto giardino che circonda la villa dei Conti Tornassi, le fitte siepi scolpite nella loro forma da mani esperte, sembrano accarezzare i tanti vialetti col fondo di ghiaia rosata, tanto da rendere qualsiasi punto tra tutto quel verde, ma specialmente gli slarghi ornati da qualcuna delle tante panchine di cui è disseminato quel parco, un ambito dove ad esempio leggere un libro in completa solitudine, oppure scambiare con calma qualche opinione con qualcuno naturalmente ben disposto al dialogo. Di fatto quel giardino non viene quasi mai usato, se non durante quelle rare occasioni in cui resta a pranzo qualche ospite tra coloro che gestiscono il mercato all’ingrosso degli ortaggi coltivati attorno a tutta la collina, oppure i commercianti della tanta frutta di varie specialità. Un caso a parte, però, resta per coloro che gestiscono la compravendita dei tanti ettolitri di vino prodotti dai vigneti dei Conti, peraltro negli ultimi anni piuttosto in ascesa nell’apprezzamento, tanto da richiamare l’interesse dei rappresentanti di alcune case vinicole disposte a mettere in vendita quel prodotto locale anche con etichette riportanti origini diverse da quelle effettive, in maniera da ottenere per tutti un maggiore introito finale. In quei casi e con quelle persone, la passeggiata in quel grande giardino è una tappa quasi obbligata, quasi una maniera per mostrare che oltre all’interesse economico nella famiglia è coltivato anche un certo gusto per le cose belle e anche per l’ambiente.

            Lucia e Renato, in assenza momentanea del loro fratello maggiore, si sono allontanati dalla villa con un passo non esattamente da passeggiata, ed alla fine, lontani da qualsiasi orecchio indiscreto, si sono ritrovati a scambiare le loro sincere opinioni che nutrono da un po’ di tempo per tutto ciò che sta succedendo alla loro famiglia. <<Non capisco proprio come abbia fatto Alberto a cadere in una stupidaggine di questo genere>>, dice nervosamente la sorella, mentre resta seduta sulla panchina fumando una delle sue sigarette. Roberto annuisce, anche lui non è troppo disposto a perdonare con facilità quello di cui si è reso responsabile diretto il loro fratello maggiore, pur riconoscendo che il piano da mettere in opera, a suo tempo, era stato spiegato anche a loro due con una certa chiarezza, tanto da lasciare, sugli intenti e sui risultati eventuali, ben pochi dubbi. <<Alla base di tutto comunque c’è questa ossessione di Alberto nel tenere lontana la manodopera immigrata dalle nostre terre>>, dice Lucia; <<Di fatto io non ho mai creduto fino in fondo a questa apocalisse ostentata da lui nel caso in cui i braccianti di colore inizino a sostituire i paesani di Pian dei Fossi nelle lavorazioni dei nostri prodotti. Peraltro, il lato positivo potrebbe stare addirittura nel fatto di riuscire a pagare di meno e in modo significativo questa manodopera, solo marginalmente a discapito di un abbassamento della qualità del lavoro e delle condizioni per il prodotto raccolto>>.

            Poi ambedue si alzano dalla panchina, forse tanto per non farsi notare troppo a lungo nello stesso luogo dalla servitù, avviandosi, ora però con passo più lento che agli inizi, verso la porta di mezzogiorno che si apre sul muro di cinta proseguendo con la strada verso il paese. <<Adesso comunque è il momento di riflettere bene sulle decisioni eventualmente da prendere>>, dice Roberto, <<considerando che la tattica di Alberto è sicuramente quella dell’immobilità, e cioè evitare qualsiasi variazione in azienda, e lasciare che le cose si sgonfino da sole non concedendo loro alcuna importanza. Ed io invece credo che per assurdo si potrebbe andare dal Sindaco di Pian dei Fossi, e tentare una trattativa sul piano della valorizzazione della manodopera locale, dimostrando facilmente che le nostre attività sono sempre state e rimangono ancora una preziosa risorsa economica per tutta la zona>>. Lucia si ferma un momento, osserva il fratello con una seria espressione del viso, poi dice: <<Ma senza mostrare alcuna debolezza, però; e soprattutto negando in ogni maniera qualsiasi responsabilità nei fatti recentemente accaduti>>. Roberto sorride, come per alleggerire l’argomento. <<Ma certo, ed anche se Alberto non accetterà mai una cosa del genere, forse dovremmo imporgliela, una volta tanto, facendoci forza soprattutto sulle nostre quote aziendali. In fondo abbiamo sempre subito le sue scelte, senza provocargli mai alcuna preoccupazione>>.  

            Il pesante cancello di ferro, osservandolo dal giardino, sembra quasi la griglia di una prigione sopra i terreni che scendono dolcemente verso la pianura, oltre le mura della recinzione, e i due fratelli dal carattere piuttosto diverso, sembrano comunque essere ispirati ambedue dallo stesso principio, quello di proseguire il più a lungo possibile con le idee dei loro padri, dei nonni e degli avi che hanno dominato da sempre con la loro politica agraria tutte le proprietà della famiglia composte di vasti terreni coltivabili. Poi dal basso giunge il ronzio ancora lontano del fuoristrada di Alberto, ed anche se ancora non si vede la macchina, Lucia e Roberto senza neppure scambiarsi una sola parola, vanno a nascondersi svelti dietro una siepe, come se soltanto essere lì dimostrasse la loro debole volontà di variare almeno qualcosa nelle decisioni già prese dal loro fratello maggiore. <<Meglio non procurargli ulteriori preoccupazioni>>, dice infine Roberto, con voce soffusa.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 13 settembre 2025

Scansati da tutti.


            <<Buongiorno, Toni Boi>>, dice il ragazzetto che abita nel condominio mentre rimane seduto sul gradino davanti al portone, con l’espressione di chi esprime un pensiero qualsiasi; <<La vita è proprio bella>>, conclude quindi senza preoccuparsi neppure di guardarlo. Antonio prosegue a camminare per qualche passo mentre lo saluta a sua volta con un semplice cenno, ma appena lo oltrepassa si ferma, riflette qualcosa per un attimo, e poi torna indietro. Forse quella frase l’ha ascoltata alla televisione, si immagina; forse l’ha letta da qualche parte, oppure qualcuno in casa sua l’ha riferita magari in un altro contesto, ma in ogni caso lui ne rimane colpito, tanto da chiedersi se la vita sia davvero così per tutti quanti, oppure se appaia in questo modo soltanto a qualcuno che sa valorizzarne alcuni aspetti essenziali e importanti. Toni Boi sorride al ragazzo, lo guarda per un tempo piuttosto lungo, poi riprende la marcia di prima. Non aveva mai riflettuto a fondo su un argomento del genere, però gli sembra improvvisamente che l’esistenza possa essere del tutto piacevole solo nei casi in cui non si verificano dei contrasti anche piccoli tra le persone, e quindi solo al momento in cui tutto sembra scorrere liscio, e lo scambio delle opinioni avviene tra individui che riescono persino ad apprezzare le idee diverse dalle proprie, senza trovare degli argomenti di divisione che generano inevitabilmente dei conflitti capaci di scatenare soltanto delle amarezze personali.

            Inconsapevolmente, forse è anche per questo che lui non si è mai preso la briga di parlare e rispondere a tutti coloro che incontra ogni giorno in paese, quelli che gli chiedono sempre immancabilmente qualcosa, a volte con insistenza e persino ridendo, e con il loro comportamento lasciano così sottintendere che ogni risposta avuta eventualmente da Toni possa essere comunque soltanto una spudorata sciocchezza. Lui finge di non essere neanche capace di parlare e di rispondere, proprio per non ritrovarsi a dover discutere su qualcosa che non è neppure di suo vero interesse, e magari questa forma di elementare saggezza gli ha permesso in tanti anni di convivenza con i suoi compaesani di aggirare qualche frequente dissidio e quindi anche qualche piccola infelicità. In casa di sua sorella, ad esempio, lui non dice mai niente, specialmente se è presente Carlo, suo cognato, in maniera da evitare qualsiasi possibile discussione. Già varie volte lo ha sentito di nascosto che diceva cose spiacevoli su di lui riferendosi a sua sorella, come ad esempio il fatto che a suo parere dovrebbe mostrarsi disponibile a svolgere un piccolo mestiere, adatto alle proprie capacità, invece di proseguire a vivere alle spalle della famiglia fidando dei soldi lasciati in eredità da sua mamma; oppure mettere quegli stessi soldi, che da anni tiene fermi e inutilizzati, a disposizione di tutti, invece di lasciarli bloccati nel conto bancario intestato a lui da sua sorella, rispettando la volontà di sua madre.

            Già soltanto nel pensare a delle cose del genere Antonio si sente addirittura in dissidio con tutti, come se comprendesse benissimo il giudizio di fondo che tutti in paese, compreso suo cognato, si sono formati su di lui e sulla sua maniera di vivere le proprie giornate. Ma è proprio questo il pensiero che si sente sicuro di dover rigettare, proprio ad evitare che possa nascere dentro di lui quell’afflizione generale e scoordinata, che semplicemente è sicuro sia il primo sintomo di una depressione nascente, e quindi di una ripresa della sua malattia. Per questo si trova bene in questo periodo soltanto quando sta insieme a Nockie, perché in quei momenti gli può spiegare con frasi e parole, le più semplici possibili, quello che c’è da sapere per accettare al meglio la vita in un piccolo paese come Pian dei Fossi, dove nessuno si mostra disposto ad essere appena accondiscendente verso gli altri, e per bene che vada spinge tutti coloro che non accettano certi comportamenti diffusi, ad isolarsi e a collocarsi del tutto al di fuori della socialità. Sa perfettamente che anche quando si abbasserà l’interesse momentaneo del paese su questo semplice ragazzo africano, nessuno si sentirà disposto a trattarlo come un qualsiasi lavoratore che svolge il suo ruolo di meccanico nell’officina di Aldo, e si dovrà sempre dire, magari a mezza bocca, che è comunque uno diverso, che è solo un migrante, che ha una maniera di pensare le cose diversa da tutti, e quindi che non è una persona qualunque, e come tale andrà sempre trattato, anche a distanza di anni.

            Toni Boi lo conosce bene quel percorso, che poi è in parte quello che ha subito anche lui stesso, ritrovandosi sempre a margine della comunità dei suoi compaesani, senza alcuna possibilità di integrarsi in mezzo agli altri come una persona qualsiasi. Forse c’era dell’ironia nella frase di quel ragazzo del condominio, pensa improvvisamente Toni Boi: probabilmente qualcuno ha cercato di spiegargli con voce alta che le cose non sono mai semplici come appaiono ad un primo sguardo, e che qualsiasi situazione è capace di generare qualche piccola infelicità, fino al punto, talvolta, di evidenziare che la vita non è poi tanto bella, specialmente se non si viene accettati da tutti.

 

            Bruno Magnolfi  

giovedì 11 settembre 2025

Cambio vero.


            Se il proprietario della vecchia osteria del paese aveva bisogno di qualche nuovo cliente, negli ultimi giorni può essere più che soddisfatto, perché sembra che tutti i suoi concittadini siano pronti a passare da quelle parti, ed in molti poi ad entrare là dentro per apprendere delle notizie fresche che là dentro vengono scambiate facilmente, e per comprendere quale sia il sentimento prevalente tra tutti gli abitanti di Pian dei Fossi. Così, anche nella piazzetta antistante, si radunano ad ogni ora dei gruppetti di persone che soprattutto scambiano opinioni sparse sui vari aspetti delle vicende del paese, anche se in alcuni pare che il desiderio prevalente stia iniziando poco per volta ad essere quello di un progressivo ritorno alla normalità. Poi, durante una mattina qualsiasi, si fa vedere d’improvviso il fuoristrada di colore chiaro noto a tutti per essere utilizzato frequentemente dalla famiglia dei Tornassi, che svolta lungo la strada principale del centro abitato, e poi accosta su un lato, arrestando la marcia ed il motore. Scende il Conte Alberto, in persona, senza fretta, con una cartellina tra le mani, e subito va ad infilarsi negli uffici del ragioniere Rimonti, fratello del Sindaco, da sempre il commercialista di tutti coloro che hanno la necessità di curare degli aspetti contabili e amministrativi. Tutti sanno che i Conti si sono sempre rivolti ad uno studio della vicina città per tenere la gestione delle loro attività commerciali, e questa sorpresa appare insolita se non viene affiancata alla probabile volontà della famiglia di annusare direttamente che cosa si stia pensando su di loro nel paese.

