Tutto questo tempo è trascorso così in fretta che non avrei mai immaginato
di ritrovarmi già a doverne tirare le somme, dice lei con voce bassa, come
parlasse tra sé. Lui la guarda per un attimo, senza pronunciare alcuna parola; forse
vorrebbe sorridere per la frase che ha ascoltato, mostrando in qualche modo superiorità
rispetto a quella che reputa una sciocca ed ordinaria debolezza, ma non fa
niente; si limita a pensare qualcosa di vago, provando solo un leggero senso di
fastidio, e così prende un altro sorso di caffè, lentamente, lasciando che quel
piccolo gusto aromatico sul suo palato sia sufficiente.
Lei senza guardarlo resta poi in silenzio, non le piace sentirsi scoraggiata
nelle sue riflessioni, perciò, dopo quella pausa forse un po’ pesante, dice
semplicemente che in fondo non si sente ancora vecchia, e che tutte le cose che
vede rimangono comunque nella sua mente in continua trasformazione, almeno
secondo il suo modesto parere, e che si tratta soltanto di averne coscienza,
almeno di una buona parte. Lui adesso annuisce, ancora non sa intervenire su
quelle parole che in fondo non indicano niente; guarda qualcosa fuori dalla
saletta del bar dove loro due si sono rifugiati, poi pensa a cosa potrà fare
più tardi, e nient’altro.
Il cameriere arrivato in quel momento nel locale a dare rinforzo per i tè e
gli aperitivi della sera, con perfetta cortesia saluta i due che conosce da
tempo, lasciando loro soltanto un sorriso professionale. Lei vorrebbe parlare
di qualcosa di leggero adesso, ma avverte come se il pomeriggio tra loro due ormai
si fosse incupito: potremmo fare due passi, dice allora tanto per cambiare
argomento. Lui raccoglie la frase proponendo alternativamente una passeggiata
con la sua macchina. Va bene, dice lei, ma allora arriviamo almeno fino a
Fiesole, tanto per vedere il tramonto sulla città. Lui fa cenno di si, si alza,
paga velocemente le consumazioni, apre la porta e fa uscire la sua compagna.
L’aria è ancora fresca, si potrebbe dire, ma pur pensandolo nessuno dei due
si azzarda a dirlo. Salgono in auto e si avviano lungo i viali ingombri del
solito traffico. Lui spiega che a quell’ora la luce del giorno è fantastica,
lei annuisce, poi dice: non riesco ad avere una voglia precisa; anche se penso
intensamente a qualcosa che potrei fare, subito dopo sento che me ne manca
l’entusiasmo, così finisce che mi affido alle solite attività di sempre, che
non impegnano la mia capacità decisionale, anche se in seguito, lo so da subito,
finisce che mi sento soltanto delusa.
Lo capisco, fa lui; occorre sempre più spesso un motivo forte per spingerti
a fare qualcosa di nuovo, è come se le abitudini ti imbrigliassero sempre di
più, fino a lasciarti preda soltanto delle solite cose. Forse anche noi due
siamo soltanto un’abitudine. Può darsi, fa lei, però spesso trovo qualcosa di
nuovo in ciò che riusciamo a scambiarci, come se il nostro impegno non volesse diminuire
con facilità, anche se mi rendo conto di quanto sia molto più semplice ripiegare
su qualche vecchio comportamento. Dobbiamo sforzarci, dice lui; spingerci a
vicenda, forse stimolarci.
Lo so, fa lei sorridendo, però guarda questo tramonto, osserva il profilo
di questa città ai nostri piedi: lo avremo visto migliaia di volte, però ci
regala comunque un’emozione nuova ogni volta. E’ vero, dice lui; nonostante
quest’aria sia ancora fresca.
Bruno Magnolfi
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