Molti anni dopo che tutto quanto si sia svolto, la
donna ormai attempata scende dal treno alla stazione del paese, sorride con
leggerezza a chi incontra camminando con il suo passo svelto, e giunge velocemente,
come fosse proprio la sua meta, fino al ristorante dove tanti anni prima ricorda
di aver quasi insediato il proprio ufficio di relazioni sociali. Ricorda di
essere apparsa soltanto una straniera quando tutto era accaduto, questo il
punto, ma forse lo è quasi più adesso di una volta. Un cameriere anziano del
locale però la riconosce, la invita a sedersi, le porta come gesto di cortesia l’aperitivo
della casa, proprio come tanto tempo prima accadeva con frequenza.
Lui viene subito avvertito, non passano neppure molte
decine di minuti, e alla fine, quasi fosse stato lì, come in attesa, si fa
avanti lentamente nella sala, poi la guarda, la saluta pur senza grande enfasi,
e ambedue rimangono per un attimo in silenzio; infine spiega in due parole come
lui sia rimasto sempre fedele a quel piccolo paese praticamente di frontiera.
La donna si commuove alla sua vista, cerca di spiegare in fretta come abbia
dovuto affrontare mille volte dentro di sé quel nodo enorme di problemi che si
erano andati accumulando in quel periodo, e di come sia riuscita, pur
impegnandosi, a darne solamente una soluzione provvisoria, tale che le è risultata
soltanto sufficiente, almeno fino a quel momento, per riuscire giusto a
sopravvivere.
Lui spiega come adesso sia tardi per qualsiasi
cosa, lei annuisce mostrando in qualche modo il suo dolore: in fondo lei sta lì
soltanto per cercare di espiare la sua colpa. Il cameriere di poco prima a
sorpresa le serve un antipasto, come fosse stato ordinato in qualche modo
chissà da chi, ma lei sorride, ne è felice, sembra quasi possa essere
esattamente ciò di cui aveva proprio bisogno; non c’è alcuna nostalgia in tutto
questo, pensa chi assiste a quella scena, solo puro ricordo. La donna assaggia
il piatto, l’uomo le sfiora una mano, ma poi in fretta si inchina, l’osserva in
silenzio per un lungo attimo, e dopo se ne va, con un saluto quasi fumoso, come
forse si scambiavano una volta; lei è caparbia, intende trattenersi ancora a
lungo, pensa che deve assaporare ancora molte cose, deve addirittura ritrovare quell’atmosfera
sospesa che forse le manca, per esempio, e deve ancora vedere quelle
espressioni che adesso forse le appaiono un po’ distanti, ma che a tratti, se si
concentra, sembra quasi riuscire a riconoscere.
Infine si alza, il suo tempo sembra ormai quasi
esaurito, così esce dal locale, si incammina anche se non sa di preciso neppure
verso dove andare. E’ esattamente in quel momento che l’uomo la raggiunge, la
ferma sulla strada, così le prende le mani, la guarda in fondo agli occhi con
grande intensità; poi tira fuori da una tasca un paio di orecchini rimasti come
a mezz’aria dentro al tempo. Lei li prende, è una sorpresa, qualcosa che sicuramente
non si poteva attendere, e forse per quel gesto vorrebbe addirittura piangere, sfogarsi
di qualcosa che potrebbe risultare persino difficile da trattenere
ulteriormente, ma assumendo un’espressione superiore al semplice stupore, adesso
riesce nello stesso attimo a mostrarsi già più forte di qualsiasi sciocco sentimento.
In ultimo la donna torna alla stazione per risalire
sopra al treno che l’ha portata soltanto poche ore prima fino lì. Forse per la
prima volta in vita sua sarebbe perfino disposta ad accettare le cose come
sono, proprio come le vede adesso, di fronte a sé, senza provare, come sempre è
stato, il desiderio irrefrenabile di tentare con caparbietà a cambiarle tutte.
Ma ora è veramente tardi per essere diversa, pensa: il tempo della vita ormai
si è preso tutto, non ha lasciato molte differenti possibilità; e questa bestia
vorace ha anche preteso per sé qualsiasi ulteriore riflessione, fino a far diventare
il resto quasi un niente, forse solamente una banale suggestione.
Bruno Magnolfi
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