Scorre lentissimo il tempo certe volte; resto seduta davanti alla
televisione, mio marito nella stanza di là sento che muove qualcosa,
probabilmente è ancora indaffarato con il suo lavoro, penso. Mi alzo dalla
poltrona senza alcuna idea in testa, fuori è scuro, cammino per la stanza e
poi, quasi rispondendo ad un automatismo, indosso la mia giacca pesante ed esco
di casa, con calma, senza dire niente, e mi allontano da lì senza che forse
abbia mai fatto in questo modo una cosa del genere. Non ho uno scopo, cammino
lentamente, mi pare quasi che sia sufficiente una boccata d'aria per riprendere
lo slancio, ma mentre scorrono i minuti sento che questo non è proprio vero.
Mi accosto ad un bar, dopo aver vagato per diverse strade, tentenno un
attimo prima di prendere una qualsiasi decisione, infine entro dentro al locale,
alla prima occhiata mi pare poco più di una bettola, ma in fondo penso che questo
non abbia alcuna importanza. Mi siedo semplicemente davanti ad una tazza di
caffè caldo, un uomo poco distante sembra quasi che mi osservi un po’ troppo.
Buonasera, dice infine, io lo lascio avvicinare, lui spiega di chiamarsi in un
certo modo, ed io annuisco senza grande interesse. Le serate certe volte sono
tristi, dice, specialmente se qua dentro ci trovi sempre le medesime persone.
Ma in certi casi spunta una stella e tutto sembra improvvisamente differente.
Lo lascio dire, sono i soliti discorsi, penso. Termino il caffè e poi mi
faccio offrire qualche cosa di più forte. Lui dice che potrebbe portarmi in un
posto più carino, io sorrido leggermente, lusingata, e poi chiedo a mezza voce
se gli vada di passare la notte con me. Certo, dice lui, così chiede quanto gli
potrebbe costare la faccenda, ma io faccio spallucce: niente, dico; mi va
soltanto di non starmene da sola.
Usciamo dal locale, lui mi apre la macchina, io mi siedo. Mette in moto,
appoggia una mano sopra la mia gamba, sorride, sorrido anch’io, senza sapere
neppure che cos’altro debba fare. Lui inizia a dire un sacco di sciocchezze
sulla sua vita, poi anche su di me, e che si immagina le cose in un modo, e che
se le immagina anche in un altro, e che forse inizialmente si era immaginato davvero
tutta un’altra cosa. Infine arriviamo, si entra in un portone e poi si sale
fino al terzo piano. Quando lui chiude la porta del suo appartamento mi
abbraccia, poi mi spoglia, mi tocca, e mi prende lì, in piedi, senza neanche
cercare alcuna comodità. Lo lascio fare, in fondo tutto dura poco tempo, meno
di quanto mi sarei aspettata, poi gli chiedo del bagno, mi guardo allo
specchio, mi lavo, mi sistemo alla meglio, e quando esco gli dico con fermezza
che adesso devo proprio andare.
Lui non dice niente, prende le chiavi della sua macchina e mi chiede
soltanto se può rivedermi qualche volta. Certo, dico io, ci vediamo al bar,
adesso per favore lasciami là davanti. Ci salutiamo, prendo a piedi la strada
verso la mia casa: non ho detto niente, penso, non è successo niente, tutto
prosegue nella stessa identica maniera. Rientro nel nostro appartamento, mio
marito mi guarda stupito mentre abbassa la cornetta del telefono. Ero
preoccupato dice: tu, tutto bene? Si, rispondo; è tutto a posto.
Bruno Magnolfi