Sono ferma, dice lei al telefono quasi con calma, mostrando addirittura un
pieno controllo della situazione. Anzi, adesso sono seduta, ti ascolto Federico,
non sto facendo proprio nient’altro, le mie mani sono ferme, non devi
preoccuparti. Solo vorrei che non continuassi a ripetere le medesime cose, sono
quelle che mi fanno montare di nervi, mi fanno perdere la lucidità, ma io sto
bene adesso, non devi assolutamente inquietarti così, non succederà niente di
brutto stavolta, stai pure tranquillo. Di fatto lei prosegue a starsene in
piedi e a muoversi avanti e indietro dentro la stanza, ma ha imparato da tempo
a far credere agli altri ed anche a Federico di essere comunque in quei casi nel
pieno controllo di sé, se non altro fino a quando le è possibile, o almeno durante
il tempo in cui parla al telefono.
Lui non si decide a terminare quella chiamata, se potesse o fosse più
vicino a casa correrebbe senz’altro fin lì per sincerarsi di persona su che
cosa stia effettivamente accadendo, ma in questo momento non gli è proprio possibile,
anche se è riuscito fino adesso a farla conversare instillando nelle parole
quella relativa tranquillità che gli fa sembrare di tenere in qualche modo in
pugno la situazione. Ma lei d’improvviso dice che deve fare qualcosa, senza neppure
spiegarsi meglio, poi appoggia il ricevitore da qualche parte e subito si mette
ad urlare cose insensate dentro la stanza oppure nel corridoio lì accanto.
Federico ascolta sconcertato quei versi che gli appaiono assurdi ed estremamente
lontani, come fossero emessi da una persona che lui non conosce, così continua a
chiamarla dentro al microfono, cerca in tutti i modi di farle riprendere in
mano quell’apparecchio, ma trascorrono porzioni di tempo terribili, pieni di
una tensione spasmodica, e niente di buono sembra accadere.
Federico si sente stremato da quella situazione, sa che non può fare quasi niente,
ma d’improvviso lei dice qualcosa vicino al telefono pur senza riportarlo
all’orecchio, e così lui si accorge che sta già piangendo; la crisi è iniziata,
pensa cercando di interpretare quei comportamenti, ed è forse già nel suo
pieno. Così, con tutta la calma che riesce a mettere nella sua voce peraltro
piuttosto alta di tono per essere sicuro di farsi sentire, le dice per favore di
prendere una delle pastiglie dentro al cassetto, ma lei urla dapprima che le ha
già ingoiate tutte, poi cambia versione e dice che adesso gli darà retta, farà
proprio come lui dice. Trascorrono ancora alcuni secondi, si sentono dei colpi
più e meno forti dentro la stanza, infine lei torna, prende il telefono, dice
che adesso non ha più tempo per lui, che deve uscire, ha bisogno di aria, non
può permettersi di fare conversazione per tutto il giorno.
Federico cerca di convincerla a restare in casa, poi le spiega che adesso
deve riattaccare, ma che la richiamerà fra dieci minuti, e lei dovrà rispondere
alla telefonata, e non dovrà fare nient'altro in quel lasso di tempo. Lui
abbassa il telefono con il cuore stretto dentro una morsa, e immediatamente
chiama il servizio sanitario, spiega in due parole che è un'emergenza, devono
correre subito, farsi aprire da lei o spaccare la porta se necessario, non si
può fare altrimenti. Capiscono subito il caso, dicono che stanno
precipitandosi, lui torna a comporre il numero di lei ma già non risponde
nessuno. Federico, disperato, prova e riprova, ma il numero suona libero e
basta.
Suonano il campanello di casa ma non risponde nessuno, lei è uscita, è
fuggita ormai chissà dove. Quando la ritrovano sono trascorsi due giorni, è
successo di tutto, qualsiasi possibilità è stata vagliata: lei invece sorride
dalla terrazza in cima al palazzo dove nessuno ha pensato di andare a cercarla.
Sto bene, dice, avevo soltanto bisogno di aria.
Bruno Magnolfi
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