            Non si trattiene molto il signor Alberto, e già dopo una mezz’oretta è pronto a risalire sul suo fuoristrada e ad avviarne subito il motore, non prima però di aver dato, mettendo a posto le sue carte su di un sedile della vettura, una larga occhiata in giro, come se bastasse soltanto quella per comprendere su quanta parte dell’opinione pubblica possano ancora far forza i Conti Tornassi, e quanti del paese abbiano invece ormai deciso che quei signori di una stirpe d’altri tempi siano soltanto e semplicemente da condannare. <<Se almeno lui si fosse sposato>>, dice sorridendo qualcuno nella piazza, <<forse quei fratelli neppure si sarebbero ritrovati in queste condizioni>>. Altri ridono, come se quelle figure tanto temute fino a poco tempo fa fossero diventate di colpo delle macchiette alle cui spalle divertirsi e basta, dimenticando che quei signori proseguono comunque ad essere i più grossi proprietari terrieri di tutta la loro zona. In diversi gli gettano un’occhiata fulminante come fosse una lama di coltello, e qualcun altro sostiene che quell’Alberto è ormai diventato una persona ostile a tutti, impossibile persino da salutare incontrandolo per strada.

            Nell’osteria addirittura si brinda ai grandi Conti decaduti, ma qualcuno fa notare agli altri che non è cambiato niente, e se l’opinione pubblica ha preso qualche decisione nei loro confronti, questa non conterà un bel niente se, come sarà probabile, nessuno di loro sarà incriminato per i fatti relativi al ragazzo senegalese. Ma ad altri misfatti in fondo pensa la maggior parte dei paesani: a quel tenere la manodopera per le loro coltivazioni come fosse soltanto composta da semplici schiavi, assalariati al minimo sindacale possibile e costretti a turni di lavoro sempre infiniti, senza mai corrispondere un solo soldo per gli straordinari, di fatto resi in queto modo obbligatori. Qualcuno scuote la mano abbassando gli occhi, altri tra i più anziani si tengono la testa come a mostrare l’impazzimento di un lavoro tanto grave e faticoso quanto mai riconosciuto, e quasi tutti sembrano contenti, come se tutto questo fosse ormai alle loro spalle, non considerando che invece non ci sono state variazioni, e che il lavoro declinato in quella semplice e dura maniera dai Tornassi sulle loro proprietà va ancora avanti, come sempre, senza aver mai ricevuto nessuna correzione.

            Il signor Alberto chiude lo sportello della propria macchina, poi avvia il motore, e quindi esce rombando dalla scena, come se farsi vedere nel paese fosse stato un dimostrare che niente effettivamente sta cambiando in quel centro abitato e dalle loro parti, e che se la manodopera assunta tra i cittadini del paese desidera ancora avere quei pochi soldi derivanti dal sudore della fronte, i proprietari delle terre ci sono, disposti come sempre ad ingaggiarli ancora, naturalmente alle proprie condizioni di lavoro. Per qualche realista presente sulla piazza sembra difficile pensare che qualcosa possa davvero cambiare di segno, anche se si riconosce che da parte dei tre fratelli è stato fatto un grave passo falso: i mercati di tutta la regione che i Tornassi sono riusciti a raggiungere con il loro marchio e con la frutta e la verdura che riescono a produrre nelle loro terre, potrebbero scordarseli se soltanto i braccianti che lavorano per loro fossero messi completamente in regola e non risultassero oltre che sfruttati al massimo come sono sempre stati anche ridotti al silenzio nei confronti dei rappresentanti sindacali, pena non venire mai più chiamati per partecipare alle stagioni di raccolta. Quindi niente cambierà nella sostanza, dice poi qualcuno esprimendo il proprio pensiero, e forse a nessuno converrà che qualche cosa, anche di poco conto, possa cambiare veramente.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 9 settembre 2025

Piccola lezione.


            I ragazzi sanno perfettamente quello che sta avvenendo nel paese dove abitano. Avvertono anche di essere cresciuti grazie alle vicende recenti da cui in qualche maniera sono stati investiti, e se non ci stanno ad essere semplici spettatori dei fatti, almeno alcuni di loro ritengono che sia giunto il momento di schierarsi e di prendere posizione. Per questo, quando Niocke giunge nello spogliatoio del campo sportivo, in diversi lo abbracciano, mentre altri, forse soltanto meno estroversi, si complimentano con lui dando magari delle pacche sulle spalle al loro compagno di gioco, in mezzo a larghi sorrisi e felicitazioni per il suo rientro in squadra. Anche il loro allenatore appare molto contento, anche se conserva come gli è consueto una certa imparzialità, almeno per quanto riguarda ciò che non è strettamente sportivo. Poi tutti vanno in campo per il solito riscaldamento muscolare e lo scioglimento di braccia e di gambe, mentre Nockie appare agli altri il medesimo di sempre, grande corridore molto svelto e soprattutto agile nei suoi movimenti. Lui non ha detto troppe cose ai suoi compagni, il suo atteggiamento timido si è confermato tale anche in questa occasione, ed anche se adesso si rende conto perfettamente di come tutti quanti siano a conoscenza della sua vicenda e delle umiliazioni a cui è stato costretto, ugualmente conosce bene la volubilità dell’opinione generale nei confronti dei problemi delle persone immigrate, e di come l’opinione pubblica favorevole manifestata oggi, possa regredire facilmente e risultare cambiata appena domani.    

