lunedì 21 gennaio 2013

Soltanto subire.


            
            La sensazione preponderante è quella di sbagliare continuamente il momento giusto. La realtà scivola, con il suo corollario di piccole e grandi prove a cui tutti siamo chiamati, ed Alberto sente certe volte di essere inadatto ad affrontare ciò che deve, come se le sue competenze migliori fossero perlopiù sfasate rispetto ai tempi giusti con cui sfoderare le proprie capacità ed il suo pur minimo talento, lasciando alla sua mente il compito di preoccuparsi solo di qualche umile sciocchezza normalmente vuota di senso e di significato.
            Certe volte qualcuno avverte Alberto, poi gli fa presente come stia perdendo l’attimo adatto in un caso o in un altro, ma non è facile per lui sapere esattamente quale sia la cosa giusta da prendere in considerazione, e indovinare, tra tutti quanti, di chi sia meglio fidarsi; gli torna più naturale perdersi dietro ai piccoli dettagli di ogni giorno, che forse mostrano in uguale misura l’attenzione che da lui viene impiegata, anche se alla fine non producono risultati meritori.
            Così Alberto prosegue il suo corso, qualche volta cercando di immaginare il momento giusto che lo attende, ma senza lasciarsi mai giocare dall’inevitabile senso di sfiducia che lo assale nell’attimo stesso in cui comprende di non avere avuto il fiuto adatto. Negli ultimi anni è riuscito già diverse volte a sfiorare qualcosa di importante, così riprova, sa che la sua testardaggine porterà per forza a qualche indubbio risultato. Perciò entra di nuovo nell’ufficio dove trattano i casi come il suo, aspetta con pazienza il proprio turno, e infine si siede alla stessa scrivania dove è già stato oramai parecchie volte.
            Spiega all’impiegato, che fortunatamente segue una rotazione di lavoro e quindi non è il medesimo di tutte le altre volte, che cosa vorrebbe realmente dalle istituzioni. Tira fuori dei fogli di carta con gli appunti, parla cercando le parole migliori che conosce, adotta un timbro di voce che non è propriamente di richiesta, ma neppure troppo duro o saccente, cerca solo di mostrarsi educato, semplicemente desideroso di conoscere quale sarà davvero il suo futuro. Si prende tempo, si controlla qualche dettaglio, si spiega come stanno davvero le cose dall’altra parte della scrivania, infine si stampa qualche carta con sopra dei numeri, dei nomi e alcuni indirizzi, come se fosse tutto lì il segreto delle cose.
            Alberto esce dall’ufficio con la consapevolezza di aver perso di nuovo qualche possibilità, ma cerca di nutrire la speranza, e torna a casa tentando di manifestare un minimo di soddisfazione. Qualcuno che conosce lo incontra per strada, gli chiede com’è andata, se i suoi problemi sono in via di risoluzione. Non so, risponde lui: è come se dovessi maturare poco per volta quella grinta sufficiente a mostrare di cosa sono veramente capace, piuttosto che starmene sempre tranquillo come un signorino, fare si con la testa e credere a tutto quello che mi dicono. Forse saprò farmi prendere sul serio, un giorno o l’altro, per adesso credo che niente sia destinato a cambiare. Non lo so, ma a volte credo di essere stato spedito qui senza le caratteristiche che servono: lo griderò forte il mio dolore, uno di questi giorni, probabilmente mi sentiranno tutti, ma per adesso riesco soltanto a subire tutto ciò che avviene, senza riuscire a determinare la mia vita.

            Bruno Magnolfi

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