Cammino, non
posso fare altro. Raggiungo rapidamente il luogo indicato dagli altri, quello
che anche il mio intuito e la mia sensibilità hanno recepito come il posto
giusto; quindi mi fermo, attendo magari che accada qualcosa, oppure, anche se
non succede proprio un bel niente, resto immobile almeno per qualche momento, a
godermi la soddisfazione di stare esattamente dove desideravo. Qualcuno mi
osserva, certe volte ritengo addirittura di essere invidiato, e comunque chi
non nutre per me un sentimento del genere, è solamente il tipo di persona che
non riesce a rendersi conto delle cose che hanno veramente importanza.
Non ha alcuna
importanza, al contrario, che io spesso me ne stia in giro da solo; sono
perfettamente cosciente che quello che ha davvero valore è semplicemente la
consapevolezza di ciò che si è, e nient’altro. Lo so che ci sono delle persone
che spesso fanno apparire tutto quanto un comportamento abituale per molti,
quasi come un comportamento di massa, ma in fondo non ci si deve fare neppure
troppo caso: la guida che il proprio fiuto riesce a fornire è qualcosa di
superiore ad ogni altra cosa, capace di annullare di colpo ogni possibile
critica.
Ciò che mi
ripeto ogni volta è soltanto questo: esserci; solo questa è la cosa
fondamentale; sapere che ciò che si è scelto è l’elemento più giusto, quello
che differenzia te stesso da tutti. Certe volte sorrido a chi incontro per
strada, in certi casi faccio in modo addirittura che qualcuno mi noti, che si
capisca che non sono in quel luogo per caso. Così oggi sono entrato in una
galleria d’arte dove un pittore esponeva il proprio lavoro. Era in corso
addirittura un rinfresco inaugurale, perciò mi sono accostato a tutti quanti,
ed ho sorriso ai discorsi che venivano pronunciati. Qualcuno mi ha lasciato
addirittura il suo posto, riconoscendo forse in me la personalità che mancava.
Mi sono sentito subito bene, perfettamente a mio agio, sicuro delle mie
capacità e delle mie doti.
Infine tutti
hanno iniziato a salutarsi, stringendosi le mani ed alcuni addirittura
abbracciandosi, così io ho osservato ancora un po’ quelle tele, mi sono
accostato con delicatezza al pittore, cosa non facile perché circondato da
molti, e l’ho salutato dicendogli bravo, semplicemente; poi sono uscito.
Qualcuno però mi ha seguito, così ho cercato di rallentare il passo quando mi
sono reso conto di questa strana faccenda, provando soprattutto il bisogno di
vedere chi fosse che continuava a venirmi alle calcagna. Quando mi sono girato
ho visto che era lo stesso pittore a inseguirmi, perciò mi sono fermato, lui ha
chiesto con cortesia ferma che cosa intendessi dire poco prima, ed io ho
lasciato una pausa, come per fargli comprendere che la sua domanda probabilmente
aveva poco senso. Ma l’artista mi ha guardato negli occhi con grande fermezza,
lasciando in aria una pausa pari alla mia, e infine ha detto soltanto: lei è un
falso, come fosse la peggiore offesa del mondo, tornando immediatamente sui
suoi passi.
L’ho guardato
a lungo mentre si allontanava, ho avuto pena per la sua scadente personalità, e
infine ho pensato che una persona del genere non può aver compreso un bel
niente: quindi anche il suo lavoro sicuramente ha uno scarso valore. Così l’ho
richiamato in maniera poco elegante, lui si è girato di scatto, ed io ho detto
semplicemente: lei ha ragione; e con ciò sono andato.
Bruno Magnolfi
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