            Non ritiene in questi frangenti di essere un vero amico per nessuno dei suoi compagni di gioco, ed anche se tutto ciò in fondo non riesce a fargli molto piacere, preferisce però conservare con tutti un atteggiamento sfuggente e riservato, piuttosto che mostrarsi così superficiale da non rendersi conto che la strada per persone come lui è sempre più lunga e difficile di quello che potrebbe apparire in un primo momento. Poi si sente chiamare da qualcuno fuori dalla recinzione del campo sportivo: è Sara, che avendo saputo del suo rientro in squadra non ha proprio resistito alla voglia di vederlo giocare al pallone insieme ai suoi compaesani. C’è anche il Sindaco vicino a lei, e naturalmente tutto questo mette in forte soggezione ogni suo comportamento. Le attività comunque vanno avanti, e Niocke si concentra come tutti in ogni esercizio che l’allenatore pone loro di fronte, e quando tutti i ragazzi vengono divisi in due squadre per dare vita ad una piccola partita di calcio, in molti provano dentro sé stessi il desiderio di far parte della compagine dove gioca anche lui. Forse l’unico a tenersi in disparte e a sentirsi quasi contento di giocare come avversario nei suoi confronti, è proprio Marco, che avendo visto suo padre e sua cugina a bordo campo, non può fare a meno di gonfiare il petto nel tentativo di dimostrare con impegno il proprio valore.

            L’allenatore poi fischia l’inizio della partita, e Nockie corre subito sul campo come solo lui riesce a fare, anche se Marco intende tenergli dietro almeno per quanto gli torna possibile, sfoggiando tutte le capacità che ritiene di avere a propria disposizione. È soltanto una partita di prova, e si tratta di farla svolgere per un tempo molto limitato, ma proprio per questo i ragazzi sono chiamati a dare il meglio di sé stessi in quei pochi minuti che hanno a disposizione. Un avversario non dev’essere mai un nemico sul campo di calcio, e l’allenatore che conosce bene questa regola osserva attentamente il diverso modo di giocare e trattenere il pallone tra i piedi di Niocke e di Marco, e quando si verifica uno scontro diretto fra i due, comprende perfettamente che se lui riuscisse a far scatenare da quei giocatori il medesimo impegno che adesso fanno scaturire dalle proprie scarpette, magari impegnandosi dallo stesso lato del campo e collaborando nel gioco l’uno con l’altro, forse la squadra ne avrebbe un grande giovamento. Loro insistono, vanno avanti, rasentano un gioco anche più duro, ma alla fine sono costretti ambedue a fidarsi anche dei propri compagni di squadra, e perciò ad abbandonare l’idea che quella semplice partita sia uno scontro tra due soli giocatori.   

            Non c’è alcun vincente, l’allenatore ferma la partita, prova dei ruoli diversi, e alcuni ragazzi vengono invitati a cambiare il colore della propria maglietta ed andare a giocare nella squadra avversaria, proprio per trovare l’impulso migliore da imprimere in qualcuno di quei ragazzi. Ma Niocke e Marco vengono lasciati al momento nei loro ruoli, proprio per dimostrare che sarebbe sciocco tentare a questo punto una loro cooperazione voluta dall’alto: devono comprendere da soli, sembra riflettere l’allenatore, che un avversario è soltanto una figura di comodo, un semplice spauracchio contro cui scatenare le proprie risorse, ma la vera partita che si deve giocare è quella contro sé stessi, nel momento in cui non si comprende che non ci possono né devono esserci delle rivalità prive di senso. La partita va avanti per alcuni minuti, poi ne viene fischiato il termine, quando Nockie e Marco, estremamente affaticati del loro impegno ai massimi livelli, si stringono la mano, mostrando di aver forse compreso quella piccola lezione.

 

            Bruno Magnolfi   

lunedì 8 settembre 2025

Chissà quanto tempo.


            <<Si è fatto un grave errore nella valutazione delle possibili conseguenze, tutto qua>>, dice il signor Alberto Tornassi ai suoi fratelli, mentre si ritrovano nell’orario serale in un salottino appartato al piano superiore della villa padronale. <<Comunque, quello che adesso dà più fastidio è l’opinione pubblica del paese, che ci ha già condannato senza alcuna possibilità di difesa, anche se noi naturalmente proseguiremo a svolgere il nostro lavoro con la schiena dritta, come abbiamo sempre fatto, mentre invece tutti dovranno inchinarsi se desiderano proseguire a svolgere per noi un mestiere ben retribuito e ad avere degli introiti diretti o indiretti da parte nostra. Molti hanno tutto da perdere proseguendo con il loro comportamento, ed io sono sicuro che sarà sufficiente far trascorrere appena un po’ di tempo ed ogni cosa tornerà ad essere esattamente com’era prima di questo scombussolamento>>. Gli altri due della famiglia annuiscono in silenzio, d’altronde si sono sempre fidati del loro fratello maggiore, ed anche se non erano del tutto d’accordo nel dare corso al tentativo maldestro di impaurire quell’immigrato per allontanare sul nascere la manodopera di colore dalle loro terre, ugualmente, adesso che la minaccia di un vero scandalo è oramai nell’aria, si stringono tra loro senza alcun indugio nel tentativo di lasciarsi presto alle spalle tutta quella vicenda. <<Sono sicuro che gli inquirenti non riusciranno a scoprire l’identità di quei due che sono venuti fin qua per dare una lezione a quel senegalese, e quindi qualsiasi collegamento con la nostra famiglia si renderà impossibile da dimostrare, ed anche se si venisse a scoprire chi sono realmente quei due piccoli malfattori, e venissero arrestati e quindi interrogati, non avendo gli stessi alcun motivo per fare il nostro nome, ed al contrario parecchie ragioni per non farlo, sono sicuro che alla fine non diranno mai nulla di compromettente nei nostri confronti>>.

            La pesante porta della stanza è ben chiusa, il colloquio che avviene là dentro è qualcosa di cui i tre fratelli sono convinti di non dover affrontarne il tema mai più nel futuro, a meno che non ci siano degli sviluppi nelle indagini al momento comunque del tutto improbabili. <<Nessuno deve infangare il nostro buon nome, innalzato da generazioni ai più alti livelli di rispettabilità>>, afferma risoluta Lucia, la sorella più piccola dei tre, quella che appare più indispettita degli altri da tutto quello che sta accadendo attorno alla loro famiglia. <<Chiunque cerchi con delle affermazioni gratuite di mescolare i Conti Tornassi con questa squallida vicenda, peraltro nei fatti di una rilevanza ridicola, si guadagnerà un’immediata querela che mostrerà facilmente quali siano le capacità di difesa della nostra famiglia>>. Poi la donna si alza dalla poltrona su cui è rimasta seduta per tutto il tempo, osserva per un attimo nella notte qualcosa di poco importante dalla finestra che dà sul vasto giardino, ed infine tona a muoversi nervosamente dentro la stanza, torcendosi le mani ed evidenziando la sua profonda suscettibilità di fronte a cose del genere. Roberto, l’altro fratello, se ne rimane invece in disparte, senza prendere una posizione precisa, anche se non può certo fare a meno di schierarsi dalla parte della propria famiglia. Non interviene, non dice nulla, ma lascia come sempre che siano gli altri due a prendere le decisioni che contano, senza mettersi in mezzo.

            Infine, Alberto fa segno di sciogliere quel breve conciliabolo informale, ed ognuno dei tre, riaprendo la porta, va direttamente a raggiungere le proprie stanze, o comunque ad interessarsi di cose estremamente più semplici e pratiche. Lui avrebbe voluto parlare anche della linea difensiva messa a punto dal loro avvocato, ma in fondo sarebbe stato inutile adesso addossare almeno una parte di responsabilità della procedura prevista nei confronti del magistrato, ad una persona al di fuori della loro famiglia, e poi essendo accordi presi tra lui stesso e lo studio di quel professionista, gli era sembrato necessario a questo punto mantenere il più stretto riserbo su quelle carte che eventualmente verranno giocate soltanto al momento opportuno. Roberto peraltro ha subito sospettato che ci possono essere degli aspetti che non sono stati toccati dalle parole di suo fratello, ma la sua proverbiale riservatezza, in tutto ciò che normalmente fa e che dice, è tale da non lasciarlo mai in condizione di porre delle domande dirette, tantomeno a suo fratello maggiore. Già soltanto abitare ancora in quella casa storica dei Conti Tornassi gli pare qualcosa che non ha mai potuto decidere in piena libertà, ed anche proseguire ad occuparsi delle terre e delle coltivazioni che circondano la loro proprietà gli sembra ogni giorno di più una strozzatura. Il suo amore per l’arte, per i libri, per la cultura, sono tutti aspetti che fin da quando era piccolo ha dovuto mettere sempre da parte, e in questo momento però vorrebbe tanto aver lasciato a suo tempo la villa ed essere andato ad abitare in un’altra città, libero di occuparsi di ben altre cose. 

            Poi, la villa cade in un silenzio profondo: la servitù a quell’ora serale si è già ritirata, ed ognuno che ancora circola lungo i vasti corridoi, lo fa evitando di provocare qualsiasi rumore, come se le parole scambiate poc’anzi fossero rimaste nell’aria, sospese, e per chissà quanto tempo.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 6 settembre 2025

Sarà così.


            Lui si osserva le mani, guarda le cose che ha cercato di mettere in ordine nella nuova sistemazione, poi si siede, in silenzio, da solo come si trova. Ha inviato recentemente dei soldi alla mamma, alla sua famiglia, quei pochi che è riuscito a mettere insieme, ed ogni tanto comunque pensa a loro, alla casa-baracca dove abitavano in Senegal, e poi alle sue sorelle, e qualche volta anche ai suoi amici. Di telefonare ancora non se la sente, ma a suo parere va bene così: i soldi che ha inviato dicono già che lui sta bene, che lavora, che si sta sistemando, e per il momento è più che sufficiente. Si devono fare delle scelte, e se lui ha deciso di venire via da là non può ritornare con la mente sempre a quel luogo, a come viveva prima di adesso, ai suoi affetti, alla sua infanzia. Deve staccarsi, per quanto è possibile, guardare avanti e cercare di lasciare tutto il passato alle proprie spalle. Poi indossa le sue vecchie scarpe da ginnastica. È tardi, lo sa, ma questo non ha alcuna importanza: esce di casa camminando svelto ma non troppo frettolosamente, e quando raggiunge il campo sportivo, sempre deserto a quell’ora, inizia a correre attorno alla recinzione, due volte, tre volte, fino a perdere il conto di tutti i giri che riesce a compiere. Gli piace tenersi in forma, correre secondo lui è la cosa più bella di tutte, perché permette di avere tutto vicino, senza bisogno di nient’altro se non le proprie gambe. Riprenderà gli allenamenti con la squadra di calcio questo fine settimana, gli pare proprio che i tempi siano ormai maturi e che i ragazzi lo stiano aspettando con una certa impazienza.

Poi torna a casa, nella sua nuova piccola casa, le due stanze sopra l’officina dove lavora. La prima sera ha avuto paura a dormire qui, si svegliava ogni poco per qualsiasi rumore, ma adesso va meglio, e Aldo gli ha detto che da ora in avanti lui non avrà più alcun problema, ne è sicuro. È molto meglio stare lì piuttosto che viaggiare con la corriera per andare avanti e indietro fino al centro immigrati dove tutti gli altri si lamentano e poi basta, senza avere mai alcuna idea dentro la testa. Certo, fino a poco fa parlare la sua lingua con qualcuno era rassicurante, ma poco per volta Nockie si sta rendendo conto che la sua scelta è fatta, ed adesso deve abbracciare tutti quanti i nuovi aspetti della sua vita attuale. Ha preso in prestito un libro di facile lettura dalla biblioteca, e riesce ad andare avanti pagina su pagina, anche se avrebbe necessità di un piccolo dizionario per le parole che ancora non conosce. Per arrivare a scrivere in italiano invece la strada sembra molto più lunga: però lui conta di riuscirci tra qualche mese, o almeno di iniziare a definire qualche frase, e poi proseguire via via che le parole iniziano ad essergli più familiari. Si ritiene fortunato ad aver trovato persone proprio brave che lo aiutano, e lui vorrebbe ringraziarli in qualche modo, anche se non sa come farlo.

Che adesso ci sia questa piccola manifestazione di piazza contro il razzismo lo spaventa un po’, e non vorrebbe essere spedito così al centro della scena. Ha provato anche a parlarne al centro immigrati prima di prendere le sue cose e venire via, ma gli altri si sono mostrati scettici e indifferenti a queste faccende. Non interessa a nessuno mettersi in mostra, questa è la verità; ognuno pensa ad una sistemazione personale, non certo a scuotere le coscienze della gente coi propri problemi. In ogni caso lui andrà a questo ritrovo, lo ha promesso a Sara, che sembra entusiasta di poter fare qualcosa per aiutarlo, anche se lui ha provato a dirle che troppa pubblicità attorno al suo caso non gli pare sia la cosa migliore per risolvere i problemi. In ogni modo lui è contento di stare con Sara, di sentirla parlare, di guardarla, e quindi qualsiasi proposta lei gli faccia lui è disposto ad accettarla.

In officina le cose vanno avanti, anche se naturalmente lui sta risolvendo solo piccoli problemi alle macchine dei clienti di vecchia data che conoscono Aldo da una vita. È Aldo stesso, mentre se ne sta seduto con la sua gamba ancora ingessata e inamovibile, che spiega a tutti coloro che passano da lì con la propria auto, di non poter prendere in carico dei lavori impegnativi, e che ci vorrà un po’ di pazienza, e magari per adesso recarsi nel paese più vicino, dove c’è un’altra officina adatta per le riparazioni e i tagliandi più completi, e che almeno per un altro intero mese lui e Nockie non potranno essere efficienti come vorrebbero. Tutti annuiscono, qualcuno butta là anche un’occhiata verso Nockie, e forse si accorgono che lui, comunque, poco per volta sta diventando proprio un bravo meccanico. Aldo ultimamente lo tratta come un figlio, quello che non ha, forse perché si rende conto che avrà sempre più bisogno di un supporto vero nella sua officina, e poi sa che qualcuno prima o dopo dovrà pur mandare avanti quell’attività, e lui sembra proprio contento se sarà il suo Nockie.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 5 settembre 2025

Impreparati.


            <<Pronto, parlo con il Sindaco Ettore Rimonti?>>, dice con voce rauca il Questore del capoluogo della Provincia al telefono con il Comune di Pian dei Fossi. <<Buongiorno, Dottor Franceschi>>, risponde il Sindaco, che conosce ovviamente già da un certo tempo il Capo della Sicurezza locale. <<Desidero sinceramente farle perdere poco tempo, ma mi risulta che la richiesta di una manifestazione che si dovrà tenere a giorni nelle strade della sua cittadina, sia appoggiata da diversi partiti politici anche nell’arco dell’amministrazione che lei presiede. Ora, non ho niente in contrario naturalmente nell’autorizzare questo corteo, soprattutto perché immagino sarà costituito da ben poche persone, però volevo sapere da lei se a suo parere una sola camionetta di agenti organizzati possa essere sufficiente per controllare adeguatamente l’ordine pubblico, oppure se per caso ritenga che qualche malintenzionato possa approfittare della situazione per creare dei disordini>>. Rimonti riflette per un attimo, comprende immediatamente che il suo appoggio personale alla dimostrazione che dovrà tenersi prossimamente in paese non è visto affatto di buon occhio dalle autorità della Provincia, però cerca dentro di sé le parole giuste per dare una risposta che non appaia troppo di parte. <<Ma certo>>, dice senza dare alla sua espressione troppa leggerezza; <<Immagino che alla fine si rivelerà solo una sfilata di poche decine di studenti, non starei a preoccuparmi troppo di conseguenze imprevedibili. Nel nostro paese non mi risulta proprio ci siano in giro delle teste calde capaci di infiltrarsi tra i ragazzi del luogo e creare qualche scompiglio inappropriato. In fondo la motivazione di questo piccolo corteo è sacrosanta, qualcosa che sta scritto a chiare lettere addirittura nella Costituzione, e quindi non vedo come dovremmo preoccuparci più del dovuto>>.

            <<D’accordo, Sindaco>>, riprende il Questore con un certo distacco; <<Comunque, nel caso le arrivassero alle orecchie delle notizie anche solo vagamente allarmanti, non si periti a darmene immediatamente informazione diretta>>. Poi si salutano in maniera formale, ed il Rimonti resta per un attimo perplesso nel cercare di comprendere la motivazione vera che ha causato la telefonata appena giunta. <<Forse il Questore sa qualcosa che a me in questo momento sfugge>>, pensa mentre resta immobile alla scrivania del suo ufficio Comunale. <<Oppure vuole semplicemente scaricare una parte della propria responsabilità da ciò che potrebbe avvenire veramente, coinvolgendo così in qualche maniera l’amministrazione e la giunta in carica di questo paese, in modo da indicare in seguito almeno qualche colpa sulla mia diretta mancanza di sensibilità e forse di miopia, e quindi di incapacità di prevenzione nei confronti della cittadinanza più agitata>>. Poi il Rimonti si alza dalla propria sedia e raggiunge la stanza della segreteria di fianco, dove due impiegate stanno lavorando alle proprie scrivanie. <<Forse sarà meglio evitare che appaiano le insegne Comunali in questa benedetta manifestazione>>, dice come pensando ad alta voce. <<In fondo, oltre le sacrosante prese di posizione ideologiche, questa amministrazione però ha molto da perdere nel mettersi in contrasto con i Conti Tornassi, che se lo desiderano possono facilmente metterci i bastoni tra le ruote>>. Le due donne annuiscono senza intervenire, quindi il Sindaco torna momentaneamente nel suo ufficio.

               Quando poi il Rimonti, dopo una manciata di minuti, prende la giacca e scende sulla piazza dove è collocato il piccolo palazzo comunale, si rende conto che in paese sta spirando un’aria strana, e che tutti forse si aspettano da un attimo all’altro che accada persino qualcosa di irreversibile. Cammina lungo la strada principale ed arriva fino davanti alla solita osteria, dove tutti sanno benissimo che vengono discusse ogni giorno le opinioni più diffuse, e dove spesso la verità delle cose viene sciorinata insieme alla saggezza popolare. In diversi lo salutano mentre si avvicina, e qualcuno giunge persino a togliersi il cappello per una forma antica di rispetto. <<Che si dice di nuovo?>>, fa il Sindaco, rivolgendosi ad un gruppetto di persone là davanti, mentre guarda tutti con un’aria sorridente e per quanto può anche tranquillizzante. E dopo un primo momento silenzioso, uno di loro dice in fretta che in paese c’è preoccupazione, e che i fatti sembrano mostrare un disegno piuttosto complicato, forse fatto apposta per destabilizzare l’opinione generale su ciò che da decenni è stato sempre ritenuto inamovibile. Il Rimonti torna a sorridere, comprende il punto di vista dei cittadini che temono di perdere il lavoro, o di ritrovarsi comunque senza quelle certezze su cui hanno sempre contato, ma non riesce in questo momento a pronunciare delle parole rassicuranti.

            Quindi saluta ed entra nel locale, dove in diversi lasciano lo spazio al bancone per il loro Sindaco. Lui resta in silenzio, osserva le persone che si ritrova accanto; quindi, fa un cenno al proprietario che conosce oramai da lunga data, appartandosi con lui in un angolo della vasta sala, in questo momento ancora sgombra degli incalliti giocatori di carte. <<Se ci sono delle novità importanti, e tu mi hai capito a cosa io mi riferisco, fammi subito una telefonata. Qua stiamo tutti rischiando grosso, e non possiamo permetterci di farci trovare impreparati>>.

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 3 settembre 2025

Eventuale rinuncia.


            <<Io sto con il signor Alberto>>, dice Carlo sottovoce ma con decisione mentre è seduto ad un tavolo della solita osteria dove si ferma quasi sempre mentre sta tornando verso casa dopo il lavoro. <<Cioè, intendo dire che a me pare impossibile che i Tornassi siano stati capaci di macchinare una cosa del genere soltanto nel tentativo di allontanare certa mano d’opera dalle loro tenute. Certo, c’è un’indagine in corso, ma se proseguono le cose in questo modo, con l’opinione pubblica già tutta schierata contro di loro, so già che i Conti verranno condannati, anche in assenza di prove, perché il giudice si farà facilmente influenzare da ciò che dice tutta la gente in questo stupido posto>>. L’altro lo ascolta, lavora anche lui nelle tenute dei Tornassi come addetto alla trasformazione dei vini, e adesso però si sente diviso tra l’opinione pressante che coltiva dentro di sé e quello che invece desidererebbe tanto non accadesse, proprio per non ritrovarsi magari anche senza un mestiere, dopo aver faticato tanto per entrare nelle grazie dei suoi datori di lavoro, ed essersi guadagnato poco per volta un’occupazione di tutto rispetto. Carlo continua a guardarsi attorno: da qualche giorno gli sembra che tutti nel paese abbiano delle orecchie potenziate, capaci di avvertire ed interpretare rapidamente qualsiasi affermazione si trovino ad ascoltare in giro, e naturalmente quel locale dove si trova lui in questo momento è il luogo maggiormente affollato dai delatori, dove in un attimo si può riuscire a perdere una reputazione coltivata in anni di frequentazione di quel posto.

            <<Le cose forse andranno per le lunghe>>, riprende a dire Carlo con lo stesso tono di prima, confidando nelle chiacchiere a voce alta che un diverso gruppo di persone stanno facendo davanti al bancone, tali da coprire le sue affermazioni. <<Si dice che tutto quanto con il tempo si sgonfierà, perderà di importanza, e quello che per alcuni adesso sembra già fondamentale, nel corso dei mesi diverrà semplicemente una possibilità su cui non fare troppo affidamento, fino a quando le cose finiranno nel solito dimenticatoio. Appare evidente che i Conti con il loro avvocato stanno lavorando per dilatare le indagini il più a lungo possibile, e la strategia che stanno cercando di introdurre è proprio quella di far perdere peso all’accusa che viene mossa contro di loro. Neppure il Pubblico Ministero comunque può essere intenzionato a chiudere troppo in fretta tutto il caso: in questo momento c’è curiosità da parte di molte persone, anche tra gli abitanti del capoluogo, e se iniziano a muoversi perfino i giornalisti, magari attirati dal clamore che si è già sollevato, allora diventa difficile restare davvero imparziali, e per questo motivo anche per lui è giusto allentare nel tempo le tensioni>>. L’altro lo guarda con attenzione, poi beve un sorso dal suo bicchiere e fa un sorriso, come se loro due stessero parlando di cose che in fondo non sono troppo importanti.

            <<Io però non mi ci trovo ad essere spinto da una parte definita della questione, soltanto perché sono a busta paga dai Tornassi. Mi piacerebbe essere libero di avere la mia opinione e di poterla esprimere con tutti, ma è evidente che se solo un dipendente qualsiasi dei Conti in questo momento si lascia sfuggire qualcosa contro di loro, e quel parere viene riportato alle orecchie dei fratelli, quel dipendente può dimenticarsi immediatamente il suo posto di lavoro. Tutto ciò vale per tutti noi che lavoriamo attorno a quel castello, ma anche chi non ha un mestiere diretto in quelle proprietà può comunque ritrovarsi male in seguito, avversato in ogni campo dalle lunghe mani dei fratelli che sanno perfettamente come muovere le loro pedine sopra la scacchiera>>. Si accosta a loro due un anziano bracciante che ha lavorato a lungo nei frutteti dei Tornassi, uno che adesso è oramai è a riposo, e quindi non ha interesse ad avere un’opinione forzatamente favorevole nei confronti dei suoi antichi datori di lavoro. <<Che si dice in fattoria?>>, chiede con estrema ingenuità. Carlo non lo guarda, si prende una pausa, poi dice soltanto: <<Quello che tutti dicono anche qui>>.

