Certe volte
non riesco neppure a pensare. A pensare niente di utile, intendo. Me ne sto
dentro un locale in disparte con una bella birra, e cerco solo una teoria buona
per tirare fuori almeno un principio positivo. Parlare con qualcuno è inutile,
si dicono sempre le medesime scempiaggini. Ma anche alleviare i dolori con
qualche riflessione consolatoria mi sembra non serva proprio a un bel niente.
Arriva una ragazza che conosco, mi saluta, si avvicina, alla fine mi guarda e
forse questo comportamento sembra apparentemente sufficiente.
Non
so, vorrei dire, gira tutto male; lei si volta, mi lascia in pace, ha capito
subito che non è serata. Frega niente di chi dice che sei soltanto un musone,
che ti rompe con le chiacchiere sull’antipatia o sul tuo riuscire ad essere
sempre scostante. Ci vuole qualcosa che ti faccia cambiare le carte in tavola,
pensi, poi ti alzi dalla tua sedia e lentamente ti avvicini alla ragazza di
prima. Forse dovresti pagare la tua birra ed uscire, ma ti senti dentro un
fragile equilibrio, vuoi cercare una svolta che ti faccia almeno immaginare di
stare dalla parte giusta. Così dici: scusa, se non hai altro si potrebbero fare
due passi all'aria fresca. Lei accetta, allora ci incamminiamo senza fretta
verso la zona della vecchia dogana. Non c'è molta gente in giro a quest'ora, la
ragazza aspetta paziente che sia tu a parlare di qualcosa.
Certe volte mi
pare non ci sia niente da salvare, dici; ma in genere poi passa il momento e
tutto riprende un andamento più normale. Lei annuisce, poi racconta forse
soltanto per solidarietà che le sono andate male un paio di faccende.
L'ascolto, penso non abbia capito proprio niente, ma non importa, tiri avanti e
cerchi di essere sociale. In fondo non ti interessa un fico secco delle sue
storie, però potresti farle capire quanto sia possibile spingersi oltre quei
discorsi.
Resti in
silenzio camminando, poi lei si appoggia con le mani ad un muro e tu la baci,
ma si capisce come non ci sia da parte di entrambi alcun impegno. La
passeggiata si conclude poco dopo di fronte al locale dov’eravate poco prima.
La saluto, me ne vado, è molto meglio se cerco in solitudine di digerire tutto
il mio malumore, se così si può chiamare. Penso non ci siano molte alternative,
nessuna possibilità di scelta, devo accettare tutto quanto e basta.
Mentre mi
allontano ripenso alla ragazza, e improvvisamente provo un certo dispiace per
lei, cosi aspetto ancora qualche minuto e infine le telefono, dico qualcosa
dentro al portatile cercando di scusarmi nella maniera nebbiosa che so usare
io, ma mi rendo subito conto che lei mentre mi ascolta sta quasi piangendo.
Provo dispiacere, è evidente, non potrebbe essere diverso; comunque non
importa, penso: non lo dico, ma in qualunque caso vada tutta la faccenda, per
quanto potremmo cercare di sforzarci, alla fine inevitabilmente rimarremo soli.
Bruno
Magnolfi
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