Certe volte
mi innervosisco, specialmente quando qualcuno del paese mi guarda in faccia con
insistenza, come se forse desiderasse trovare tra i miei lineamenti qualche
segno indelebile della mia malattia, oppure se ricercasse nei miei stessi modi
di guardarmi intorno i motivi dei gesti e dei comportamenti che a volte assumo,
dati in generale dal fastidio, invisibile ai più, che provo normalmente per la
gente impicciona che non sa niente di me e dei miei problemi. Toni Boi, mi
chiamano in molti, come se io fossi un eterno ragazzo, praticamente quello che
è rimasto fermo agli anni della giovinezza, e che da adulto come sono non sa
comportarsi adeguatamente con le persone che gli passano vicino. Non nego certo
di aver avuto una forte depressione per un discreto periodo di tempo, ed anche
di essere stato costretto ad un ricovero piuttosto lungo in una clinica
specializzata in disturbi come il mio, ma adesso che sono guarito e che sto
bene, non porto più con me quei sintomi che avevo mostrato con evidenza per un certo
tempo. Eppure, per tutti quanti sono rimasto quello da scansare, l’individuo da
cui non c’è da attendersi niente di normale, e che senza preavviso certe volte
inizia ad urlare o a fare dei gesti insensati, senza alcuna logica. Sono loro invece
che si aspettano questo da me, ed io mi mostro pronto ad impersonare la mia
parte, quasi come esistesse un vero copione da rispettare. È terribile abitare
in mezzo a certa gente così ottusa, che spesso non si rende neppure conto della
propria chiusura mentale, e poi prosegue, senza che niente la distolga dalle
proprie convinzioni, nel cercare inutili spiritosaggini da dire su di me spesso
a gran voce per mostrare forse la capacità di sentirsi migliore e più simile a
chiunque altro.
Mi sembra
evidente come io mi tenga stretta la mia patente di persona strana, ma non
tanto perché ci tenga ad essere differente da tutti, quanto perché la mia
solitudine, introdotta dal pensiero più diffuso tra tutti i compaesani sulla
mia particolare personalità, è proprio quella che mi permette una libertà di movimenti
e di espressione che in caso contrario potrei decisamente solo sognarmi.
Insomma, interpreto una parte definita, e sono talmente calato nella parte che
nessuno si accorge mai della mia vera condizione, e se certe volte prendo la
parola e dico qualcosa di sensato a voce alta, tutti riescono solo a immaginare
che io stia momentaneamente migliorando, o che ogni tanto abbia dei barlumi di
lucidità nella mia condizione irreversibile di persona mezza pazza. Tutto
questo la maggior parte delle volte mi diverte, ed il fatto evidente che io sono
un frequentatore abitudinario di libri e di testi che prendo in prestito dagli
scaffali della biblioteca comunale, agli occhi della gente riesce a far di me
soltanto un innocuo maniaco della lettura, come se questo fosse semplicemente
un vezzo di qualcuno, e non una maniera per comprendere in modo più adeguato sia
sé stesso e sia anche gli altri.
In fondo
non mi interessa molto prendere una discussione con qualcuno: sto in silenzio,
quasi sempre, limitandomi la maggior parte delle volte ad ascoltare quello che
hanno da riferire le persone che conosco. Urlo, quando qualcosa non appare
esattamente quello che vorrei sentire, o meglio quando qualcuno inizia a dire
una castroneria del tutto inascoltabile, e allora generalmente tutti ridono,
prendendo il mio rifiuto come fosse un’incapacità di comprensione delle cose
dette. Non credo molto che in questo momento tutti desiderino realmente schierarsi
dalla parte dei ragazzi che stanno organizzando una manifestazione a favore
dell’integrazione razziale anche nel nostro piccolo centro abitato. Sono quasi indifferenti
per adesso, ma saranno sicuramente pronti a dire domani che sono soltanto ragazzate,
e che la realtà delle cose non si può certo cambiare a piacimento. E poi, se un
ragazzo di colore come Nockie desidera venire a lavorare da queste parti,
secondo il parere di tutti deve essere anche pronto a piegarsi alle usanze e ai
comportamenti di questo paese dove abitiamo, in modo che sia riconoscibile la
sua volontà di cambiamento, fino quasi a mostrarsi come un cittadino qualsiasi,
senza grandi differenze rispetto a chi ha sempre vissuto in queste case.
Alla fine, per
certa gente, chi sta dalla parte degli emarginati è soltanto qualcuno che ha
fatto di certe prese di posizione una propria maniera per distinguersi da
tutti, e che non ha riflettuto a fondo su ciò che comporta mostrarsi così trasparente
e permeabile a tutto quello che sono le idee locali e le tradizioni del posto.
Rifletto tutto questo, e quindi mi rendo conto facilmente che il mio nervosismo
che a volte provo in maniera momentanea non può essere giustificato dai
comportamenti e dalle parole delle persone che spesso mi trovo ad incontrare, e
quindi torno subito a calmarmi: certo, mi piacerebbe che una certa mentalità fosse
sconfitta, ma ancora non so se sia possibile attendersi dal futuro un reale
miglioramento del pensiero corrente, oppure se ci sarà bisogno, come qualcuno
afferma, di una vera battaglia di pensiero per il cambiamento.
Bruno
Magnolfi
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