            Poi i due si alzano dal tavolo, pagano la loro bevuta e vanno verso la porta del locale dividendosi appena fuori con un semplice cenno di saluto. Carlo, mentre lentamente torna verso casa, riflette che persino questa cosa sciocca del corteo foraggiato dagli studenti non è una cosa buona ai fini dell’inchiesta. Sa perfettamente che troppo clamore in paese è visto come una iattura dai Tornassi, e va da sé che, per chiunque operi con loro, se soltanto si avvicinasse anche per semplice curiosità a quel corteo di ragazzi, avverrebbe immediatamente la propria crocifissione sul piano del lavoro. Sa che Antonio invece intende proprio partecipare a quella ragazzata, ma lui non desiderando parlargli in modo duro per fargli comprendere l’errore e farlo desistere, dovrà nei prossimi giorni tentare di sminuire l’importanza della manifestazione, come fosse una semplice cosa da ragazzi, appunto, in modo da farlo convincere da solo alla propria rinuncia. Ne va del suo mestiere, è tutto qua.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 2 settembre 2025

Lotta di cambiamento.


            Certe volte mi innervosisco, specialmente quando qualcuno del paese mi guarda in faccia con insistenza, come se forse desiderasse trovare tra i miei lineamenti qualche segno indelebile della mia malattia, oppure se ricercasse nei miei stessi modi di guardarmi intorno i motivi dei gesti e dei comportamenti che a volte assumo, dati in generale dal fastidio, invisibile ai più, che provo normalmente per la gente impicciona che non sa niente di me e dei miei problemi. Toni Boi, mi chiamano in molti, come se io fossi un eterno ragazzo, praticamente quello che è rimasto fermo agli anni della giovinezza, e che da adulto come sono non sa comportarsi adeguatamente con le persone che gli passano vicino. Non nego certo di aver avuto una forte depressione per un discreto periodo di tempo, ed anche di essere stato costretto ad un ricovero piuttosto lungo in una clinica specializzata in disturbi come il mio, ma adesso che sono guarito e che sto bene, non porto più con me quei sintomi che avevo mostrato con evidenza per un certo tempo. Eppure, per tutti quanti sono rimasto quello da scansare, l’individuo da cui non c’è da attendersi niente di normale, e che senza preavviso certe volte inizia ad urlare o a fare dei gesti insensati, senza alcuna logica. Sono loro invece che si aspettano questo da me, ed io mi mostro pronto ad impersonare la mia parte, quasi come esistesse un vero copione da rispettare. È terribile abitare in mezzo a certa gente così ottusa, che spesso non si rende neppure conto della propria chiusura mentale, e poi prosegue, senza che niente la distolga dalle proprie convinzioni, nel cercare inutili spiritosaggini da dire su di me spesso a gran voce per mostrare forse la capacità di sentirsi migliore e più simile a chiunque altro.

            Mi sembra evidente come io mi tenga stretta la mia patente di persona strana, ma non tanto perché ci tenga ad essere differente da tutti, quanto perché la mia solitudine, introdotta dal pensiero più diffuso tra tutti i compaesani sulla mia particolare personalità, è proprio quella che mi permette una libertà di movimenti e di espressione che in caso contrario potrei decisamente solo sognarmi. Insomma, interpreto una parte definita, e sono talmente calato nella parte che nessuno si accorge mai della mia vera condizione, e se certe volte prendo la parola e dico qualcosa di sensato a voce alta, tutti riescono solo a immaginare che io stia momentaneamente migliorando, o che ogni tanto abbia dei barlumi di lucidità nella mia condizione irreversibile di persona mezza pazza. Tutto questo la maggior parte delle volte mi diverte, ed il fatto evidente che io sono un frequentatore abitudinario di libri e di testi che prendo in prestito dagli scaffali della biblioteca comunale, agli occhi della gente riesce a far di me soltanto un innocuo maniaco della lettura, come se questo fosse semplicemente un vezzo di qualcuno, e non una maniera per comprendere in modo più adeguato sia sé stesso e sia anche gli altri.

            In fondo non mi interessa molto prendere una discussione con qualcuno: sto in silenzio, quasi sempre, limitandomi la maggior parte delle volte ad ascoltare quello che hanno da riferire le persone che conosco. Urlo, quando qualcosa non appare esattamente quello che vorrei sentire, o meglio quando qualcuno inizia a dire una castroneria del tutto inascoltabile, e allora generalmente tutti ridono, prendendo il mio rifiuto come fosse un’incapacità di comprensione delle cose dette. Non credo molto che in questo momento tutti desiderino realmente schierarsi dalla parte dei ragazzi che stanno organizzando una manifestazione a favore dell’integrazione razziale anche nel nostro piccolo centro abitato. Sono quasi indifferenti per adesso, ma saranno sicuramente pronti a dire domani che sono soltanto ragazzate, e che la realtà delle cose non si può certo cambiare a piacimento. E poi, se un ragazzo di colore come Nockie desidera venire a lavorare da queste parti, secondo il parere di tutti deve essere anche pronto a piegarsi alle usanze e ai comportamenti di questo paese dove abitiamo, in modo che sia riconoscibile la sua volontà di cambiamento, fino quasi a mostrarsi come un cittadino qualsiasi, senza grandi differenze rispetto a chi ha sempre vissuto in queste case.

            Alla fine, per certa gente, chi sta dalla parte degli emarginati è soltanto qualcuno che ha fatto di certe prese di posizione una propria maniera per distinguersi da tutti, e che non ha riflettuto a fondo su ciò che comporta mostrarsi così trasparente e permeabile a tutto quello che sono le idee locali e le tradizioni del posto. Rifletto tutto questo, e quindi mi rendo conto facilmente che il mio nervosismo che a volte provo in maniera momentanea non può essere giustificato dai comportamenti e dalle parole delle persone che spesso mi trovo ad incontrare, e quindi torno subito a calmarmi: certo, mi piacerebbe che una certa mentalità fosse sconfitta, ma ancora non so se sia possibile attendersi dal futuro un reale miglioramento del pensiero corrente, oppure se ci sarà bisogno, come qualcuno afferma, di una vera battaglia di pensiero per il cambiamento.

 

            Bruno Magnolfi