Lui
si osserva le mani, guarda le cose che ha cercato di mettere in ordine nella
nuova sistemazione, poi si siede, in silenzio, da solo come si trova. Ha
inviato recentemente dei soldi alla mamma, alla sua famiglia, quei pochi che è
riuscito a mettere insieme, ed ogni tanto comunque pensa a loro, alla
casa-baracca dove abitavano in Senegal, e poi alle sue sorelle, e qualche volta
anche ai suoi amici. Di telefonare ancora non se la sente, ma a suo parere va
bene così: i soldi che ha inviato dicono già che lui sta bene, che lavora, che
si sta sistemando, e per il momento è più che sufficiente. Si devono fare delle
scelte, e se lui ha deciso di venire via da là non può ritornare con la mente
sempre a quel luogo, a come viveva prima di adesso, ai suoi affetti, alla sua
infanzia. Deve staccarsi, per quanto è possibile, guardare avanti e cercare di
lasciare tutto il passato alle proprie spalle. Poi indossa le sue vecchie
scarpe da ginnastica. È tardi, lo sa, ma questo non ha alcuna importanza: esce
di casa camminando svelto ma non troppo frettolosamente, e quando raggiunge il
campo sportivo, sempre deserto a quell’ora, inizia a correre attorno alla
recinzione, due volte, tre volte, fino a perdere il conto di tutti i giri che
riesce a compiere. Gli piace tenersi in forma, correre secondo lui è la cosa
più bella di tutte, perché permette di avere tutto vicino, senza bisogno di
nient’altro se non le proprie gambe. Riprenderà gli allenamenti con la squadra
di calcio questo fine settimana, gli pare proprio che i tempi siano ormai
maturi e che i ragazzi lo stiano aspettando con una certa impazienza.
Poi torna a casa,
nella sua nuova piccola casa, le due stanze sopra l’officina dove lavora. La
prima sera ha avuto paura a dormire qui, si svegliava ogni poco per qualsiasi
rumore, ma adesso va meglio, e Aldo gli ha detto che da ora in avanti lui non
avrà più alcun problema, ne è sicuro. È molto meglio stare lì piuttosto che
viaggiare con la corriera per andare avanti e indietro fino al centro immigrati
dove tutti gli altri si lamentano e poi basta, senza avere mai alcuna idea
dentro la testa. Certo, fino a poco fa parlare la sua lingua con qualcuno era
rassicurante, ma poco per volta Nockie si sta rendendo conto che la sua scelta
è fatta, ed adesso deve abbracciare tutti quanti i nuovi aspetti della sua vita
attuale. Ha preso in prestito un libro di facile lettura dalla biblioteca, e
riesce ad andare avanti pagina su pagina, anche se avrebbe necessità di un
piccolo dizionario per le parole che ancora non conosce. Per arrivare a
scrivere in italiano invece la strada sembra molto più lunga: però lui conta di
riuscirci tra qualche mese, o almeno di iniziare a definire qualche frase, e
poi proseguire via via che le parole iniziano ad essergli più familiari. Si
ritiene fortunato ad aver trovato persone proprio brave che lo aiutano, e lui
vorrebbe ringraziarli in qualche modo, anche se non sa come farlo.
Che adesso ci sia
questa piccola manifestazione di piazza contro il razzismo lo spaventa un po’,
e non vorrebbe essere spedito così al centro della scena. Ha provato anche a
parlarne al centro immigrati prima di prendere le sue cose e venire via, ma gli
altri si sono mostrati scettici e indifferenti a queste faccende. Non interessa
a nessuno mettersi in mostra, questa è la verità; ognuno pensa ad una
sistemazione personale, non certo a scuotere le coscienze della gente coi
propri problemi. In ogni caso lui andrà a questo ritrovo, lo ha promesso a
Sara, che sembra entusiasta di poter fare qualcosa per aiutarlo, anche se lui
ha provato a dirle che troppa pubblicità attorno al suo caso non gli pare sia
la cosa migliore per risolvere i problemi. In ogni modo lui è contento di stare
con Sara, di sentirla parlare, di guardarla, e quindi qualsiasi proposta lei
gli faccia lui è disposto ad accettarla.
In officina le cose
vanno avanti, anche se naturalmente lui sta risolvendo solo piccoli problemi
alle macchine dei clienti di vecchia data che conoscono Aldo da una vita. È
Aldo stesso, mentre se ne sta seduto con la sua gamba ancora ingessata e
inamovibile, che spiega a tutti coloro che passano da lì con la propria auto,
di non poter prendere in carico dei lavori impegnativi, e che ci vorrà un po’
di pazienza, e magari per adesso recarsi nel paese più vicino, dove c’è
un’altra officina adatta per le riparazioni e i tagliandi più completi, e che
almeno per un altro intero mese lui e Nockie non potranno essere efficienti
come vorrebbero. Tutti annuiscono, qualcuno butta là anche un’occhiata verso
Nockie, e forse si accorgono che lui, comunque, poco per volta sta diventando
proprio un bravo meccanico. Aldo ultimamente lo tratta come un figlio, quello
che non ha, forse perché si rende conto che avrà sempre più bisogno di un
supporto vero nella sua officina, e poi sa che qualcuno prima o dopo dovrà pur mandare
avanti quell’attività, e lui sembra proprio contento se sarà il suo Nockie.
Bruno Magnolfi
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