La
sensazione preponderante è quella di sbagliare continuamente il momento giusto.
La realtà scivola, con il suo corollario di piccole e grandi prove a cui tutti siamo
chiamati, ed Alberto sente certe volte di essere inadatto ad affrontare ciò che
deve, come se le sue competenze migliori fossero perlopiù sfasate rispetto ai
tempi giusti con cui sfoderare le proprie capacità ed il suo pur minimo
talento, lasciando alla sua mente il compito di preoccuparsi solo di qualche
umile sciocchezza normalmente vuota di senso e di significato.
Certe
volte qualcuno avverte Alberto, poi gli fa presente come stia perdendo l’attimo
adatto in un caso o in un altro, ma non è facile per lui sapere esattamente
quale sia la cosa giusta da prendere in considerazione, e indovinare, tra tutti
quanti, di chi sia meglio fidarsi; gli torna più naturale perdersi dietro ai
piccoli dettagli di ogni giorno, che forse mostrano in uguale misura
l’attenzione che da lui viene impiegata, anche se alla fine non producono
risultati meritori.
Così
Alberto prosegue il suo corso, qualche volta cercando di immaginare il momento
giusto che lo attende, ma senza lasciarsi mai giocare dall’inevitabile senso di
sfiducia che lo assale nell’attimo stesso in cui comprende di non avere avuto
il fiuto adatto. Negli ultimi anni è riuscito già diverse volte a sfiorare
qualcosa di importante, così riprova, sa che la sua testardaggine porterà per
forza a qualche indubbio risultato. Perciò entra di nuovo nell’ufficio dove
trattano i casi come il suo, aspetta con pazienza il proprio turno, e infine si
siede alla stessa scrivania dove è già stato oramai parecchie volte.
Spiega
all’impiegato, che fortunatamente segue una rotazione di lavoro e quindi non è
il medesimo di tutte le altre volte, che cosa vorrebbe realmente dalle
istituzioni. Tira fuori dei fogli di carta con gli appunti, parla cercando le
parole migliori che conosce, adotta un timbro di voce che non è propriamente di
richiesta, ma neppure troppo duro o saccente, cerca solo di mostrarsi educato,
semplicemente desideroso di conoscere quale sarà davvero il suo futuro. Si
prende tempo, si controlla qualche dettaglio, si spiega come stanno davvero le
cose dall’altra parte della scrivania, infine si stampa qualche carta con sopra
dei numeri, dei nomi e alcuni indirizzi, come se fosse tutto lì il segreto
delle cose.
Alberto
esce dall’ufficio con la consapevolezza di aver perso di nuovo qualche
possibilità, ma cerca di nutrire la speranza, e torna a casa tentando di
manifestare un minimo di soddisfazione. Qualcuno che conosce lo incontra per
strada, gli chiede com’è andata, se i suoi problemi sono in via di risoluzione.
Non so, risponde lui: è come se dovessi maturare poco per volta quella grinta
sufficiente a mostrare di cosa sono veramente capace, piuttosto che starmene
sempre tranquillo come un signorino, fare si con la testa e credere a tutto
quello che mi dicono. Forse saprò farmi prendere sul serio, un giorno o
l’altro, per adesso credo che niente sia destinato a cambiare. Non lo so, ma a
volte credo di essere stato spedito qui senza le caratteristiche che servono:
lo griderò forte il mio dolore, uno di questi giorni, probabilmente mi
sentiranno tutti, ma per adesso riesco soltanto a subire tutto ciò che avviene,
senza riuscire a determinare la mia vita.
Bruno
Magnolfi
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