<<Io
sto con il signor Alberto>>, dice Carlo sottovoce ma con decisione mentre
è seduto ad un tavolo della solita osteria dove si ferma quasi sempre mentre
sta tornando verso casa dopo il lavoro. <<Cioè, intendo dire che a me
pare impossibile che i Tornassi siano stati capaci di macchinare una cosa del
genere soltanto nel tentativo di allontanare certa mano d’opera dalle loro
tenute. Certo, c’è un’indagine in corso, ma se proseguono le cose in questo
modo, con l’opinione pubblica già tutta schierata contro di loro, so già che i
Conti verranno condannati, anche in assenza di prove, perché il giudice si farà
facilmente influenzare da ciò che dice tutta la gente in questo stupido posto>>.
L’altro lo ascolta, lavora anche lui nelle tenute dei Tornassi come addetto
alla trasformazione dei vini, e adesso però si sente diviso tra l’opinione pressante
che coltiva dentro di sé e quello che invece desidererebbe tanto non accadesse,
proprio per non ritrovarsi magari anche senza un mestiere, dopo aver faticato
tanto per entrare nelle grazie dei suoi datori di lavoro, ed essersi guadagnato
poco per volta un’occupazione di tutto rispetto. Carlo continua a guardarsi
attorno: da qualche giorno gli sembra che tutti nel paese abbiano delle
orecchie potenziate, capaci di avvertire ed interpretare rapidamente qualsiasi
affermazione si trovino ad ascoltare in giro, e naturalmente quel locale dove
si trova lui in questo momento è il luogo maggiormente affollato dai delatori, dove
in un attimo si può riuscire a perdere una reputazione coltivata in anni di frequentazione
di quel posto.
<<Le
cose forse andranno per le lunghe>>, riprende a dire Carlo con lo stesso
tono di prima, confidando nelle chiacchiere a voce alta che un diverso gruppo
di persone stanno facendo davanti al bancone, tali da coprire le sue
affermazioni. <<Si dice che tutto quanto con il tempo si sgonfierà,
perderà di importanza, e quello che per alcuni adesso sembra già fondamentale,
nel corso dei mesi diverrà semplicemente una possibilità su cui non fare troppo
affidamento, fino a quando le cose finiranno nel solito dimenticatoio. Appare
evidente che i Conti con il loro avvocato stanno lavorando per dilatare le
indagini il più a lungo possibile, e la strategia che stanno cercando di introdurre
è proprio quella di far perdere peso all’accusa che viene mossa contro di loro.
Neppure il Pubblico Ministero comunque può essere intenzionato a chiudere
troppo in fretta tutto il caso: in questo momento c’è curiosità da parte di
molte persone, anche tra gli abitanti del capoluogo, e se iniziano a muoversi perfino
i giornalisti, magari attirati dal clamore che si è già sollevato, allora
diventa difficile restare davvero imparziali, e per questo motivo anche per lui
è giusto allentare nel tempo le tensioni>>. L’altro lo guarda con
attenzione, poi beve un sorso dal suo bicchiere e fa un sorriso, come se loro
due stessero parlando di cose che in fondo non sono troppo importanti.
<<Io però
non mi ci trovo ad essere spinto da una parte definita della questione,
soltanto perché sono a busta paga dai Tornassi. Mi piacerebbe essere libero di
avere la mia opinione e di poterla esprimere con tutti, ma è evidente che se
solo un dipendente qualsiasi dei Conti in questo momento si lascia sfuggire
qualcosa contro di loro, e quel parere viene riportato alle orecchie dei
fratelli, quel dipendente può dimenticarsi immediatamente il suo posto di
lavoro. Tutto ciò vale per tutti noi che lavoriamo attorno a quel castello, ma
anche chi non ha un mestiere diretto in quelle proprietà può comunque
ritrovarsi male in seguito, avversato in ogni campo dalle lunghe mani dei
fratelli che sanno perfettamente come muovere le loro pedine sopra la
scacchiera>>. Si accosta a loro due un anziano bracciante che ha lavorato
a lungo nei frutteti dei Tornassi, uno che adesso è oramai è a riposo, e quindi
non ha interesse ad avere un’opinione forzatamente favorevole nei confronti dei
suoi antichi datori di lavoro. <<Che si dice in fattoria?>>, chiede
con estrema ingenuità. Carlo non lo guarda, si prende una pausa, poi dice
soltanto: <<Quello che tutti dicono anche qui>>.
Poi i due
si alzano dal tavolo, pagano la loro bevuta e vanno verso la porta del locale
dividendosi appena fuori con un semplice cenno di saluto. Carlo, mentre
lentamente torna verso casa, riflette che persino questa cosa sciocca del
corteo foraggiato dagli studenti non è una cosa buona ai fini dell’inchiesta.
Sa perfettamente che troppo clamore in paese è visto come una iattura dai Tornassi,
e va da sé che, per chiunque operi con loro, se soltanto si avvicinasse anche
per semplice curiosità a quel corteo di ragazzi, avverrebbe immediatamente la propria
crocifissione sul piano del lavoro. Sa che Antonio invece intende proprio partecipare
a quella ragazzata, ma lui non desiderando parlargli in modo duro per fargli
comprendere l’errore e farlo desistere, dovrà nei prossimi giorni tentare di
sminuire l’importanza della manifestazione, come fosse una semplice cosa da
ragazzi, appunto, in modo da farlo convincere da solo alla propria rinuncia. Ne
va del suo mestiere, è tutto qua.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento