Non ci sono le tende alle finestre nella sua aula
scolastica, eppure il ragazzo se cerca di guardare fuori da quei vetri non
riesce a vedere niente, niente che possa essergli utile per scrivere sul foglio
di carta a righe almeno qualche frase. Si sente quasi di maledire quel tema
attorno al quale l'insegnante li ha obbligati ad esprimersi, ma da una persona
come sembra quel loro professore, pensa con molta convinzione, c' è ben poco da
aspettarsi. Fuori, vorrebbe dirgli, oltre quel pezzetto di giardino con degli
alberi brutti e spelacchiati, ci sono solo le case popolari al bordo della
strada di fronte, e in più soltanto qualche vecchia che a quest’ora tende i
panni per farli asciugare a questo sole pallido d’inverno, e poi nient'altro,
niente di adeguato per un compito, niente di serio su cui scrivere qualcosa. L'
unica possibilità, in qualche maniera, rimane quella di inventarsi qualcosa che
non c'è, pensa adesso rincorrendo con un dito la linea del suo banco, un
panorama che forse non c'è neppure mai stato da queste parti, e magari anche
qualche personaggio preso chissà dove, intorno al quale tentare semplicemente
di fantasticare.
L'insegnante di italiano però intanto incalza tutti:
descrivete, dice, descrivete, dovete osservare il più possibile questa realtà
che avete attorno, fino a quando non riuscirete a coglierne il senso, le
motivazioni più profonde. Ma il ragazzo, anche se insiste, continua a non
vedere niente, se non forse due operai che stanno allestendo una giostra per
bambini piccoli. Non ci sono veramente, lo sa bene, però una giostra in questo
spiazzo periferico, se continua a rifletterci, non ci starebbe neanche male.
Quelli lavorano per montare gli ingranaggi, e c'è un motore grosso che fa girare
una puleggia su cui si avvita il piano circolare; lui immagina tutti i
bambinetti che rideranno tra due o tre giorni su quei cavallini e dentro le
automobiline colorate. Forse gli piacerebbe anche a lui farsi più piccolo, una
volta allestiti i giochi, ed andare insieme agli altri sopra quella giostra, lasciandosi
magari accompagnare dalla mamma sorridente.
Potrebbe forse scrivere anche questo: insieme agli operai
c’è adesso anche un ragazzo, avrà più o meno la mia stessa età, ma lui forse
non frequenta più la scuola, lavora da tempo al luna park, forse fuma di
nascosto qualche sigaretta, ed è già molto più grande di tutti gli altri nati
insieme a lui. Lavora, sa cosa vuol dire mettere le mani dentro agli
ingranaggi, farli funzionare come degli orologi, far andare bene tutte le cose,
e riuscire proprio a far viaggiare quelle automobiline colorate, per poi
guardare ancora quei bambini piccoli che ridono e si divertono per qualcosa che
forse neanche riescono del tutto a immaginare.
E’ un ragazzo già adulto quello là, lui lo invidia per
quel suo modo d’essere deciso, per quei comportamenti già da grande, eppure
vorrebbe andargli accanto, toccargli un braccio, dirgli che si sente più
fortunato di lui perché ancora può osservarlo dalla finestra della scuola, e
magari immaginare i suoi pensieri, sapere che se per quel ragazzo ci saranno
sempre e comunque soltanto ingranaggi da ingrassare o poco più, per lui sarà
diverso, anche se adesso non sa come sarà davvero. C’è un tizio con i baffi lì
accanto che lo guarda, che gli dice a quel ragazzo cosa fare, e magari alza la
voce con le mani sopra ai fianchi, e gli spiega a gesti come deve comportarsi.
No, vorrebbe dirgli lui a quel ragazzo, per me non sarà in questa maniera, ne
sono già sicuro. Però so vedere i tuoi pensieri se ti guardo attentamente, so
immaginare persino i tuoi sentimenti sotto a quelle tue mani tutte unte, e
magari cercherò di spiegarlo anche a questo professore mezzo tonto, e forse se
mi impegno riuscirò anche a fargli capire che ti ho visto veramente, che eri qui
poco fa, davanti a questa scuola, davanti a me, e stavi facendo qualcosa per
davvero, qualcosa forse di importante, anche se non riuscivi ad essere davvero
felice mentre lo facevi.
Bruno Magnolfi
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