lunedì 15 settembre 2025

Ulteriori preoccupazioni.


            All’aperto, nel vasto giardino che circonda la villa dei Conti Tornassi, le fitte siepi scolpite nella loro forma da mani esperte, sembrano accarezzare i tanti vialetti col fondo di ghiaia rosata, tanto da rendere qualsiasi punto tra tutto quel verde, ma specialmente gli slarghi ornati da qualcuna delle tante panchine di cui è disseminato quel parco, un ambito dove ad esempio leggere un libro in completa solitudine, oppure scambiare con calma qualche opinione con qualcuno naturalmente ben disposto al dialogo. Di fatto quel giardino non viene quasi mai usato, se non durante quelle rare occasioni in cui resta a pranzo qualche ospite tra coloro che gestiscono il mercato all’ingrosso degli ortaggi coltivati attorno a tutta la collina, oppure i commercianti della tanta frutta di varie specialità. Un caso a parte, però, resta per coloro che gestiscono la compravendita dei tanti ettolitri di vino prodotti dai vigneti dei Conti, peraltro negli ultimi anni piuttosto in ascesa nell’apprezzamento, tanto da richiamare l’interesse dei rappresentanti di alcune case vinicole disposte a mettere in vendita quel prodotto locale anche con etichette riportanti origini diverse da quelle effettive, in maniera da ottenere per tutti un maggiore introito finale. In quei casi e con quelle persone, la passeggiata in quel grande giardino è una tappa quasi obbligata, quasi una maniera per mostrare che oltre all’interesse economico nella famiglia è coltivato anche un certo gusto per le cose belle e anche per l’ambiente.

            Lucia e Renato, in assenza momentanea del loro fratello maggiore, si sono allontanati dalla villa con un passo non esattamente da passeggiata, ed alla fine, lontani da qualsiasi orecchio indiscreto, si sono ritrovati a scambiare le loro sincere opinioni che nutrono da un po’ di tempo per tutto ciò che sta succedendo alla loro famiglia. <<Non capisco proprio come abbia fatto Alberto a cadere in una stupidaggine di questo genere>>, dice nervosamente la sorella, mentre resta seduta sulla panchina fumando una delle sue sigarette. Roberto annuisce, anche lui non è troppo disposto a perdonare con facilità quello di cui si è reso responsabile diretto il loro fratello maggiore, pur riconoscendo che il piano da mettere in opera, a suo tempo, era stato spiegato anche a loro due con una certa chiarezza, tanto da lasciare, sugli intenti e sui risultati eventuali, ben pochi dubbi. <<Alla base di tutto comunque c’è questa ossessione di Alberto nel tenere lontana la manodopera immigrata dalle nostre terre>>, dice Lucia; <<Di fatto io non ho mai creduto fino in fondo a questa apocalisse ostentata da lui nel caso in cui i braccianti di colore inizino a sostituire i paesani di Pian dei Fossi nelle lavorazioni dei nostri prodotti. Peraltro, il lato positivo potrebbe stare addirittura nel fatto di riuscire a pagare di meno e in modo significativo questa manodopera, solo marginalmente a discapito di un abbassamento della qualità del lavoro e delle condizioni per il prodotto raccolto>>.

            Poi ambedue si alzano dalla panchina, forse tanto per non farsi notare troppo a lungo nello stesso luogo dalla servitù, avviandosi, ora però con passo più lento che agli inizi, verso la porta di mezzogiorno che si apre sul muro di cinta proseguendo con la strada verso il paese. <<Adesso comunque è il momento di riflettere bene sulle decisioni eventualmente da prendere>>, dice Roberto, <<considerando che la tattica di Alberto è sicuramente quella dell’immobilità, e cioè evitare qualsiasi variazione in azienda, e lasciare che le cose si sgonfino da sole non concedendo loro alcuna importanza. Ed io invece credo che per assurdo si potrebbe andare dal Sindaco di Pian dei Fossi, e tentare una trattativa sul piano della valorizzazione della manodopera locale, dimostrando facilmente che le nostre attività sono sempre state e rimangono ancora una preziosa risorsa economica per tutta la zona>>. Lucia si ferma un momento, osserva il fratello con una seria espressione del viso, poi dice: <<Ma senza mostrare alcuna debolezza, però; e soprattutto negando in ogni maniera qualsiasi responsabilità nei fatti recentemente accaduti>>. Roberto sorride, come per alleggerire l’argomento. <<Ma certo, ed anche se Alberto non accetterà mai una cosa del genere, forse dovremmo imporgliela, una volta tanto, facendoci forza soprattutto sulle nostre quote aziendali. In fondo abbiamo sempre subito le sue scelte, senza provocargli mai alcuna preoccupazione>>.  

            Il pesante cancello di ferro, osservandolo dal giardino, sembra quasi la griglia di una prigione sopra i terreni che scendono dolcemente verso la pianura, oltre le mura della recinzione, e i due fratelli dal carattere piuttosto diverso, sembrano comunque essere ispirati ambedue dallo stesso principio, quello di proseguire il più a lungo possibile con le idee dei loro padri, dei nonni e degli avi che hanno dominato da sempre con la loro politica agraria tutte le proprietà della famiglia composte di vasti terreni coltivabili. Poi dal basso giunge il ronzio ancora lontano del fuoristrada di Alberto, ed anche se ancora non si vede la macchina, Lucia e Roberto senza neppure scambiarsi una sola parola, vanno a nascondersi svelti dietro una siepe, come se soltanto essere lì dimostrasse la loro debole volontà di variare almeno qualcosa nelle decisioni già prese dal loro fratello maggiore. <<Meglio non procurargli ulteriori preoccupazioni>>, dice infine Roberto, con voce soffusa.

 

            Bruno Magnolfi

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