Certe volte lei si sente disperata. Non perché abbia un motivo preciso per
sentirsi così. Al contrario, è proprio perché non ha nessuna vera ragione per
cui soffrire. Si sente svuotata di tutto, ecco, come se non avesse motivi
neppure per tirare avanti. Durante qualche pomeriggio, nel corso della
settimana, si vede con sua cugina, passeggiano, vanno a sedersi dentro un
caffè, e spesso rimangono lì a parlare e a sfogarsi ognuna dei propri guai, ma
lei non tira mai fuori la cosa che la affligge di più. Pur consapevole che non
si possa stare così come sta lei, però soltanto parlarne le parrebbe
un'assurdità, in questa maniera prosegue a far finta che in fondo tutto vada
abbastanza bene, lamentandosi solo delle sciocchezze di cui si lamentano sempre
tutti.
Sua cugina a volte la guarda in silenzio, è probabile sospetti qualcosa,
che lei nasconda una personalità contorta dietro ai suoi discorsi ordinari, per
esempio; una volta le ha chiesto addirittura se si sentiva un po' giù,
deducendo forse qualcosa dalla sua aria svogliata, dai suoi modi distanti. Poi,
quella volta, dopo alcuni convenevoli, lei ha detto a sua cugina che non c'era
da preoccuparsi, le cose andavano bene, ed anche se ultimamente si
ritrovava spesso a pensare con perplessità
al suo futuro, sapeva dentro di sé che tutto era a posto, i suoi piccoli
affanni si sarebbero sicuramente risolti. Rimasta da sola, al contrario, ha
subito avuto voglia di piangere, e le sue mancanze le sono sembrate ancora una
volta estreme, senza alcuna speranza.
Per questo, con delle scuse, ha cercato in seguito di diradare sempre di
più le sue uscite con sua cugina. Preferisce starsene da sola come per
prepararsi ogni giorno ad affrontare il giorno seguente. La finzione mi deprime
ancora di più, pensa adesso, molto meglio evitare. Così cerca di uscire poche
volte in piena solitudine, e gira in mezzo alla gente e non tenta neanche più
di confrontarsi con gli altri che incontra per strada. Riconosce il suo
presente come elemento senza speranza, tira avanti quasi per inerzia, senza
preoccuparsi di altro.
Poi entra dentro al solito caffè, si siede, e riconosce come sempre che non
c’è via d’uscita. Ma arriva sua cugina all’improvviso, si siede di fronte a lei
e le dice senza perifrasi che non le va di lasciarla andare in giro da sola. La
guarda: ho capito il tuo cruccio, le dice; per me non c’è alcun bisogno di
altro: saprò starti vicina tutte le volte che ce ne sarà la necessità, e quando
ti sarò di peso non avrai da far altro che dirmelo.
Lei sente che tutto sta come prendendo una piega che non si era aspettata,
guarda negli occhi sua cugina, sorride, forse si tratta soltanto di lasciarsi
un po’ andare, pensa; di allentare quei freni che è sempre stata capace
soltanto di tenere tirati. Lascia che l’altra le prenda la mano, in silenzio,
sente che qualcosa di estremamente importante per loro sta avvenendo, senza che
nulla di forzato le abbia portate fino a quel punto. Forse davvero tutto quanto
può essere anche diverso, pensa adesso; forse non c’è alcuna necessità che io
pensi a domani come ad un’altra giornata di solo grigiore. C’è il presente che
assume valore, e la mia disperazione improvvisamente si stempra così, con una
semplicità meravigliosa.
Bruno Magnolfi
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