All’aperto,
nel vasto giardino che circonda la villa dei Conti Tornassi, le fitte siepi
scolpite nella loro forma da mani esperte, sembrano accarezzare i tanti
vialetti col fondo di ghiaia rosata, tanto da rendere qualsiasi punto tra tutto
quel verde, ma specialmente gli slarghi ornati da qualcuna delle tante panchine
di cui è disseminato quel parco, un ambito dove ad esempio leggere un libro in
completa solitudine, oppure scambiare con calma qualche opinione con qualcuno naturalmente
ben disposto al dialogo. Di fatto quel giardino non viene quasi mai usato, se
non durante quelle rare occasioni in cui resta a pranzo qualche ospite tra
coloro che gestiscono il mercato all’ingrosso degli ortaggi coltivati attorno a
tutta la collina, oppure i commercianti della tanta frutta di varie specialità.
Un caso a parte, però, resta per coloro che gestiscono la compravendita dei
tanti ettolitri di vino prodotti dai vigneti dei Conti, peraltro negli ultimi
anni piuttosto in ascesa nell’apprezzamento, tanto da richiamare l’interesse dei
rappresentanti di alcune case vinicole disposte a mettere in vendita quel
prodotto locale anche con etichette riportanti origini diverse da quelle
effettive, in maniera da ottenere per tutti un maggiore introito finale. In
quei casi e con quelle persone, la passeggiata in quel grande giardino è una
tappa quasi obbligata, quasi una maniera per mostrare che oltre all’interesse
economico nella famiglia è coltivato anche un certo gusto per le cose belle e anche
per l’ambiente.
Lucia e Renato,
in assenza momentanea del loro fratello maggiore, si sono allontanati dalla
villa con un passo non esattamente da passeggiata, ed alla fine, lontani da
qualsiasi orecchio indiscreto, si sono ritrovati a scambiare le loro sincere
opinioni che nutrono da un po’ di tempo per tutto ciò che sta succedendo alla
loro famiglia. <<Non capisco proprio come abbia fatto Alberto a cadere in
una stupidaggine di questo genere>>, dice nervosamente la sorella, mentre
resta seduta sulla panchina fumando una delle sue sigarette. Roberto annuisce,
anche lui non è troppo disposto a perdonare con facilità quello di cui si è
reso responsabile diretto il loro fratello maggiore, pur riconoscendo che il
piano da mettere in opera, a suo tempo, era stato spiegato anche a loro due con
una certa chiarezza, tanto da lasciare, sugli intenti e sui risultati
eventuali, ben pochi dubbi. <<Alla base di tutto comunque c’è questa
ossessione di Alberto nel tenere lontana la manodopera immigrata dalle nostre
terre>>, dice Lucia; <<Di fatto io non ho mai creduto fino in fondo
a questa apocalisse ostentata da lui nel caso in cui i braccianti di colore inizino
a sostituire i paesani di Pian dei Fossi nelle lavorazioni dei nostri prodotti.
Peraltro, il lato positivo potrebbe stare addirittura nel fatto di riuscire a
pagare di meno e in modo significativo questa manodopera, solo marginalmente a discapito
di un abbassamento della qualità del lavoro e delle condizioni per il prodotto
raccolto>>.
Poi ambedue
si alzano dalla panchina, forse tanto per non farsi notare troppo a lungo nello
stesso luogo dalla servitù, avviandosi, ora però con passo più lento che agli
inizi, verso la porta di mezzogiorno che si apre sul muro di cinta proseguendo con
la strada verso il paese. <<Adesso comunque è il momento di riflettere
bene sulle decisioni eventualmente da prendere>>, dice Roberto,
<<considerando che la tattica di Alberto è sicuramente quella
dell’immobilità, e cioè evitare qualsiasi variazione in azienda, e lasciare che
le cose si sgonfino da sole non concedendo loro alcuna importanza. Ed io invece
credo che per assurdo si potrebbe andare dal Sindaco di Pian dei Fossi, e tentare
una trattativa sul piano della valorizzazione della manodopera locale,
dimostrando facilmente che le nostre attività sono sempre state e rimangono ancora
una preziosa risorsa economica per tutta la zona>>. Lucia si ferma un
momento, osserva il fratello con una seria espressione del viso, poi dice:
<<Ma senza mostrare alcuna debolezza, però; e soprattutto negando in ogni
maniera qualsiasi responsabilità nei fatti recentemente accaduti>>.
Roberto sorride, come per alleggerire l’argomento. <<Ma certo, ed anche
se Alberto non accetterà mai una cosa del genere, forse dovremmo imporgliela, una
volta tanto, facendoci forza soprattutto sulle nostre quote aziendali. In fondo
abbiamo sempre subito le sue scelte, senza provocargli mai alcuna
preoccupazione>>.
Il pesante
cancello di ferro, osservandolo dal giardino, sembra quasi la griglia di una
prigione sopra i terreni che scendono dolcemente verso la pianura, oltre le
mura della recinzione, e i due fratelli dal carattere piuttosto diverso,
sembrano comunque essere ispirati ambedue dallo stesso principio, quello di proseguire
il più a lungo possibile con le idee dei loro padri, dei nonni e degli avi che
hanno dominato da sempre con la loro politica agraria tutte le proprietà della
famiglia composte di vasti terreni coltivabili. Poi dal basso giunge il ronzio
ancora lontano del fuoristrada di Alberto, ed anche se ancora non si vede la
macchina, Lucia e Roberto senza neppure scambiarsi una sola parola, vanno a
nascondersi svelti dietro una siepe, come se soltanto essere lì dimostrasse la
loro debole volontà di variare almeno qualcosa nelle decisioni già prese dal
loro fratello maggiore. <<Meglio non procurargli ulteriori preoccupazioni>>,
dice infine Roberto, con voce soffusa.
Bruno
Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento