lunedì 8 settembre 2025

Chissà quanto tempo.


            <<Si è fatto un grave errore nella valutazione delle possibili conseguenze, tutto qua>>, dice il signor Alberto Tornassi ai suoi fratelli, mentre si ritrovano nell’orario serale in un salottino appartato al piano superiore della villa padronale. <<Comunque, quello che adesso dà più fastidio è l’opinione pubblica del paese, che ci ha già condannato senza alcuna possibilità di difesa, anche se noi naturalmente proseguiremo a svolgere il nostro lavoro con la schiena dritta, come abbiamo sempre fatto, mentre invece tutti dovranno inchinarsi se desiderano proseguire a svolgere per noi un mestiere ben retribuito e ad avere degli introiti diretti o indiretti da parte nostra. Molti hanno tutto da perdere proseguendo con il loro comportamento, ed io sono sicuro che sarà sufficiente far trascorrere appena un po’ di tempo ed ogni cosa tornerà ad essere esattamente com’era prima di questo scombussolamento>>. Gli altri due della famiglia annuiscono in silenzio, d’altronde si sono sempre fidati del loro fratello maggiore, ed anche se non erano del tutto d’accordo nel dare corso al tentativo maldestro di impaurire quell’immigrato per allontanare sul nascere la manodopera di colore dalle loro terre, ugualmente, adesso che la minaccia di un vero scandalo è oramai nell’aria, si stringono tra loro senza alcun indugio nel tentativo di lasciarsi presto alle spalle tutta quella vicenda. <<Sono sicuro che gli inquirenti non riusciranno a scoprire l’identità di quei due che sono venuti fin qua per dare una lezione a quel senegalese, e quindi qualsiasi collegamento con la nostra famiglia si renderà impossibile da dimostrare, ed anche se si venisse a scoprire chi sono realmente quei due piccoli malfattori, e venissero arrestati e quindi interrogati, non avendo gli stessi alcun motivo per fare il nostro nome, ed al contrario parecchie ragioni per non farlo, sono sicuro che alla fine non diranno mai nulla di compromettente nei nostri confronti>>.

            La pesante porta della stanza è ben chiusa, il colloquio che avviene là dentro è qualcosa di cui i tre fratelli sono convinti di non dover affrontarne il tema mai più nel futuro, a meno che non ci siano degli sviluppi nelle indagini al momento comunque del tutto improbabili. <<Nessuno deve infangare il nostro buon nome, innalzato da generazioni ai più alti livelli di rispettabilità>>, afferma risoluta Lucia, la sorella più piccola dei tre, quella che appare più indispettita degli altri da tutto quello che sta accadendo attorno alla loro famiglia. <<Chiunque cerchi con delle affermazioni gratuite di mescolare i Conti Tornassi con questa squallida vicenda, peraltro nei fatti di una rilevanza ridicola, si guadagnerà un’immediata querela che mostrerà facilmente quali siano le capacità di difesa della nostra famiglia>>. Poi la donna si alza dalla poltrona su cui è rimasta seduta per tutto il tempo, osserva per un attimo nella notte qualcosa di poco importante dalla finestra che dà sul vasto giardino, ed infine tona a muoversi nervosamente dentro la stanza, torcendosi le mani ed evidenziando la sua profonda suscettibilità di fronte a cose del genere. Roberto, l’altro fratello, se ne rimane invece in disparte, senza prendere una posizione precisa, anche se non può certo fare a meno di schierarsi dalla parte della propria famiglia. Non interviene, non dice nulla, ma lascia come sempre che siano gli altri due a prendere le decisioni che contano, senza mettersi in mezzo.

            Infine, Alberto fa segno di sciogliere quel breve conciliabolo informale, ed ognuno dei tre, riaprendo la porta, va direttamente a raggiungere le proprie stanze, o comunque ad interessarsi di cose estremamente più semplici e pratiche. Lui avrebbe voluto parlare anche della linea difensiva messa a punto dal loro avvocato, ma in fondo sarebbe stato inutile adesso addossare almeno una parte di responsabilità della procedura prevista nei confronti del magistrato, ad una persona al di fuori della loro famiglia, e poi essendo accordi presi tra lui stesso e lo studio di quel professionista, gli era sembrato necessario a questo punto mantenere il più stretto riserbo su quelle carte che eventualmente verranno giocate soltanto al momento opportuno. Roberto peraltro ha subito sospettato che ci possono essere degli aspetti che non sono stati toccati dalle parole di suo fratello, ma la sua proverbiale riservatezza, in tutto ciò che normalmente fa e che dice, è tale da non lasciarlo mai in condizione di porre delle domande dirette, tantomeno a suo fratello maggiore. Già soltanto abitare ancora in quella casa storica dei Conti Tornassi gli pare qualcosa che non ha mai potuto decidere in piena libertà, ed anche proseguire ad occuparsi delle terre e delle coltivazioni che circondano la loro proprietà gli sembra ogni giorno di più una strozzatura. Il suo amore per l’arte, per i libri, per la cultura, sono tutti aspetti che fin da quando era piccolo ha dovuto mettere sempre da parte, e in questo momento però vorrebbe tanto aver lasciato a suo tempo la villa ed essere andato ad abitare in un’altra città, libero di occuparsi di ben altre cose. 

            Poi, la villa cade in un silenzio profondo: la servitù a quell’ora serale si è già ritirata, ed ognuno che ancora circola lungo i vasti corridoi, lo fa evitando di provocare qualsiasi rumore, come se le parole scambiate poc’anzi fossero rimaste nell’aria, sospese, e per chissà quanto tempo.

 

            Bruno Magnolfi

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