Osservo il profilo delle colline, poi guardo il tuo viso, e trovo una
meravigliosa continuità che non so neppure spiegarmi. Tu dici qualcosa, io
sorrido, mi verso ancora un dito di vino, infine sottovoce pronuncio parole che
cercano di chiarire in qualche maniera tutto questo mio pensiero così difficile
da descrivere.
Però ti alzi dal tavolo dove abbiamo appena cenato, su questa grande
terrazza vetrata investita dagli ultimi bagliori del tramonto, dici che torni
tra un attimo, io sorrido guardando altrove, poi accendo con noncuranza una
sigaretta. Penso in questo caso che non ti interessi troppo il mio punto di
vista, ma tu, quasi leggendo nella mia mente, prima di andare ti fermi, ti
volti verso di me e mi dici che vorresti conoscere perfettamente ciò che
riguarda questo mio modo di vedere le cose.
Resto da solo per qualche minuto, mi sembra difficile affrontare un
argomento come quello che è rimasto nell’aria, spero di riuscire a svicolare
velocemente da questa strozzatura in cui sono andato ad infilarmi, ma tu torni
persino troppo in fretta, ti siedi, e mi guardi come se aspettassi da adesso in
avanti delle risposte precise.
Spengo la mia sigaretta schiacciandola nel posacenere, ed inizio col dire
che il cielo, non ancora del tutto scuro, colora il fondale con qualcosa che
appare perfetto per indicare il giusto equilibrio: qualcosa che forse può
accompagnare addirittura noi due verso un’intesa più completa e gratificante.
Ti volti a guardare nella stessa direzione in cui mi sono soffermato in
contemplazione, e forse vedi qualcosa che rimane persino oltre il mio indicare
quella zona di cielo appena dopo il tramonto, così dici svelta, senza voltarti
verso di me, che ti senti preoccupata per qualcosa, e poi basta.
Vorrei non avere mai iniziato questo discorso, sospetto immediatamente che
non porterà niente di buono, così nella mia malcelata incertezza ti insinui dicendo
che senti come la necessità di essere maggiormente realistica piuttosto che
inseguire romanticismi risaputi e inconcludenti.
Temo che tu abbia ragione, ma non trovo motivo per dirti che sono
d'accordo, così prendo tempo spiegando che nelle sfumature della natura avverto
qualcosa di graduale come potrebbero essere le cose tra noi, se solo cercassimo
di trovare un maggiore collante. Questa sciocchezza naturalmente non me la
passi: ti muovi nervosamente, ti schiarisci la voce, dici che io sono pronto a
perdermi dietro cose che alla fine non contano nulla.
Finisco il mio bicchiere di vino, vorrei fermarti, ma so che tu sei già in
corsa, stai bruciando la strada per giungere forse proprio dove non riuscirò
mai a seguirti. È tutto semplice, morbido, eppure ho la certezza che non
riuscirò a cogliere l'elemento che serve, dovrò soccombere, lo sto già facendo,
non perché ci sia mai stata una battaglia tra noi, ma forse solo perché non
sono riuscito del tutto a mettere a fuoco le parti essenziali di questo nostro confronto.
Tu mi lasci a lungo nel mio silenzio, infine sorridi in maniera leggera, mi
guardi, dici semplicemente che i colori del tramonto stasera sono stati
magnifici; come avessimo assistito alla proiezione di un documentario
irripetibile, aggiungi. Poi basta.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento